A’ CAROGNA NEWS – GENNY TORNA A ROMA E FA COMUNELLA CON GLI ULTRAS LAZIALI - RIVELAZIONI DI UN TESTIMONE: ERANO DUE I TIFOSI ROMANISTI ARMATI DI PISTOLA NEGLI SCONTRI DOVE È STATO FERITO CIRO ESPOSITO

Francesco Grignetti per "La Stampa"

A quattro giorni dall'agguato dell'Olimpico, c'è una sola certezza. L'ultras romanista Daniele De Santis resta in carcere per tentato omicidio e i tre feriti napoletani, invece, possono tornare a casa. Due con un mero obbligo di firma al commissariato. Ciro Esposito, il più grave, che ha intanto riaperto gli occhi e salutato la madre, è libero del tutto.

E proprio Ciro resta in cima ai pensieri dei tifosi napoletani.
Ieri Genny 'a Carogna ha fatto un salto a Roma con i risultati di una colletta tra ultras (1000 euro) che dovranno servire alle prime spese della famiglia Esposito, bloccata a Roma. C'è stato, con l'occasione, un fraterno saluto tra Genny e i responsabili del tifo biancoceleste che finora si sono fatti carico del vitto e dell'alloggio per i parenti di Ciro.

Sempre più protagonista, insomma, Genny. È notizia di ieri che assieme ad un altro capotifoso, Massimo Mantice, è stato indagato dalla procura di Roma per aver violato la legge che regola il comportamento dei tifosi negli impianti sportivi.
La procura di Roma, infatti, ha deciso di andare a fondo sulla vicenda della presunta «trattativa».

Nonostante le secche smentite del ministro Angelino Alfano, la procura ha aperto un fascicolo che ipotizza la «violenza privata»: quanto prima saranno convocati sia Genny sia capitan Hamsik per mettere a verbale il tenore della loro conversazione a bordo campo.

Quel colloquio è comunque colpevole secondo la giustizia sportiva. Il giudice sportivo ha disposto la chiusura dello stadio San Paolo di Napoli per due turni di campionato. La società è punita per il comportamento violento e intimidatorio dei suoi tifosi: quattro agenti di polizia malmenati, un vigile del fuoco stordito da un petardo, la minaccia di invadere il campo «se il capitano della squadra non si fosse recato sotto la curva per parlare con i capi degli ultras».

Si moltiplicano le testimonianze, intanto, di chi parla non di un singolo assalitore, ma di un gruppo. Si parla di più pistole. Di un lancio multiplo di petardi. Secondo il gruppo di tifosi napoletani che era sul pullman assalito da De Santis, lo scalmanato ultras romanista si sarebbe prestato a fare da esca per attirare i napoletani dentro il vivaio dove poi si è verificato lo scontro più duro.

E questa ricostruzione, in fondo, è compatibile anche con il poco che De Santis ieri ha detto al giudice: «Non ho sparato io. Il resto non lo ricordo per via del pestaggio».
La ricostruzione dei fatti, insomma, potrebbe essere molto più complicata di quanto sostenuto dal questore di Roma nell'immediatezza dei fatti.

Ancora ieri, il questore Massimo Maria Mazza è stato categorico: «È stata ritrovata una sola pistola e a quanto ci risulta è l'unica arma con cui sono stati esplosi i colpi». Già, ma allora perché hanno fatto l'esame dello stub anche ai tre feriti napoletani?
In procura si parla apertamente di una vicenda che «sarebbe più articolata del previsto».

E l'avvocato Paolo Cerruti, che assiste Alfonso Esposito, ipotizza già un movente politico-razzista. «Non le avete viste le svastiche? Qui il tifo non c'entra niente».
Anche il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, in Parlamento ha ricostruito i fatti con buona dose di cautele: «Gli approfondimenti che si stanno svolgendo chiariranno se il De Santis abbia agito da solo o in concorso con altri e in quale fase dell'azione».

Resta il mistero di complici che sarebbero riusciti a eclissarsi. «Un testimone, che ha segnalato la presenza di tre persone che indossavano caschi da motociclista, ha escluso la loro partecipazione all'azione violenta».

Il ministro Alfano ha negato una volta di più che vi sia stata trattativa tra lo Stato e i tifosi. Il colloquio Genny-Hamsik l'ha deciso la società. «Le autorità di polizia non hanno rilevato controindicazioni sul fatto che il capitano della squadra del Napoli, su richiesta della dirigenza della società sportiva, potesse avvicinarsi ai tifosi presenti nella curva, al solo scopo di rassicurare sulle condizioni di salute dei tre tifosi coinvolti».


2.UN TESTIMONE NAPOLETANO: "STAVO CON CIRO, HO VISTO TUTTO ERANO IN DUE CON LA PISTOLA"
Grazia Longo per "La Stampa"

Pasquale è un ultrà del Napoli e ha due soli «pensieri», come li chiama lui. Non essere identificato, «sennò m'arrestano» e fare chiarezza «sulla verità successa sabato sera davanti al Ciak Village». Scordatevi i congiuntivi e la consecutio temporum, mettete da parte eventuali pregiudizi per gli ultrà e scoprirete una realtà diversa da quella offerta dalla questura di Roma.

Secondo il questore Massimo Mazza a sparare è stato soltanto Daniele De Santis, Gastone. È andata così?
«No, non è vero. Il questore non c'era, io invece sì. Ero arrivato in macchina insieme a Ciro e altri amici di Scampia. Ho visto tutto: a sparare contro Ciro è stato Gastone, che sparava all'impazzata, ma c'era anche un altro ultrà romanista che sparava pure lui».

Lo hai visto sparare o solo con la pistola in mano?
«Sparava, sparava. Io sono una persona ignorante ma a parte che l'ho visto con gli occhi miei, vorrei capire come si fa a dire che ha sparato solo una pistola, quando a Ciro il proiettile gli è rimasto dentro, mentre a Gennaro Fioretti gli è esploso nel braccio. I proiettili e gli sparatori erano due».

Come fai ad essere sicuro che a ferire Ciro sia stato proprio De Santis?
«Era l'unico a volto scoperto, gli altri avevano il passamontagna nero o il casco. E poi De Santis ha puntato la pistola anche contro di me, mi sono visto morto, mi sono visto. Per fortuna l'arma si è inceppata e sono ancora qui a parlare».

Quanti erano gli ultrà giallorossi?
«A me sono sembrati una decina. Qualcuno dice una quarantina, ma io ne ho visti una decina scappare dopo che con Ciro e gli altri amici siamo andati ad aiutare quelli del pullman contro cui avevano buttato la bomba carta e un fumogeno. Stavano aspettando proprio i tifosi napoletani. Era una trappola. Un agguato in piena regola. E pensate che i pullman che c'erano là non erano di ultrà ma di gente normale. Con tante donne e bambini che piangevano disperati. Per questo siamo andati ad aiutarli».

Ma perché invece di andare a picchiare i romanisti non avete telefonato al 112 o al 113?
«Perché se non andavamo ad aiutarli, quello lì li ammazzava. Sembrava un pazzo. Noi napoletani siamo fatti così, siamo solidali e aiutiamo i concittadini in difficoltà».

Per picchiare hai usato spranghe o altro?
«No, solo le mani. A Gastone, dopo che aveva sparato a Ciro, l'ho riempito di botte. Gli ho girato le caviglie con le mie mani, gli ho girato. Ma secondo me era fatto di cocaina perché era insensibile al dolore».

Tu hai già avuto guai con la giustizia, che so, per furto o spaccio di droga?
«Sì, qualcosa del genere. Errori di gioventù».

Ti rendi conto che la tua testimonianza non ha valore se non la racconti alla polizia?
«Alla polizia io non ci vado. Già hanno arrestato a Ciro, solo perché ha aiutato quella gente, finisce che arrestano pure a me. Però voglio dirlo forte che quello di sabato è stato un agguato. Perché adesso a noi napoletani vogliono farci passare per delinquenti e camorristi. Vale pure per Genny 'a carogna. Tutti contro di lui solo per quella maglietta. Volete sapere la verità?».

Dimmi.
«La verità è che se non interveniva lui, allo stadio finiva in carneficina. Finiva in un massacro. Quelli uscivano e bruciavano la città. Lo dovevano ringraziare a Genny per quello che ha fatto. Senza contare che è stato il primo a venire a trovare a Ciro in ospedale».

Tu lavori o sei disoccupato?
«Lavoro. Una cosa artigianale».

Hai figli?
«No, ma mi sta arrivando un bambino».

Se potessi tornare indietro, a sabato, ti comporteresti allo stesso modo?
«E certo! Non sono pentito di niente. Mi spiace solo che l'ambulanza per Ciro, anche se abbiamo fatto decine di chiamate, è arrivata dopo 40 minuti. Dobbiamo ringraziare un carabiniere, è stato lui a insistere per far arrivare l'ambulanza. Mo' speriamo solo che Ciro si salva».

 

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