L’APP “UBER” ALLES - L’APPLICAZIONE ALTERNATIVA CHE A COLPI DI BERLINE MANDERA’ IN ROVINA I TAXI, SPORCHI E SCOMODI, HA GIÀ SUPERATO UN MILIARDO DI DOLLARI DI INCASSI E PUNTA A WALL STREET

Arturo Zampaglione per ‘Affari&Finanza - La Repubblica'

Il nemico numero uno dei tassisti di tutto il mondo ha un nome tedesco - Uber, senza dieresi - e un cuore californiano. All'ombra del Golden Gate di San Francisco, infatti, Garrett Camp e Travis Kalanick hanno lanciato quattro anni fa il servizio che attraverso l'iPhone, il Galaxy o qualsiasi altro smartphone consente di chiamare e pagare un mezzo di trasporto urbano. Il successo è stato travolgente.

Grazie al venture capital e agli investimenti di Google e di Jeff Bezos della Amazon, Uber ha invaso le metropoli del Pianeta. E ora è sbarcato anche in Italia, a Roma e Milano. Nel 2013, a dispetto delle proteste dei tassisti, delle cause legali e delle ingiunzioni di alcune autorità comunali, ha superato un miliardo di dollari d'incassi ed è presente ormai in ottanta città internazionali.

Un numero, questo, che non cessa di crescere: nello scorso mese di febbraio si sono aggiunte all'elenco Dubai, Lione, Manila, Milwaukee e Durban, nel Sudafrica. A marzo è stato il turno di Tokyo, dove il servizio online avrà un vantaggio aggiuntivo per gli stranieri che non parlano giapponese. Con Uber tutto avviene velocemente via Internet: basta toccare l'icona di una App sullo smartphone perché la richiesta del servizio venga trasmessa automaticamente in tempo reale all'autista del network Uber che si trova più vicino. Grazie al gps l'utente può seguire l'avvicinarsi del mezzo sullo schermo del telefonino.

Alla fine della corsa, l'importo viene addebitato direttamente sulla carta di credito che il cliente ha pre-registrato, senza il passaggio di contanti, a meno che non si voglia dare una mancia, peraltro non richiesta. E le tariffe sono prefissate: un tanto a minuto, se la velocità media non supera una certa soglia; se no, un tot a chilometro. Attratti dalla comodità e facilitati dalla dimestichezza con le tecnologie, i giovani "professionals" sembrano essere i più assidui utilizzatori del servizio.

Ma il suo appeal si sta diffondendo in altre fasce anagrafiche, rispecchiando un trend generale che vede anche i progressi di Open-Table per le prenotazioni ai ristoranti e il predominio indiscusso di Amazon negli acquisti online. A opporsi, ovviamente, restano i tassisti vecchio stile, che già subiscono gli effetti della crisi economica, specie in alcuni paesi come l'Italia, dove gli appositi parcheggi sono stracolmi di auto in attesa, e che temono un ulteriore flessione della domanda a vantaggio dei loro concorrenti di Uber.

A Parigi hanno inscenato manifestazioni di protesta. Praticamente in ogni città hanno chiesto alle autorità che regolano le attività di autonoleggio di bloccare l'invasione del servizio via Internet perché contrario ai regolamenti comunali. In alcuni casi ci sono riusciti, come a Miami o ad Austin, in Texas; in tanti altri no. Spiegano: "Dobbiamo proteggere i consumatori dai rischi di trasporti insicuri e senza controlli ufficiali". E negli Stati Uniti ha fatto scalpore la notizia di una causa promossa dai genitori di una bambina di sette anni, Sofia Liu, travolta e uccisa dall'autista di un mezzo Uber (la società californiana nega comunque qualunque responsabilità).

"Ma l'opposizione dei tassisti serve solo a proteggere i loro interessi corporativi", replicano dall'altra parte della barricata. "Ormai da decenni il business dei taxi era maturo per un cambiamento radicale, ma solo le nuove tecnologie lo hanno permesso", dice Kalanick, 37 anni, cofondatore e ora chief executive di Uber (Camp, l'altro cofondatore, è in realtà un "imprenditore seriale" ormai distratto da mille avventure). Il sistema tradizionale dei taxi è molto rigido, perché si basa solo su un numero chiuso di mezzi a disposizione e su tariffe per lo più scollegate dai meccanismi della domanda e dell'offerta.

Le autorità comunali concedono nuove licenze con il contagocce e queste raggiungono spesso quotazioni da capogiro. Il "medallion" per i taxi gialli di New York arriverà tra breve al milione di euro, ripercuotendosi sugli affitti giornalieri che gli autisti "autonomi" pagano alle società che possiedono i mezzi. E a fare le spese di tutto questo, sempre secondo Kalanick, sono sia gli utenti che gli stessi tassisti ufficiali. Uber, invece, si basa su modelli più elastici, anche sotto il profilo tariffario, capaci di "liberare sia i viaggiatori che gli autisti dalle gabbie protezionistiche".

Per entrare nel network basta possedere un'auto adeguata (all'inizio si trattava soprattutto di vetture di lusso), sottoporsi ad alcuni controlli e seguire un corso d'addestramento. Firmando il contratto, si ottiene l'apparecchiatura che trasmette il posizionamento dell'automobile e si concorda la quota di ogni corsa che verrà versata dalla società al conducente: di solito verrà trattenuto il 20 per cento, il resto va al driver.

L'utente conosce le tariffe "normali" della Uber, ma sa anche che possono cambiare in determinate circostanze: ad esempio con il maltempo, in alcuni giorni festivi, o durante grandi manifestazione, cioè quando la domanda di mezzi di trasporto si alza di colpo. In tutti questi casi un sms avverte immediatamente i potenziali utenti degli aumenti tariffari. Certo, questi scatti possono irritare i passeggeri, perché a volte possono portare perfino a quadruplicare l'importo della corsa.

Ma Kalanick, che per via del ciuffo ribelle assomiglia più a Clint Eastwood nel film Ispettore Callaghan che non al tipico chief executive americano, e per di più è un grande appassionato di surf, sostiene che sia il solo modo di mobilitare altri autisti e altre macchine nei momenti di necessità, con chiari vantaggi per gli utenti, che riescono ad arrivare a destinazione senza aspettare troppo in mezzo alla strada.

"Anche per noi può essere un vantaggio", ha spiegato Roy Markovich al settimanale Business Week, che ha appena dedicato un servizio di copertina al fenomeno Uber. Extassista deluso di Chicago, dove affittava i mezzi da chi ne possedeva la licenza, Markovich ha deciso di passare alla società californiana: "E ora non mi sento mai a mani vuote e guadagno in media il 20 per cento in più".

Sull'onda di questi risultati, anche in termini di immagine, Uber continua a espandersi e a pensare a una eventuale quotazione a Wall Street. L'estate scorsa, più per farsi pubblicità che non per guadagnare, ha introdotto il servizio on-line per prenotare e pagare i 3000 mila dollari del trasporto via-elicottero da New York agli Hamptons, luogo di villeggiatura di star e finanzieri. Da Bezos, Google Ventures e altri investitori Uber ha già ricevuto capitali freschi per 307 milioni di dollari. Ma gli obiettivi sono molto più ambiziosi: le cifre di riferimento ipotizzano un valore complessivo della società al momento dello sbarco in Borsa sui 3,3-3,5 miliardi di dollari.

 

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