
BOSSETTI E SOSPETTI: “ANDAI NEL CAMPO DI YARA CON MIA MOGLIE, DEVIANDO IL PERCORSO PER UN’ALTRA DESTINAZIONE. MA FU SOLO PER CURIOSITÀ” - MARTEDÌ L’INTERROGATORIO DAL PM
Giuliana Ubbiali per il “Corriere della Sera”
giuseppe guerinoni e massimo giuseppe bossetti
«Il campo di Chignolo d’Isola dove hanno trovato Yara? Ci sono passato, una sola volta con mia moglie, deviando il percorso per un’altra destinazione. Ma chi, della zona, non c’è andato?». E, ancora: «Quel locale dove dicono andassi a ballare? Non ci ho mai messo piede, hanno sbagliato persona». Poi quelle lampade solari ammesse a metà, «un dettaglio a cui non ho dato importanza».
Da pochi giorni Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere di Mapello in isolamento in carcere con l’accusa dell’omicidio di Yara, può guardare la televisione e leggere i giornali. Ha capito che carabinieri e polizia stanno rivoltando come un guanto la sua vita, che sono emerse delle contraddizioni con la sua versione e che i dettagli non spiegati o detti a metà hanno il valore delle bugie. Così ne ha parlato con i suoi avvocati e ha deciso di spiegare la sua verità al pubblico ministero Letizia Ruggeri.
giovanni bossetti marito di ester arzuffi madre del presunto killer di yara gambirasio
L’interrogatorio è stato fissato per martedì. Salvo colpi di scena, non confesserà nulla «perché non posso ammettere qualcosa che non ho commesso», è il disco fisso di Bossetti. Ed è improbabile che giustifichi come il suo Dna sia finito sugli slip e sui leggings della ragazzina, perché se ci fosse una spiegazione sarebbe l’asso nella manica da rivelare solo a processo. La prospettiva, quindi, è che il carpentiere voglia spiegare più il contorno che il cuore dell’accusa.
Dovrà però fare i conti con il pm, che lo tartasserà di domande. L’indagato era rimasto zitto per due volte, il giorno del fermo (16 giugno) e quello successivo, quando il magistrato aveva ritentato di interrogarlo. Ha parlato solo tre giorni dopo, davanti al giudice delle indagini preliminari, negando su tutta la linea: non ha ucciso Yara, non la conosceva, non sapeva di essere figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, non è uno con i grilli per la testa.
bossetti arrestato per l omicidio di yara gambirasio
Ai suoi avvocati continua a ribadire la stessa versione, dice di essere un uomo tutto cantieri, casa, moglie e i tre figli. Una vita così sempre uguale che il 26 novembre del 2010, giorno dell’omicidio, non ricorda di aver fatto nulla di diverso dal solito. Lavoro, a Palazzago, e ritorno a casa passando per Brembate Sopra, una strada più comoda anche se più lunga.
È la sua verità, mentre polizia e carabinieri stanno sentendo suoi conoscenti, colleghi, amici anche di vecchia data per capire se l’identikit del padre e del marito perfetto corrisponda alla realtà. Nei verbali non sono finite grandi rivelazioni. Agli investigatori, però, è giunta qualche soffiata: Bossetti andava al «Sale e Brasa» di Brignano Gera d’Adda, un locale di musica latino americana a 25 chilometri da Mapello. Lui l’ha letto sui giornali, ma ai suoi legali smentisce. Ha letto anche che nel suo computer ci sono tracce di clic sulle notizie relative al delitto della tredicenne, ma le spiega con la diffusa curiosità per il caso.
Se dirà anche altro al pm resta nel massimo riserbo almeno fino a martedì. «Ha chiesto di essere interrogato e non di rilasciare dichiarazioni spontanee, quindi risponderà alle domande del pm — anticipa l’avvocato Claudio Salvagni, che lo difende insieme alla collega Silvia Gazzetti —. Continuo a ripeterlo: si dichiara innocente e vuole dimostrarlo. L’interrogatorio va visto in quest’ottica collaborativa per far emergere la verità. Bossetti vuole spiegare tutto quello che è in grado di chiarire. E vuole far luce sulle notizie sul suo conto che non sono veritiere».
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Le uscite, le lampade, le serate in pizzeria. Dettagli. Circostanze che si prestano a una doppia lettura. Come il suo cellulare che aggancia la cella di via Natta a Mapello, alle 17.45. La stessa che aggancia Yara un’ora dopo. Ma a Mapello lui abita. O come la calce trovata nei bronchi e sui vestiti della vittima. Riporta al lavoro nei cantieri che è sì lo stesso di Bossetti, ma è anche diffuso in Bergamasca. Per l’accusa sono ulteriori elementi che rafforzano l’indagine, per la difesa hanno invece poco valore probatorio.
La sostanza, però, sta altrove. Nel Dna dell’indagato che coincide con quello di Ignoto 1 isolato da minuscole macchie (di sangue) lasciate sugli indumenti della vittima. È il pilastro dell’accusa e il principale bersaglio della difesa: «Chiederemo che venga ripetuto l’esame del Dna a partire dall’estrapolazione degli indumenti della vittima. Se anche venisse confermato che è lo stesso di Bossetti, si tratta di un indizio e non di una prova».
massimo giuseppe bossetti
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