francesco cossiga giulio andreotti

“CREDO NELLA GRAZIA DI STATO” – LE ULTIME PAROLE FAMOSE DI ANDREOTTI A COSSIGA NEL PRIMO VOLUME DEL LORO CARTEGGIO DURANTE LA CRISI DELLA PRIMA REPUBBLICA – CECCARELLI: “PARECCHIO SPIONAGGIO (CASO ORFEI, ARCHIVI DELL’EST) E MOLTA GUERRA IN IRAQ. QUI E LÀ L’OMBRA DI GELLI, GRANDE SPAZIO PER LA VICENDA GLADIO. IL POLEMICO DONO DI COSSIGA A ANDREOTTI DI “UN TELEVISORE PORTATILE PER POTER SEMPRE SEGUIRE LE ESTERNAZIONI PRESIDENZIALI”, MA ANCHE UNO SCAMBIO SULL’AMAREZZA PER LO STATO DEI RAPPORTI PERSONALI. A RIPROVA CHE LA CRISI DELLA REPUBBLICA È PUR SEMPRE CRISI DI UOMINI…”

andreotti cossiga

Filippo Ceccarelli per "la Repubblica" - Estratti

 

Io credo nella grazia di Stato» scrive Giulio Andreotti a Francesco Cossiga dopo l’elezione a presidente della Repubblica, giugno 1985; e se non suonasse troppo malizioso o grossolano, appena chiuso il primo e promettente volume del mastodontico carteggio tra i due, La crisi della Repubblica (Edizioni di Storia e Letteratura), verrebbe da dire: le ultime parole famose.

 

(...)

 

Due figure che nel ricordo restano impresse come caricature; eppure si tratta di due statisti che grondavano esperienza in ogni mossa e parola, figli di un secolo oggi rimpianto anche da chi aspramente li avversava. In buona sostanza, dal 1985 al 1990, il tema del carteggio è chi comanda davvero e in che modo.

 

Scomponendolo, mette in causa la politica estera, l’organizzazione dei ministeri, i messaggi alle Camere, i decreti urgenti, questa o quella legge, in altre parole la stabilità e la sicurezza dell’Italia insieme alle novità che la cronaca via via piazza sotto il naso del gelido Andreotti e del non ancora del tutto incandescente Cossiga, uno a Palazzo Chigi e l’altro sul Colle.

la crisi della repubblica nel carteggio andreotti cossiga

 

Per le loro mani più che esperte passa il destino di ministri, generali, ambasciatori, alti burocrati, giudici costituzionali, ma anche mafiosi in carcere, designati «pericolosi (anche per loro stessi)» in una irresistibile parentesi andreottiana.

 

Con ineluttabile regolarità scorre l’ordine del giorno della Repubblica fatto pure di apparenti minuzie - destino della tenuta di San Rossore, misteriose onorificenze e medaglie commemorative da distribuire - cui si aggiungono ogni tanto singolari proposte tipo traslare la salma di Cavour al Pantheon, oppure mutare la dizione di “Sottosegretario” in “Segretario di Stato”, insomma l’inconfondibile pangrattato per la cucina del potere bianco.

 

È soprattutto Cossiga che non solo scrive, ma anche riscrive. Prima con meticolosa pacatezza, poi anche supplica, pretende, si agita, si sfoga, si lamenta, si adira, fa regali, fa capricci, fa la vittima, fa il diavolo a quattro, verso la fine appare sull’orlo della disperazione, insieme confuso e sopraffatto dal «ridicolo» e dal «tragico», parole sue.

 

francesco cossiga giulio andreotti

È lui l’anima del carteggio. Nell’animo suo convivono in perenne tensione cultura libresca e brillantezza, vanità e sofferenza, senso dello Stato e attitudine teatrale, impossibile seguire la sua fluviale corrispondenza senza sentirlo come un uomo che a un certo punto non riesce più a schermare il senso catastrofico dell’esistenza; ma forse proprio per questo prima di ogni altro “sente” la fine di un mondo – e la storia, gravida com’è di apocalissi, gli dà ragione.

 

Anche Andreotti crede nel peccato originale, ma forse proprio per questo si asserraglia nella quotidianità, un passo alla volta, ogni cosa a suo tempo; all’irruenza grafomane risponde il meno possibile o addirittura non risponde, prende tempo e conoscendo le umane debolezze, aspetta che l’altro si plachi e a volte non sbaglia, non a caso è al suo settimo governo – però sarà anche l’ultimo.

Tutti e due dormono pochissimo. Tutti e due hanno vissuto il dramma di Moro.

 

giulio andreotti francesco cossiga

Tutti e due hanno creduto che il potere è in prestito da Dio, poi se ne sono un po’ scordati, ma hanno ancora paura dell’inferno. Quando le cose si mettono male si avverte nelle parole e nei silenzi, così come nelle istituzioni che rappresentano, un disordine presago dell’incombente disastro.

 

Da una parte Cossiga viola qualsiasi prudenza, dall’altra Andreotti alza gli occhi al cielo in uno sforzo di imperturbabile rassegnazione che trasforma la pazienza in un muro di gomma. Questa è solo la prima puntata, il bello e il peggio verranno dopo il 1990, si spera ancora «senza tagli o censure», come garantisce il professor Luca Micheletta cui si deve la rigorosa curatela del carteggio e l’ampia, composta e illuminante introduzione. Cui seguono le prime piccole e grandi perle di Palazzo.

 

cossiga andreotti

Non si sapeva, ad esempio, la gravità dello scontro divampato a proposito dei corazzieri, là dove il Capo dello Stato intendeva cacciare su due piedi il comandante generale dei Carabinieri, colpevole di ignorare «la distinzione che passa tra l’essere persona educata, fama a cui tengo – protesta Cossiga - ed essere invece un “coglione”, cosa che non è e alla quale comunque non tengo».

 

Parecchio spionaggio (caso Orfei, archivi dell’Est) e molta guerra in Iraq, con l’idea di far partecipare esponenti del Pci al Consiglio supremo di Difesa. Qui e là l’ombra di Gelli, grande spazio per la vicenda Gladio attorno a cui cresce l’inquietudine di Cossiga che nell’agosto 1990 arriva a scrivere anche cinque lettere al giorno, tra amaro dileggio e spaventose invettive. Altro che grazia di Stato!

cossiga e andreotti 5

 

Sta per aprirsi la stagione selvaggia e profetica delle picconate, l’inizio della fine. Dal sommario in abstract delle prossime lettere s’intravede il polemico dono a Andreotti di «un televisore portatile per poter sempre seguire le esternazioni presidenziali», ma anche uno scambio sull’«amarezza per lo stato dei rapporti personali». A riprova che la crisi della Repubblica è pur sempre crisi di uomini, il che la rende più potente per chi c’era e per chi non c’era perfino istruttiva.

berlusconi francesco cossiga giulio andreotticarteggio tra cossiga e andreotticarteggio tra cossiga e andreotti carteggio tra cossiga e andreotti carteggio tra cossiga e andreotti NAPOLITANO ANDREOTTI COSSIGA PRODI francesco cossiga giulio andreotti

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…