UNICREDIT? UNIDEBIT! - L’EX BANCA CAPEGGIATA DA PROFUMO HA PERSO IL 56% IN BORSA NELL’ULTIMO ANNO, IL 40% NEGLI ULTIMI 2 MESI - ALEGGIA IL TERZO AUMENTO DI CAPITALE IN TRE ANNI, CONDITO CON IL LICENZIAMENTO DI 10MILA DIPENDENTI - OGGI GHIZZONI E RAMPL DOVRANNO AFFRONTARE L’INCAZZATURA DELLE FONDAZIONI DI PALLENZONA E BIASI…

Vittorio Malagutti per "il Fatto quotidiano"

Sarà anche vero che nessuno dei grandi soci di Unicredit si illudeva di aver risolto i problemi della banca semplicemente cacciando il numero uno Alessandro Profumo. Di sicuro però, a quasi un anno di distanza da quel clamoroso ribaltone, l'istituto di credito italiano più forte in Europa si trova ancora nelle sabbie mobili. La riorganizzazione è un cantiere aperto. La bufera finanziaria sta mettendo a dura prova la capacità del gruppo di fare provvista di liquidità. E sul fronte patrimoniale sembra sempre più probabile una nuova richiesta di denaro agli azionisti, la terza in meno di meno di tre anni.

Tutto questo mentre i crolli a catena del settore bancario in Borsa hanno coinvolto anche il titolo dell'istituto guidato da Federico Ghizzoni. Il bilancio degli ultimi 12 mesi segna un ribasso del 56 per cento, oltre il 40 per cento dall'inizio di luglio. Viste le premesse, è facile prevedere scintille nel vertice di quest'oggi tra i vertici della banca (Ghizzoni e il presidente Dieter Rampl) e i rappresentanti delle Fondazioni azioniste, prime tra tutte la torinese Crt e la Cariverona. L'incontro, va detto, era in calendario da tempo per un primo esame del nuovo piano industriale dell'istituto. E' inevitabile però che la mole di problemi che sovrasta la banca finirà per alimentare tensioni. E non solo ai piani alti della banca.

Da settimane ormai c'è grande agitazione anche tra i dipendenti dell'istituto, 60 mila in Italia, 160 mila in totale. Circolano indiscrezioni su prossimi annunci di pesanti tagli di personale. C'è chi parla di esuberi per oltre 10 mila dipendenti da spalmare nei prossimi anni. Conditi, come sempre più spesso accade, da una serie di cosiddette esternalizzazioni.

Significa che interi servizi della banca vengono ceduti a società terze create ad hoc in cui spesso l'istituto venditore conserva una partecipazione di minoranza. I sindacati sono già sul piede di guerra. Se ne saprà di più nelle prossime settimane con la presentazione del piano industriale, ma le premesse non sembrano incoraggianti.

Insomma, altra benzina sul fuoco, mentre le Fondazioni azioniste tirano le somme di una situazione sempre più preoccupante. L'ingombrante (non solo per la mole) Fabrizio Palenzona, rappresentante dei torinesi della Crt, e Paolo Biasi di Cariverona, hanno vinto la prova di forza cacciando Profumo. Adesso però devono fare i conti con i bilanci e qui la grana rischia di essere ben più difficile da risolvere.

Con gli ultimi ribassi la quotazione del titolo Unicredit è precipitata a distanze siderali dai numeri scritti nei bilanci delle due fondazioni. Il 3,67 per cento controllato dai torinesi ha un valore contabile di 1,08 miliardi di euro, ma sulla base dei prezzi correnti di Borsa quello stesso pacchetto vale 530 milioni. Ancora peggiore la situazione a Verona. Il 4,2 per cento di Unicredit è iscritto nell'ultimo bilancio della fondazione guidata da Biasi per circa 3,2 miliardi. La quotazione di mercato di quella partecipazione non raggiunge i 700 milioni. La minusvalenza teorica ammonta quindi a 2,5 miliardi.

Certo, il titolo potrebbe recuperare terreno. E per il momento gli amministratori non hanno neppure l'obbligo di legge di iscrivere quelle perdite nei conti dei due enti. La situazione però non incoraggia certo all'ottimismo, soprattutto se si considera che le fondazioni potrebbero presto essere chiamate un'altra volta a dare il loro contributo per rafforzare la dote patrimoniale della banca.

A gennaio dell'anno scorso Verona sborsò 190 milioni per partecipare al'ultimo aumento di capitale dell'era Profumo e Torino fece la sua parte con un assegno di 170 milioni. Il crollo delle quotazioni ha mandato in fumo buona parte di quei soldi. E adesso c'è il rischio di una nuova chiamata alle armi. Per la politica locale, che esprime i vertici delle fondazioni, sarà un'operazione difficile da digerire. Dopo tutta la retorica sull'attenzione al territorio, vaglielo a spiegare al sindaco leghista di Verona che la fondazione cittadina butta altre decine di milioni nel calderone della grande banca internazionale.

 

ALESSANDRO PROFUMO Federico Ghizzoni UNICREDIT Dieter Rampl di unicredit Palenzona Paolo Biasi

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