
ZAC! IL TAGLIO DEL RATING DA PARTE DELL’AGENZIA MOODY’S È UNO SCHIAFFONE A TRUMP E ALLE POLITICHE “DAZISTE” – FUBINI: “MOODY’S È CHIARA SUL MARGINE DI MANOVRA DI TRUMP: SE DOVESSE CONTINUARE A FORZARE LA MANO ALLE ISTITUZIONI POTREBBERO SEGUIRE NUOVI DECLASSAMENTI DEL DEBITO A CAUSA DELL’INAFFIDABILITÀ CHE NE DERIVEREBBE” – “NEL COMPLESSO SI RIDUCE COSÌ LO SPAZIO POLITICO E ISTITUZIONALE DI TRUMP, OLTRE CHE IL SUO MARGINE DI MANOVRA NEI CONFRONTI DEI MERCATI FINANZIARI. QUALCOSA DI CUI PRENDERANNO NOTA LE POTENZE CHE SI APPRESTANO A NEGOZIARE…”
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per www.corriere.it
Donald Trump holding a Million Dollars - Harry Benson
Rimasta troppo spesso in secondo piano, a parte che per una cerchia relativamente ristretta di specialisti, la questione centrale per gli Stati Uniti sotto Donald Trump ha fatto irruzione sulla scena nella notte italiana di ieri.
Moody’s, l’agenzia di rating, ha tolto quel che restava della tripla A dell’America: la prima economia del mondo, il Paese leader nelle tecnologie, il governo più potente sul piano militare, emittente della grande moneta di riserva e di scambio del pianeta, ha perso la valutazione più solida quale debitore internazionale. Da ieri sera il declassamento dalla tripla A riguarda tutte le principali agenzie di notazione, ora appunto anche Moody’s oltre che S&P’s e Fitch.
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Sono soprattutto le motivazioni della decisione di ieri sera a lasciar capire che le implicazioni della situazione di bilancio, per gli Stati Uniti e per la stessa leadership di Trump, possono essere profonde.
Perché esse investono lo stile di governo del presidente, il suo rapporto con le istituzioni e la Costituzione americana, oltre che le scelte sulle tasse e i tagli di spesa. Sullo sfondo, quelle implicazioni potenzialmente limitano anche il margine di manovra della Casa Bianca nelle guerre commerciali che Trump stesso ha aperto con Europa, Cina, Giappone e Canada.
È così, in primo luogo, perché Moody’s esprime uno scetticismo di fondo sull’efficacia dell’approccio di Trump e dei repubblicani al Congresso. Ed esso senz’altro diffuso a Wall Street.
L’agenzia di rating dice subito che gli attuali conti in disordine del governo americano vanno attribuiti alle varie «amministrazioni e legislature del Congresso successive che non sono riuscite a concordare misure per investire la tendenza ad ampi deficit annuali e crescenti costi in interessi» sul debito.
Quest’ultima è stata prodotta essenzialmente da tagli alle tasse non finanziati, come quelli di Trump del 2017. Ma Moody’s aggiunge un passaggio sulla credibilità del presidente, degli sforzi di taglio di spesa di Elon Musk e del partito repubblicano oggi in maggioranza al Congresso: «Non pensiamo che dalle attuali proposte in esame possano derivare sostanziali riduzioni nelle spese obbligatorie». Dunque, si legge nella nota di Moody’s, «nel prossimo decennio ci aspettiamo deficit più alti con l’aumento della spesa per diritti acquisiti (entitlements, ndr)».
Gli effetti
Con quali conseguenze? Moody’s vede il deficit pubblico degli Stati Uniti salire dal 6,4% del prodotto lordo nel 2024 al 9% nel 2035, un debito pubblico che sale dal 98% del Pil l’anno scorso al 134% fra dieci anni e da una spesa per interessi che assorbirà a quel punto il 30% delle entrate pubbliche (mentre nel 2021 assorbiva appena il 9% di esse, ma l’anno scorso già il 18%).
[…] Moody’s è chiara sul margine di manovra di Trump: se dovesse continuare a forzare la mano alle istituzioni americane, cercando di accentrare sempre di più il potere nelle sue mani, potrebbero seguire nuovi declassamenti del debito a causa dell’inaffidabilità che ne deriverebbe.
MEME SUL CROLLO DEL VALORE DEL DOLLARO BY TRUMP
L’agenzia di rating lo fa capire, in positivo, spiegando perché adesso ha assegnato alla nota degli Stati Uniti “prospettive stabili”: esse «tengono conto delle caratteristiche istituzionali, inclusa la separazione dei poteri tra le tre branche del governo (esecutivo, legislativo e giudiziario, ndr) che contribuisce all’efficacia delle politiche nel tempo».
Come dire che qualunque tentativo di Trump di limitare il potere dei tribunali e soppiantare il Congresso – come ha fatto fin qui – potrebbe avere conseguenze negative sui mercati per il debito americano. Lo stesso discorso viene sottolineato da Moody’s riguardo all’indipendenza della Federal Reserve (la banca centrale) e al ruolo internazionale del dollaro. L’agenzia di rating afferma che questi sono fattori di stabilità, ma sa bene che Trump ha messo in discussione entrambi.
donald trump e i dazi sulle auto
Nel complesso si riduce così lo spazio politico e istituzionale di Trump, oltre che il suo margine di manovra nei confronti dei mercati finanziari. Qualcosa di cui prenderanno nota le potenze economiche – dall’Europa, al Giappone, alla Cina – che si apprestano a negoziare nelle guerre commerciali che lui stesso ha aperto.