1. DAVANTI A UNA SALA SEMIDESERTA DELL’AUDITORIUM ROMANO BUSI SBOTTA: “SONO COME JOAN BAEZ: SE NON VEDO MENO DI TRENTAMILA PERSONE NON INIZIO” (E NESSUNO HA IL CORAGGIO DI DIRGLI CHE NEI PROSSIMI GIORNI ALLA FESTA DEL LIBRO LA SALA SARÀ SOLD-OUT PER RUSHDIE E SAVIANO) - TRA ATTACCHI A BERGOGLIO (‘’DAL ’76 AL ’83, NON HA DETTO NULLA SUI GENERALI GOLPISTI”) E QUESTIONI DEMOGRAFICHE (“L’OMOSESSUALITÀ, OGGI, È SERVIZIO PUBBLICO: PERCHÉ I GAY NON FANNO FIGLI”) SHAKERA VISIONI APOCALITTICHE: “ROMA È UNA CITTÀ PIENA DI GENTE CHE NON FA UN CAZZO E DI BUCHE IN CUI NON MI FIDEREI A PORTARE UN TACCO 12”

Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

Testo di Francesco Persili

«Il Papa è stato eletto, adesso aspettiamo il papocchio: un governo lo dovranno pur fare». Le bordate sul gesuita salito al soglio di Pietro e le valutazioni sul dopo-voto e lo stallo istituzionale irrorano di attualità l'orazione civile di Aldo Busi nella seconda giornata della "Festa del libro e della lettura" all'Auditorium-Parco della Musica.

«Sono come Joan Baez: se non vedo meno di trentamila persone non inizio», la voce dell'Aldissimo rimbomba in una sala Petrassi mezza vuota. «E siccome trito chiama soffritto...», lo Scrittore prende a solfeggiare brani del suo libro (El specialista de Barcelona) in corsa per lo Strega e arriva diretto «al cuore» della cipolla: «E' un peccato che Roma stasera non sia qui ma questa è la città delle occasioni perdute che accorre in massa solo per ascoltare giornalisti e saggisti che girano con la verità in tasca come fosse ostia benedetta».

Ma che fosse la sera delle beffe per «l'autobiografo dell'umanità» si poteva capire già dal foyer con Achille Bonito Oliva e il giurato dimissionario dello Strega, Emanuele Trevi che, però, all'one man writer di Busi preferiscono il concerto di Laurie Anderson: «Ho letto El specialista de Barcelona e l'ho trovato molto bello - pigola Trevi - ma mi auguro che lo Strega lo vinca Siti».

Se ne farà una ragione anche lo Scrittore che, intanto, sul palco gioca «a rivelare più che a nascondere» con i circa 200 aficionados, lamenta la scarsa pubblicità data alla manifestazione («hanno messo solo due trafiletti sul giornale») e rimarca che la sua partecipazione è avvenuta a titolo gratuito: «Lo ritengo immorale anche perchè oltre Aldo Busi, chi altro scrive, oggi, in Italia?»

L'elemento teatrale viene in evidenza e la parola domina la scena: l'Aldissimo zampilla di vitalità per il suo romanzo gorgogliante di 38mila vocaboli («ma in realtà sono 380mila perché per sceglierne uno, bisogna eliminarne nove»). Una «festa della lingua italiana», Busi lucida la magnificenza di una opera mondo di intuizioni civili e poetiche, e quindi politiche, tout court, che restituisce traccia anche di una geografia degli ultimi pontificati:

dalla Madrid della Giornata Mondiale della Gioventù di Ratzinger a Cracovia, la città di Giovanni Paolo II in cui tutto è dedicato a lui, anche i bagni («a trovarne»...) fino alle Madri di Plaza de Mayo evocate dallo Scrittore a proposito di papa Francesco. «Dal '76 al '83, Bergoglio non ha detto nulla sui generali golpisti e sulla fine dei desaparecidos oppositori del regime militare argentino», scandisce Busi in versione Horacio Verbitsky, il grande accusatore del nuovo papa.

Tra attacchi alla Chiesa e critiche sociali, Busi mette in guardia dal boom demografico («l'omosessualità, oggi, è servizio pubblico: i gay hanno una marcia in più perché non fanno figli») shakera visioni apocalittiche e borbottii da bocciofila («Roma è una città piena di gente che non fa un cazzo e di buche in cui non mi fiderei a portare un tacco 12», signora mia).

Mentre gli improvvisi black-out sul palco («la vendetta di Bergoglio o dei giornalisti?») trasformano la sala «nell'anticamera di una dark-room», lo Scrittore sciorina la sua idea di letteratura «che può nascere solo da qualcosa che non è omologato» e prende le distanze dall'Italietta «delle camarille e delle cordate di potere», dei ricettari «che diventano best-seller» e dei libri che impennano le vendite solo dopo l'eventuale vittoria di un premio letterario. «Ma nel mio caso questo non vale, sono io ad onorare i premi, e non viceversa. Per chiedermi di partecipare, devono venire a Canossa...».

«Forse la politica elaborata dall'altro non può che essere la mascherina della sindrome della mafia che sale dal basso», Busi vibra il suo j'accuse nei confronti degli italiani «che dovrebbero scendere in piazza contro se stessi» e invita a non denigrare gli altri Paesi europei, ad iniziare dalla Spagna, che «a livello di infrastrutture è 20 avanti rispetto all'Italia». L'elogio del socialista Zapatero si accompagna a un rimpianto: «Noi non abbiamo mai avuto un politico così laico: in Spagna, il franchismo è davvero finito, il fascismo in Italia, invece, no».

Risalta l'educazione «europea» dell'Aldissimo che indica Germania, Svizzera e Francia come Paesi-modello per «rispetto delle regole e civiltà: «Smettiamola di sentirci migliori: in Italia non abbiamo avuto nulla se non la Restaurazione di una rivoluzione che non c'è mai stata».

E la rivoluzione del M5S? «Grillo fa promesse che non può mantenere e quindi questo significa che ormai si comporta da vero politico. Sul reddito di cittadinanza, ad esempio, non considera le coperture finanziarie: Servono più di 36 miliardi, dove li va a prendere i soldi»?

E' una parola che viaggia libera da ogni inibizione, quella di Busi, che, al termine della serata, quando si ferma a firmare le copie del libro, si regala con allegria ai suoi lettori e a un gruppo di maschioni adoranti che sembrano i sei ballerini descritti in una pagina del suo libro, prima di avvitarsi in un'analisi della fuga dei consensi dal centrosinistra. «Non c'è solo chi pur di non votare Bersani ha scelto i Cinque Stelle ma anche chi, dopo aver confermato il voto a Berlusconi, oggi si dice pronto a votare Grillo, benché il garante del M5S abbia augurato al Cav. di fare la stessa fine di Craxi».

E dunque? «Il problema continua ad essere rappresentato dal popolo bue, dagli italiani di merda...: i politici andrebbero assolti tutti e i loro elettori o sostenitori giustiziati all'istante». Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione per Beppe-Mao, è quindi, eccellente: «Nel caso di elezioni in autunno - riflette lo Scrittore - se i grillini dimostrano un minimo di rettitudine e onestà, il M5S è destinato a prendere più del 50 per cento dei voti».

Fa di tutto per rendersi irresistibile, Busi, quando rivendica l'intima coerenza tra dire e fare e mentre oppone un netto rifiuto a tutti i dualismi, a partire da quello più insidioso tra carne e spirito, («c'è troppo spirito in Italia e poca amministrazione del bene pubblico») per abbracciare la libertà di «essere senza appartenere».

Nel suo orizzonte estetico non ci sono cadreghe e strapuntini («Io senatore a vita? Mi dispiacerebbe portare via allo Stato 12mila euro. Meglio il Viminale: voglio stare dove c'è il potere. E come primo atto, abolirei il segreto di Stato») ma una gioiosa inquietudine che resta aperta: «Non abbiamo bisogno di certezze: ognuno è felice se infelice a modo suo».

Relativista e provocatorio, sinuoso e arrapante, deciso a far godere e a farsi rimpiangere, lo Scrittore completa il backup dell'immaginario rivelando il suo unico, irrealizzabile, sogno: «Svegliarsi senza essere Aldo Busi solo per leggere la mia opera: voi potete farlo, e io no. Come vi invidio»...

 

 

ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA ALDO BUSI AL FESTIVAL DEL LIBRO ALL AUDITORIUMALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA ALDO BUSI AL FESTIVAL DEL LIBRO ALL AUDITORIUM

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