aurelio picca

“LA GENTE STA ANDANDO FUORI DI TESTA” – AURELIO PICCA: “LE RIVOLTE SONO L’ASPETTO PIÙ APPARISCENTE, MA NON IL PIÙ TANGIBILE DI QUEL CHE STA AVVENENDO. IN PIAZZA, SCENDONO IN POCHI. MA C’È UNA RIVOLTA SILENZIOSA, CHE STA ESPLODENDO NELLA TESTA DELLE PERSONE. C’È CHI È DIVENTATO OSSESSIVO, CHI HA AMNESIE, CHI NON RIESCE PIÙ A CONCENTRARSI. TRA LE CONSEGUENZE DEL VIRUS NON C’È SOLO IL RISCHIO DI DIVENTARE PIÙ POVERI: IL VIRUS RISCHIA DI FARCI DIVENTARE ANCHE….”

Aurelio Picca

Nicola Mirenzi per www.huffingtonpost.it

 

Arriva a pranzo alla trattoria delle corse, a un passo dall’ippodromo di Capannelle, quarantacinque minuti dopo l’orario dell’appuntamento, quando la cucina è quasi chiusa e ai tavoli non è rimasto nessuno: “Mejo no? Così siamo soli e possiamo parlare senza rompicojoni intorno”.

 

Aurelio Picca è arrivato a Roma dai Castelli: “Il posto in cui la mia famiglia vive da sempre”. Ordina carne e vino fermo: “Ti prego, però, non portarmi quei rossi di mo’, antipatici” dice al cameriere. Poi, assaggia e pronuncia la sentenza: “Mmmm…. non è cattivo… non è cattivo...”. Il cameriere la prende male. “Ma che è ‘sta faccia? Guarda che è il massimo del complimento che te posso fa’”.

 

AURELIO PICCA - IL PIU' GRANDE CRIMINALE DI ROMA E' STATO AMICO MIO

Il più grande criminale di Roma è stato amico mio (Bompiani), l’ultimo romanzo di Aurelio Picca, è stato candidato al Premio Strega da Edoardo Nesi, uno che l’ha vinto, con entusiasmo e invidia: “Vorrei averla raccontata io, quella vita che sfugge via dalle mani”, ha scritto.

 

I critici italiani hanno parlato di un libro che tocca la “grandezza” (Luca Doninelli), “sacro” (Massimo Onofri), un romanzo che “fa sembrare letteratura per signorini quella delle firme alla moda” (Goffredo Fofi). In altre parole, Picca è un avvenimento della letteratura italiana.

 

“In Francia hanno messo sulla copertina del romanzo la foto in cui tengo la rivoltella puntata contro l’obiettivo. La scattò un mio amico molti anni fa. Vogliono vendermi come lo scrittore maledetto italiano. L’unico maledetto italiano. Che te devo di’? Io ‘li lascio fa’”.

 

coronavirus ospedale di varese

Ha il fisico per sostenere il marchio: sessant’anni, magro, lunga giacca di pelle nera, maglione a collo alto scuro. Ha le parole: solo vita e morte, bene e male, violenza e tenerezza, nulla che non sia essenziale. Eppure, Picca non è un animale che si addomestica facilmente nel cliché.

 

“Il mondo sembrava controllato e controllabile. Poi è arrivato il virus e abbiamo scoperto che tutto in realtà ci sfugge di mano. Le merci non possono più circolare tanto liberamente. Non sai più quando prenoterà il prossimo viaggio. Credevi di essere connesso ventiquattr’ore su ventiquattro e, invece, durante la riunione Zoom ti crolla internet. La gente sta andando fuori di testa.

 

aurelio picca

Non era pronta a entrare in contatto con la propria fragilità. Anni e anni di culto della vittoria e del successo hanno rimosso la debolezza dalla scena mentale. Oggi sta tornando a galla tutta in una volta. Trovarsela di fronte all’improvviso è sconvolgente. La pazzia sta esplodendo. Io la sento: non la pazzia che crea, la pazzia che disturba. La gente è a pezzi. Tutti i frammenti della realtà che non volevamo vedere, e che abbiamo nascosto sotto terra, stanno venendo fuori in maniera violenta”.

 

ansia e stanchezza da lockdown

Per questo c’è chi si rivolta?

Le rivolte sono l’aspetto più appariscente, ma non il più tangibile di quel che sta avvenendo. In piazza, scendono in pochi. Ma c’è una rivolta che non scende in piazza, una rivolta silenziosa, che sta esplodendo nella testa delle persone. C’è chi è diventato ossessivo, chi ha amnesie, chi non riesce più a concentrarsi, chi è facilmente irritabile. Tra le conseguenze del virus non c’è solo il rischio di diventare più poveri: il virus rischia di farci diventare anche psicopatici.

 

MANIFESTAZIONE MASCHERINE TRICOLORE

Li capisce allora quelli che fan casino in piazza?

Non li giustifico, né invito nessuno a imitarli: ci mancherebbe. Dico, però, che l’impulso che provano in una parte di me lo provo anche io. Sono un tipo solitario, ma ora che la solitudine mi è imposta dallo stato ho un moto di ribellione naturale. È un impulso che non assecondo, ma nemmeno rimuovo: lo osservo e dentro di esso percepisco la sofferenza che spinge le persone a dire: “Ora basta, non ce la faccio più”.

aurelio picca

 

Lei come l’affronta?

Lo tengo a bada con la ragione. A Velletri, prenoto da Benito al Bosco un tavolo da cinque e mangio da solo. Vado al mare quando non c’è un’anima. Giro di notte. Questo entra in conflitto con il nuovo Dpcm. Ma sono abituato alle cose difficili. Anzi, sono abituato solo alle cose difficili.

 

Che vuol dire?

Che mio padre è morto a ventotto anni, quando avevo 21 mesi: sono cresciuto con mio nonno, che era un patriarca, e mi ha educato a una sola cosa: il dovere.

 

Non proprio la scuola migliore per la fragilità.

Sbaglia. Io da bambino vedevo le persone morire in casa. C’è qualcosa che educa di più alla vulnerabilità? Oggi i morti si nascondono. È meglio non vederli. Tenerli lontani. È così che l’uomo si è infragilito, nascondendosi che è debole. Nascondendosi, cioè, la verità.

protesta contro le misure anti covid a firenze 4

 

Lei come fa a sostenerla?

Ho passato la giovinezza nei cimiteri. Conosco tutti i camposanti d’Italia. Al cimitero di San Michele a Venezia ci portavo pure le ragazze. Giocavamo ore con i ceri, passeggiavamo davanti alle tombe dei bambini. Trovo che siano dei posti incantevoli.

 

Ma perché le piacciono i cimiteri?

protesta contro le misure anti covid a firenze

Non credo alla psicanalisi, l’idea di cercare le motivazioni profonde dei gesti. Sono troppo emotivo per mettere le cose così razionalmente. I cimiteri… io andavo con mia madre e la tata, che era la serva e l’amante in incognito di mio nonno, e giocavo tutto il tempo circondato da queste donne che mi abbracciavano. Ho ricordi stupendi nel cimitero. Si vede che dentro di me si sono conficcati come frammenti di una sensualità che ricerco in continuazione.

 

Ha già citato suo nonno due volte: perché?

Aurelio Picca

Perché ho vissuto con lui fino ai quattro anni, ma finché non è morto ho sempre sentito sopra di me la forza del suo potere. Non il potere di un padre, che è il potere che dà la regola della vita quotidiana, ma il potere di una mitologia: mitizzato ogni suo racconto e questo lo faceva diventare ai miei occhi sempre più grande. Mi terrorizzava anche quando dovevo salutare per uscire di casa. Rimanevo immobile davanti alla porta fino a quando qualcuno non se ne accorgeva e mi diceva: “Aurelio, guarda che si fa tardi, vai!”.

 

Solitamente, i nonni sono più teneri dei padri.

Mio nonno, no: obbediva alla legge del nome, dalla quale discendeva una visione precisa della famiglia, e un disprezzo del mondo, quando non corrispondeva a ciò che doveva essere. Il giorno in cui sono nato, primo maschio della generazione di discendenti, mio nonno disse: “È nato il toro!”.

 

gli antagonisti devastano torino durante la protesta contro il dpcm 15

Perché il toro?

Perché il toro, nella cultura arcaica, è l’animale potente, quello che procrea, una bestia sacra. Infatti, quando avevo due-tre anni, mi faceva salire sul tavolo e mi ordinava di tirare fuori il pisello e pisciare nei piatti degli zii. “Ecco il toro” diceva. Mi guardava come l’erede simbolico.

 

Quando diventai più grande – avevo ormai diciannove anni – e cominciai ad avere un rapporto diverso con lui, morì. Sentii un terremoto. Perché non era morto solo un uomo che mi aveva fatto da padre. Era franata una mitologia. Era crollato un Impero. Sentivo tremare tutto, dentro e fuori di me.

 

AURELIO PICCA

Eppure, era già abbastanza grande.

È che nella mia vita ho sempre dovuto ricostruire la figura paterna. Mia madre si è sposata in seconde nozze con un altro uomo. Era un comunista rigido, che ha cercato di darmi delle regole e raddrizzare la mia educazione da selvaggio. Ricordo che mi obbligava a mangiare il minestrone, che io detestavo. Piangevo e ingoiavo lacrime e minestrone. Morì quando avevo nove anni. E, alla fine, la mia legge l’ho dovuta trovare nella letteratura.

 

Che significa?

aurelio picca (2)

Che il mio sogno era diventare pittore, ma quando mio nonno morì ho sentito che dovevo fare qualcosa, altrimenti sarei crollato. Io leggevo sempre, ma in maniera disordinata. Da quel momento, la letteratura è diventata la mia regola, la mia disciplina. La scrittura mi ha dato finalmente la legge che non avevo mai avuto. Sono diventato il padre di me stesso e, attraverso la letteratura, ho costruito il mio nome. Ho scritto per rispettare una legge, non per fare carriera.

 

Ma come campa un poeta?

Mi sono laureato in letteratura moderna e contemporanea, ho un diploma da gemmologo e nella vita ho fatto di tutto: il cameriere, il barista, il muratore, il giocatore di biliardo, il pilota di auto veloci. Ho avuto momenti di grande lusso e altri di estrema povertà. Ho comprato le macchine più belle del mondo e sono caduto in disgrazia. Oggi ho il guardaroba più fornito dopo quello di Bryan Ferry e sono senza una lira in tasca.

 

coronavirus ospedale di varese 4

Non mi dica che è un sottoproletario.

Io non ho classe sociale: un uomo che è cresciuto senza una vera famiglia non può avere classe sociale. In compenso, ho tre culture diverse: una repubblicana-rivoluzionaria- mazziniana (mio nonno), una cristiana levantina (mia madre) e una togliattiana (il mio patrigno).

 

Crede anche?

Come si fa a non credere al mistero? Siamo un granello di sabbia nello spazio infinito dell’universo. Quante cose possono succedere nell’infinito? Senz’altro può succedere anche Dio. All’imbocco della maturità, ho sentito Cristo arrivare dentro di me, come l’esempio estremo del coraggio. Credo che, per quanto possiamo negarlo, il dolore che ha testimoniato sia rimasto attaccato nel più profondo di noi stessi.

AURELIO PICCA

 

Ho trovato splendido il suo poemetto “L’Italia è morta, io sono l’Italia”.

È la mia dichiarazione d’amore all’Italia. Non saprei come altro definirlo questo sentimento enorme che provo. Conosco ogni regione, ogni provincia, ogni città di questo Paese. L’ho visitato con l’atlante in mano, fin da quando ero ragazzo, in una deriva psicogeografica. Amo anche i ciottoli delle strade italiane, i muri di pietra, i selciati, le fontane di paese. Amo tutto. Mi dica un posto… la Calabria… lei è calabrese, no? Ecco: amo anche la Calabria, che pure è tutta ’ncocciata.

 

metoo wall street

Qualcuno ha detto che lei è fascista: è vero?

Conosco i nomi e i cognomi, ma non amo fare pettegolezzi. L’han fatto per ferirmi e ne ho sofferto molto. Ma non sono uno di quegli scrittori che tiene gli scheletri dei nonni fascisti negli armadi e poi si proclama ad alta voce comunista, di sinistra, antifascista, con la stessa forza con cui rimuove il proprio passato.

 

Io non sono fascista: è chiaro? Non ho padri fascisti da nascondere nei sottoscala della memoria. Sono commosso dalla tragedia del fascismo, dal modo in cui il popolo italiano ha obbedito al capo e, obbedendo, è andato sbattere: è un sentimento estraneo a ogni adesione.

 

Ama anche il patriarcato?

coronavirus ospedale di varese 1

Ho il mito del patriarcato, ma il patriarcato che ho conosciuto non c’entra niente con il patriarcato di cui parlano le nuove femministe, nate spesso negli anni settanta e ottanta. Credo che la dialettica tra l’uomo e la donna sia l’ultima possibilità di democrazia rimasta. Abolire questa differenza sarebbe errore. Ci darebbe in pasto definitivamente all’uguaglianza capitalistica: che ci rende tutti uguali di fronte al consumo, per poi dividerci meglio davanti alle merci.

 

Non tiri in mezzo il capitalismo. Noi siamo due maschi: hanno ragione o hanno torto le donne quando dicono che noi esercitiamo un potere che le esclude?

Non mi riconosco in questo racconto della realtà. Il mito del patriarcato in cui sono cresciuto è un mito della costruzione, nel quale ogni generazione riconosce a un soggetto della famiglia il compito di guidare e unire tutti gli altri.

AURELIO PICCA

 

In questo racconto, la donna e l’uomo non sono solo due persone di genere sessuale diverso, sono anche i simboli della mascolinità e della femminilità, due poli che sono presenti in ogni uomo e in ogni donna. Io per esempio sono un uomo, ma dui terzi dei miei tratti sono femminili: nel dono, nella sensibilità, nel modo in cui parlo del mio corpo.

 

Se la invitano a un dibattito e ci sono solo uomini va o non va?

Credo che per ogni scrittore, se è un vero scrittore, dovrebbe parlare la sua letteratura. Quando si tirano in ballo questi schemi si entra in un altro ambito, che è quello della falsa politica. Io sono innamorato di Saint-Just e di de Maistre, di Luigi XVI e dei rivoluzionari che gli hanno tagliato la testa, sono convinto che la più grande invenzione dell’illuminismo non sia stata la ragione ma la ghigliottina: un oggetto perfetto. In quale categoria mi metterebbe?

 

Ha detto addio alla giovinezza?

gli antagonisti devastano torino durante la protesta contro il dpcm 2

Non vede quanto sono ancora splendido?

 

Non vuole rispondermi?

No, so che lei allude alla vecchiaia.

 

E allora?

E allora le dico che faccio parte di quella specie di uomini che, col passare degli anni, non è destinata a invecchiare.

 

Quale sarebbe l’alternativa?

Diventare, pian piano, antico.

AURELIO PICCAAURELIO PICCAgli antagonisti devastano torino durante la protesta contro il dpcm 17gli antagonisti devastano torino durante la protesta contro il dpcm 3Aurelio Picca

Ultimi Dagoreport

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…