TELECOM-MEDIA - CHI VUOLE GETTARE BERNABEBÈ NEL FOSSATI?

1 - FOSSATI MUOVE CONTRO IL VERTICE TELECOM
Sara Bennewitz per "la Repubblica"

L'assemblea che il prossimo 17 aprile dovrà approvare il bilancio 2012 della Telecom Italia si preannuncia calda. Marco Fossati, socio del gruppo presieduto da Franco Bernabè con il 4,9% del capitale avrebbe fatto seguire alle parole i fatti. E dopo avere esternato pubblicamente il suo disappunto sull'investimento, una settimana fa, con i suoi legali avrebbe contattato l'ufficio della presidenza Telecom per chiedere un'integrazione all'ordine del giorno, e far votare in assemblea la fiducia al management in carica.

L'ex patron della Star che di Telecom è azionista fin dalla primavera del 2007, ha visto il valore del suo investimento ridursi di oltre due terzi, e in parallelo anche il
dividendo è sceso dagli 8 centesimi pagati nel maggio 2008 ai 2 centesimi che i soci sono chiamati ad approvare per l'esercizio 2012.

«Telecom merita di più, merita una gestione migliore aveva detto il 22 Fossati, uscendo proprio da Mediobanca - È ovvio che non siamo soddisfatti, nessuno lo è, anche se sul risultato influisce la crisi». Findim, la finanziaria di famiglia, nel 2011 aveva svalutato la sua partecipazione per 137 milioni portando il prezzo di carico a 1,5 euro, oltre il doppio rispetto agli 0,56 euro della chiusura di ieri (-5,49%). «Non intendo svendere - aveva aggiunto Fossati - questi non sono i prezzi di Borsa che merita l'azienda».

Per Fossati la colpa andrebbe al top management, non alla crisi né tanto meno all'azienda stessa, ed è par questo che in assemblea l'investitore di minoranza vorrebbe far mettere ai voti l'operato del vertice.

Già in passato Fossati aveva espresso aspre critiche all'attuale gestione, a cui poi erano seguiti chiarimenti con Bernabè, e le tensioni sembravano risolte. Solo che questa volta la situazione pare diversa, anche perché perfino tra i soci della holding di maggioranza Telco serpeggia l'insoddisfazione per i risultati raggiunti da Telecom sotto questa gestione.

Dal 2008 a oggi la redditività del gruppo è in constante declino, e a breve non è prevista un'inversione di tendenza. Proprio ieri Barclays consigliava di vendere le azioni Telecom e di concentrarsi sulla controllata Tim Brasil, mentre Merrill Lynch abbassava il suo giudizio sul gruppo tricolore.

Neppure Telefonica se la passa bene: il colosso che di Telecom detiene indirettamente il 10%, ieri ha collocato sul mercato un 2% del proprio capitale per limare i debiti. La mossa degli spagnoli fa temere i soci italiani di Telco che Telefonica possa chiedere già a settembre la scissione proporzionale della holding che regge il 22,4% di Telecom, prima della scadenza naturale degli accordi fissata per la primavera 2015, un anno dopo la scadenza dei vertici Telecom.

I pattisti Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo potrebbero volersi svincolare da Telco-Telecom. Ma allo stato tutti i grandi soci convergono nell'analisi che, fosse anche venuto il momento per sfilarsi dall'avventura in Telco, di certo a questi prezzi non è conveniente vendere azioni Telecom, già pesantemente svalutate a 1,2 euro nei loro bilanci.

«A questi prezzi di Borsa nessun socio di Telco è venditore - dice un banchiere che conosce il dossier - e del resto Fossati farebbe meglio a comprarsi in Borsa, se vuole salire in Telecom ». La questione entrerà nel vivo a settembre, quando potrebbe paventarsi la possibilità della scissione e si inizierà a pensare a come rifinanziare gli 1,05 miliardi di linee di credito che Telco ha nei confronti delle banche.

Dopo l'estate sarà anche più chiaro come evolve l'andamento del business, ma chi conosce bene l'azienda non ha grandi speranze al riguardo. Telecom ha elaborato un piano in cui stima per il 2013 di bruciare al massimo ancora mezzo miliardo di margine lordo, previsione che gli analisti giudicano troppo ottimista e i risultati del primo semestre, potrebbero imporre al gruppo di dover rettificare i conti.


2 - QUELLI DELL'OPA TELECOM E IL PRANZO CON FOSSATI
Al.G. per il "Sole 24 Ore"

Centomila miliardi delle vecchie lire. A tanto ammontava, nell'ormai lontano 1999, il controvalore della «madre» di tutte le Opa: quella sulla Telecom, all'epoca (come ora) guidata da Franco Bernabè. A lanciare l'Offerta, quella «razza padana» guidata da Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti, all'epoca associati in un'impresa ardita che fu benedetta e sostenuta dalla Mediobanca di Vincenzo Maranghi contro la Fiat-Ifil e il cosiddetto nucleo stabile dello 0,6% («sarà la fine di Piazzetta Cuccia», fu la previsione degli allora giovani direttori centrali Matteo Arpe e Alberto Nagel).

A organizzare e finanaziare l'Opa fu, insieme a JP Morgan e alla Dlj guidata in Italia da Francesco Micheli, la Lehman Brothers. Con due protagonisti di prima fila: Ruggero Magnoni e Vittorio Pignatti Morano. Vecchie volpi della finanza, tuttora abili navigatori del mondo del private equity e delle grandi banche d'affari. E, fuori dai riflettori, sempre iperattivi. Ieri, per esempio, erano a pranzo al Four Season di Milano con Marco Fossati, azionista (deluso) con il 5% della Telecom guidata da Bernabè.

 

 

franco bernabe e marco fossati VITTORIO PIGNATTI MORANO jpegmarco fossatiRuggero Magnoni9 em gnutti1 lapROBERTO COLANINNO

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