IL MEJO ROMANZO IN CIRCOLAZIONE? LE INTERCETTAZIONI! - UN DE-GENERE LETTERARIO CHE APPASSIONA PIÙ DELLE “50 SFUMATURE”

Luca Mastrantonio per "Il Corriere della Sera"

Più vera del vero, più letteraria della letteratura. È l'intercettazione telefonica. Strumento di indagine giudiziaria, arma politica contundente, diventato genere letterario. Fino a oggi le intercettazioni ispiravano soprattutto cronaca giudiziaria, gossip e satira, spesso mescolati: da Marco Travaglio, cui sono indispensabili le intercettazioni per i pezzi di umorismo sul «Fatto Quotidiano», a Selvaggia Lucarelli, che su «Libero» leggeva Luigi Bisignani e le sue intercettazioni come «un romanzo di Balzac».

La commedia umana si fa farsa? Forse. Le intercettazioni telefoniche, intanto, sembrano aver conquistato una propria dignità letteraria. Carlo Lucarelli ha lanciato un concorso per Finzioni, la sua «bottega» bolognese di narrazioni, dedicato alle intercettazioni: «Oggi non c'è nulla di più reale delle intercettazioni telefoniche - spiega il giallista in un video sul sito bottegafinzioni.it - un vero e proprio genere letterario, con i suoi stili e registri diversi, dalla chiacchiera confidenziale alle comunicazioni ufficiali»; sono «frammenti di storie molto più grandi, in cui l'inizio e la fine sono soltanto intuibili».

Carlo Lucarelli invita i giovani aspiranti scrittori a inviare le loro «intercettazioni impossibili» immaginate tra personaggi famosi «esistenti, esistiti o anche solo inventati da grandi autori». Ecco, dice Carlo Lucarelli, inventare intercettazioni ad esempio «tra Alessandro Magno e Obama, sarebbe un bel mondo per reinventare la realtà».

Il primo classificato (magari con una dantesca Beatrice a colloquio con Ruby) vincerà una borsa annuale per il corso di non-fiction; mentre i primi dieci faranno parte di un progetto radiofonico, che ricorda le Interviste impossibili da cui Giorgio Manganelli trasse un bel libro (riedito per Adelphi).

A questa «canonizzazione» recente s'è arrivati dopo una battaglia tra scrittori, scoppiata nel 2010 per il ddl di Angelino Alfano, noto come «legge bavaglio». Per alcuni le intercettazioni sono indispensabili, per altri è solo fango: «la Repubblica» lanciò l'appello in difesa delle intercettazioni, firmato tra gli altri da Giancarlo De Cataldo, Niccolò Ammaniti, Tiziano Scarpa e Nicola Lagioia; «il Foglio» rispose con una difesa della privacy sostenuta da Carmen Llera, Raffaele La Capria, Giampaolo Pansa, Umberto Silva, Giovanni Russo.

Roberto Saviano scrisse (su «Repubblica») che senza l'uso libero delle intercettazioni non avrebbe mai scritto Gomorra: «Non avrei potuto registrare molte delle testimonianze che ho raccolto senza l'esplicito consenso del mio interlocutore». All'opposto, Susanna Tamaro (sul «Corriere» e poi sul settimanale «Tempi») attaccò l'abuso delle intercettazioni quale «perverso piacere di vedere distrutta la vita altrui. È il gusto sottile della gogna, il macabro rito della ghigliottina».

Ma le intercettazioni ormai sono usate anche da un autore estraneo alle chiassose battaglie politiche: Walter Siti. Sabato scorso a Milano, durante un reading di Bookcity, ha letto brani inediti del suo prossimo romanzo, Exit strategy .

Incastonati nella sua prosa, a esprimere il verboso ronzio elettromagnetico di questi anni, il pubblico ha riconosciuto note tracce telefoniche: come «la patonza deve girare», di un Silvio Berlusconi intercettato a colloquio con uno dei suoi «faccendieri magnaccia»; o le scuse rivolte a Marysthell Polanco: «Sulle gemelle hai tu la precedenza, però stasera vado a letto presto amore, mi fa anche male la pancia».

Nel regno della letteratura, che è al di là del bene e del male, le intercettazioni sono incise e eseguite come solchi del nostro immaginario collettivo; che è diventato anche sonoro.

 

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