CHI TELECOM-PRA LA7? NESSUNO! IN CORSA PER L’ACQUISTO DELLA TV SONO RIMASTI CAIRO E SPOSITO, CHE HANNO OFFERTO TROPPO POCO - URBANO VUOLE I CANALI PER 100 MILIONI, CLESSIDRA NE OFFRE 300 PER PALINSESTO E FREQUENZE MA TELCO SCALPITA E BERNABE’ RICOMINCIA DA MEDIOSBANCA - IL CDA DICE “NO” ALLA RICAPITALIZZAZIONE “A SCONTO” BY SAWIRIS - BERNABE’ INGESSATO RISPOLVERA LA TRATTATIVA CON CDP PER LO SCORPORO DELLA RETE…

1 - TELECOM NON RIESCE A VENDERE LA7...
Carlo Tecce per il "Fatto quotidiano"

La notizia può avere giorno e mese e anche anno variabili: Telecom non riesce a vendere La7. Il consiglio di amministrazione ha rispedito la pratica ai dirigenti di Mediobanca che stanno trattando la cessione e che si ritrovano due candidati, il resto se l'è data a gambe, compresi l'americana Discovery e i telefonici di H3G. In corsa ci sono Urbano Cairo (gestisce già la raccolta pubblicitaria) che mira ai canali e vuole spendere 100 milioni di euro; il fondo d'investimento Clessidra di Claudio Sposito che vuole il pacchetto intero, palinsesto più frequenze, e mostra 300 milioni.

Telecom ha esaminato le offerte vincolanti, però, prende tempo e chiede ai mediatori di far alzare il prezzo per seguire la logica di Franco Bernabè: per il presidente non si può scendere sotto quota 500 milioni, che deve assorbire anche i debiti in costante crescita e ben oltre i 200 milioni, proprio per evitare una minusvalenza in bilancio.

Le due proposte di Cairo e Clessidra non soddisfano Bernabè, che non vuole disfarsi di La7 "a qualsiasi costo", ma che deve anche accontentare gli azionisti, soprattutto Mediobanca che partecipa in Telecom attraverso Telco che detiene il 22,4 per cento di euro.

Fonti aziendali commentano così il tumultuoso Cda di ieri: "È chiaro che Bernabè non vuole svendere e che vari soggetti interni o esterni al gruppo sono disposti a mollare la presa in qualsiasi momento e a qualsiasi cifra". Il balletto, i giochi di ruoli e delle parti, si ripetono da anni. Non passa inosservata, però, la spia d'emergenza che gli acquirenti guardano con preoccupazione: "La7 perde 9 milioni di euro al mese. Telecom o decide o corregge l'andatura".

Il bilancio 2012 di TiMedia s'avvia verso i 100 milioni di rosso, l'anno scorso si fermò a 83. E gli ascolti, che brillano nei programmi di Corrado Formigli o Michele Santoro o per il telegiornale di Enrico Mentana, non riescono a raggiungere il 4 per cento di share nel giorno medio.

Rispetto a un paio di stagioni fa, teoricamente, per l'indice share, La7 vale di più: ma per il mercato è un'azienda con tante figurine interessanti e pochi pilastri solidi. Che un capitolo sia finito, e con qualche livido di troppo, lo dimostra l'addio di Gianni Stella, detto er canaro, già amministratore delegato di Ti-media e ora presidente di La7.

Stella lascerà la carica il 30 dicembre, non ha mai digerito le pressioni degli azionisti di Telecom che vogliono rinunciare a un'operazione ancora incompleta. Confida ai suoi collaboratori: "Si scrivono e si leggono tante cazzate. Le perdite possono essere ridimensionate. Pensate al 2008 cos'era questo canale, prima che arrivassi io! Si poteva anche continuare". Stella interrompe un sodalizio storico con Bernabè, ma i suoi oppositori in Telecom festeggiano: non voleva restituire il suo giocattolo, dicono. Il canaro promette due mesi sabbatici e un fragoroso ritorno, forse non più in televisione.

Il Cda ha espresso anche due pareri importanti: sì per lo scorporo della rete con la Cassa Depositi e Prestiti (che avrebbe il 49%), no all'egiziano Naguib Sawiris che voleva investire 3 miliardi di euro per la brasiliana Global Village Telecom. La partita più delicata, e appassionante, riguarda La7. I dirigenti sono in grosse difficoltà: non possono toccare il palinsesto oltre la primavera, i grandi nomi sono tanti e ognuno gareggia per sé.


2 - BERNABÈ A CACCIA DELLA SVOLTA TRA SOCI, CONCORRENTI E PALETTI UE
Giovanni Pons per "la Repubblica"

Il presidente Franco Bernabè non vuol sentir parlare di "stallo" per l'attuale situazione di Telecom Italia. Ma a ben guardare anche il cda di ieri, che nelle premesse doveva prendere decisioni importanti, alla fine non ha determinato svolte clamorose. Certo ora il management si attiverà per vedere se si può arrivare a un accordo con la Cassa depositi e prestiti sul cosiddetto scorporo della rete di accesso.

Un tema complesso, che dipende da vari fattori tra i quali la regolamentazione europea e il comportamento degli operatori alternativi. Non è sfuggito ai consiglieri di Telecom il duro attacco di Vittorio Colao, numero uno di Vodafone, in direzione del commissario
Neelie Kroes e del suo nuovo atteggiamento più accomodante verso gli "incumbent".

Dunque ora partirà il lavoro degli advisor per cercare la miglior soluzione finanziaria mentre i manager dovranno mettere nero su bianco anche un piano industriale per la futura "società della rete", poiché nell'intento di Telecom questa non deve essere solo un'operazione volta a risollevare il titolo in Borsa. Forse questo è il principale intento degli azionisti, da Mediobanca a Intesa Sanpaolo, che stanno sopportando importanti minusvalenze su questa partecipazione.

Ma Bernabè insiste nel voler dare un'impronta industriale e allo stesso tempo vuole verificare se la Cdp è disposta a mettere capitale, finanziamenti e ottenere in cambio non troppa governance. Più facile a dirsi che a farsi.

Sull'offerta di aumento di capitale arrivata da Naguib Sawiris, invece, il cda si è espresso in modo netto. Tutto il pacchetto è stato rimandato al mittente e forse non ha giovato che il maggior sostenitore dell'operazione, il consigliere Tarak Ben Ammar, il giorno prima avesse annunciato l'acquisto dell'egiziana On Tv dallo stesso Sawiris. E comunque un aumento di capitale a sconto non è proprio ciò di cui gli azionisti hanno bisogno in questo momento.

Infine l'ultima patata bollente, quella della vendita di Ti Media. L'impresa è difficilissima poiché i conti dell'emittente sono sempre più in rosso, il mercato sempre più difficile e le incognite regolamentari come il ricorso sul tasto sette del telecomando un nodo ancora da sciogliere. Sono rimasti in due, Cairo e i fondi di Sposito e Mancuso, ma la maggioranza di azionisti e consiglieri sono determinati a togliersi dal perimetro una fonte di perdite e di debiti in aumento. E non è escluso che i due contendenti possano trovare un accordo tra di loro per non far precipitare la situazione.

 

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