xi jinping covid pil

ADDIO ZERO COVID, BENVENUTA PANDEMIA – LA DECISIONE DI XI JINPING DI ALLENTARE LE RESTRIZIONI ANTI-CORONAVIRUS VIENE APPLAUDITA DAL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: TE CREDO, SE RIPARTE PECHINO, È UN BENE PER TUTTO IL MONDO, ANCORA DIPENDENTE DALLA “FABBRICA DEL PIANETA” – MA IL DITTATORE CINESE RISCHIA GROSSO: LA CITTADINANZA NON HA L’IMMUNITÀ E I VACCINI AUTARCHICI SONO ACQUA FRESCA. RISULTATO? POTREBBERO ESSERCI MILIONI DI MORTI E UNA NUOVA PANDEMIA DA “ESPORTARE”

CINA XI JINPING ECONOMIA CINESE CORONAVIRUS COVID PANDEMIA

1. FMI, BENE ABBANDONO POLITICA ZERO-COVID DA PARTE DI PECHINO

(ANSA-AFP) - La direttrice generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Kristalina Georgieva, ha salutato con favore l'abbandono da parte della Cina della politica dello "zero-Covid" come una mossa "decisiva".

 

"Valutiamo molto positivamente i passi decisivi intrapresi dalle autorità cinesi (...) per ricalibrare le politica anti-Covid in modo da creare condizioni migliori per la ripresa della crescita in Cina", ha detto Georgieva dalla città cinese di Huangshang, nell'est del Paese, dov'è in visita, in una conferenza stampa congiunta con il primo ministro cinese, Li Keqiang.

 

CINA - SCONTRI E PROTESTE A GUANGZHOU CONTRO LE RESTRIZIONI ANTI COVID

Secondo la direttrice generakle dellFmi, lo sforzo di rilanciare le vaccinazioni e i trattamenti anti-virali "fa molto bene al popolo cines, ma è anche molto importante per l'Asia e per il mondo intero.

 

Inoltre, ha detto, la crescita dell'economia cinese "è importante nono solo per la Cina, ma anche per il mondo intero" e l'abbandono della politica della 'tolleranza zero' nei confronti del Covid "aiuterà a rimuovere una parte delle incertezze" dell'economia globale, messa a dura prova prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina.

zero covid cina

 

2. COSA SIGNIFICA PER NOI (E IL NOSTRO PORTAFOGLIO) LA SVOLTA CINESE SUL COVID

Federico Rampini per www.corriere.it

 

La politica cinese «zero Covid» non arriverà al suo terzo anno. Lo smantellamento è cominciato. È pieno di incognite.

 

Il resto del mondo deve prepararsi al suo impatto: la Cina entra in una fase nuova, la nazione più popolosa e la seconda economia mondiale si cimenta con una sperimentazione che avrà inevitabili conseguenze su tutti gli altri.

 

xi jinping con la mascherina 5

Nell’ipotesi più catastrofica: nuove ondate di contagio e uno stop-and-go con improvvisi ritorni a restrizioni; nello scenario più ottimista una Cina che ricomincia a funzionare a pieno regime può rilanciare l’inflazione delle materie prime.

 

L’allentamento delle restrizioni è graduale, la direzione di marcia è chiara. Come si addice a un regime autoritario, che non vuole perdere la faccia, il messaggio non è certo «abbiamo sbagliato». Anzi la propaganda comunista continua a sostenere che la Cina è l’unico paese al mondo ad avere risparmiato al suo popolo un’ecatombe. Non è vero, i suoi vicini asiatici Giappone Corea Taiwan hanno avuto una mortalità microscopica senza ricorrere a metodi autoritari.

 

Tuttavia, pur senza rinnegare nulla delle sofferenze inflitte alla popolazione cinese dal marzo 2020, i media del regime stanno giustificando la svolta attuale con questo messaggio: è il Covid che è cambiato, nell’ultima variante è meno letale. Inoltre le autorità sanitarie cinesi stanno dicendo che alcune delle restrizioni (lockdown, quarantene, tamponi obbligatori) erano applicate «in modo eccessivo» dalle autorità locali.

CINA - SCONTRI E PROTESTE A GUANGZHOU CONTRO LE RESTRIZIONI ANTI COVID

 

Qualche voce ufficiale si spinge fino a riconoscere che il rilassamento delle regole è una risposta alle giuste proteste della popolazione.

 

 

Sta di fatto che la maggioranza dei cinesi ora non sono più obbligati a mostrare il codice QR (con le informazioni sanitarie) per entrare nei luoghi pubblici, con eccezioni come le scuole e i ricoveri per anziani dove la regola per ora rimane. I viaggiatori all’interno del territorio nazionale non devono più presentare un test negativo.

 

Chi è positivo potrà mettersi in quarantena a casa propria anziché in un ospedale.

La liberalizzazione è ancora graduale, per esempio non si estende ai viaggiatori dall’estero. È soggetta a varianti locali: la capitale, Pechino, continua a chiedere i test e i codici QR per entrare nei ristoranti e altri luoghi pubblici.

 

xi jinping con la mascherina 6

Insomma la Cina non ha deciso un «liberi tutti», è entrata in una fase di transizione sperimentale che assomiglia ai sistemi adottati in alcuni paesi occidentali fino a un anno fa.

 

Sappiamo, per averne fatto l’esperienza, che quei sistemi «intermedi» di restrizioni hanno i loro inconvenienti, hanno costi economici, e un’efficacia controversa. La Cina deve applicare queste regole meno severe a una popolazione meno vaccinata di molte popolazioni occidentali, e con vaccini meno efficaci.

 

proteste in cina contro la strategia zero covid 22

Tra gli sforzi che il governo di Xi Jinping deve dispiegare adesso, la priorità va appunto alle vaccinazioni, in particolare per la popolazione anziana. È interessante osservare che un regime autoritario come quello di Xi non ha mai preso in considerazione di rendere obbligatoria per legge la vaccinazione.

 

Un primo bilancio s’impone: le proteste della popolazione cinese non sono rimaste inascoltate. Il regime comunista di Pechino ha dimostrato, almeno in queste settimane, una flessibilità superiore alla teocrazia islamica di Teheran. Xi non tollera il dissenso, però ne tiene conto.

 

proteste in cina contro la strategia zero covid 16

Una seconda osservazione consiglia cautela nel prevedere il futuro. Uno degli effetti della politica «zero Covid» è che la popolazione cinese ha meno immunità naturale delle popolazioni occidentali. Il sistema sanitario resta inadeguato.

 

Se dovessero scoppiare nuovi contagi di massa, non sappiamo quali contraccolpi ci sarebbero. Anche perché i quasi tre anni di «zero Covid» hanno avuto un effetto psicologico: una parte dei cinesi sono terrorizzati da questo virus e potrebbero reagire con il panico se hanno la sensazione che le autorità perdono il controllo sul contagio.

 

xi jinping con la mascherina 2

Nello scenario più catastrofista, che per la verità nessuno considera probabile, la Cina potrebbe perfino tornare a «esportare pandemia» come all’epoca delle bugie su Wuhan. Ma il resto del mondo avrà imparato la lezione – si spera – e il cordone sanitario dovrebbe essere pronto a scattare. Inoltre noi abbiamo difese robuste create da vaccinazioni multiple e dall’immunità naturale di chi si è ammalato ed è guarito.

 

L’aspetto economico non è secondario. Una Cina che si avvia verso la normalità, che cosa significa esattamente? L’economia ha influenzato la decisione di Xi, almeno quanto le proteste di piazza. L’allentamento delle restrizioni sanitarie giunge al termine di un periodo pessimo per le esportazioni cinesi. Le vendite di prodotti made in China sono scese dell’8,7% a novembre rispetto allo stesso mese del 2021. Ancora peggio sono andate quelle verso l’Europa (meno 11%) e verso gli Stati Uniti (meno 25%). Anche ottobre era stato negativo. A provocare questi bruschi cali nell’export cinese ha contribuito la chiusura di fabbriche per lockdown.

proteste in cina contro la strategia zero covid 17

 

Ora ci sarà un forte rimbalzo, sia nella produzione che nell’esportazione? L’effetto di ripartenza legato all’allentamento delle restrizioni è quasi certo (salvo ricadute nei lockdown) ma non dovrebbe essere così forte come lo fu in Occidente. Questo perché la Cina non ha distribuito aiuti altrettanto generosi dei nostri.

 

L’America ha ecceduto, ha sovrabbondato, distribuendo a famiglie e imprese sussidi pubblici anti-pandemia pari al 26% del suo Pil, con tre manovre disseminate fra l’Amministrazione Trump e l’Amministrazione Biden: un record mondiale, che ha giocato un ruolo nell’alimentare l’inflazione.

 

XI JINPING CON LA MASCHERINA

La Cina al confronto è stata avara: i suoi aiuti pubblici a famiglie e imprese durante la pandemia sono stati pari al 5% del suo Pil, in proporzione un quinto dei sussidi americani. Di conseguenza dovrebbe essere meno forte in Cina quell’effetto-rimbalzo che si è determinato perché i consumatori americani avevano tanto reddito da spendere. Inoltre il mercato del lavoro cinese è segnato da un’alta disoccupazione giovanile, quindi le imprese non dovrebbero avere bisogno di offrire salari molto superiori come accade negli Stati Uniti.

 

Resta il fatto che quando la Cina riparte, se riparte, una delle prime conseguenze si sente sui mercati di tutte le materie prime. La Repubblica Popolare è la fabbrica del pianeta, è la più grande economia trasformatrice, perciò è la più grossa acquirente planetaria di energie fossili, minerali, metalli, derrate agroalimentari. Se l’uscita dalla politica «zero Covid» avverrà senza intoppi e senza incidenti di percorso, una Cina che ricomincia a funzionare a pieno regime eserciterà una pressione al rialzo su tutti i prezzi delle materie prime. Non è un caso se in queste ore Xi si trova in Arabia Saudita.

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