1. DAI BAR DI VENEZIA AI BARCAIOLI DI CAPRI, DAI PATACCARI ROMANI CHE FREQUENTANO IL FORO AI CICERONI ABUSIVI DI POMPEI, IL TURISTA E’ SOLO UN POLLO DA SPENNARE 2. A NAPOLI UN AVVENTORE HA PAGATO PERFINO (80 CENTESIMI) IL SALE PER LA SUA BIRRA… 3. L’EX SINDACO CACCIARI DEFINISCE “INUTILE” LA POLEMICA: “È NOTO E OVVIO CHE IN PIAZZA SAN MARCO SI PAGA DI PIÙ: SONO PREZZI D'ECCEZIONE PER CAFFÈ D'ECCEZIONE”

1-LO SFRUTTAMENTO DEL VIAGGIATORE, NON SOLO IN LAGUNA
Stefano Malatesta per La Repubblica

I proprietari di bar veneziani hanno in comune con i conducenti di carrozzelle a Napoli, con le guide del Vesuvio, con i barcaioli di Marina Grande e Marina Piccola a Capri, con i pataccari romani che frequentano il Foro, con i ciceroni abusivi di Pompei e con i finti corallari della Sardegna che comprano il corallo altrove facendo finta che sia quello pregiato di Santa Teresa di Gallura, una caratteristica che chiamerei mongola.

Come le armate di Jangis Khan ammazzavano tutti gli abitanti delle città che avevano rifiutato di arrendersi, compresi cani e gatti, così queste categorie che vivono del turismo, ma che lo intendono malamente, non lasciano superstiti quando s'imbattono in un gruppo di turisti che dimostrano di avere qualche soldo in più da spendere. E sono tutti solidali nello sfruttare le buone occasioni "fino all'osso" in modo da compensare e di far spendere quello che tutti gli altri turisti non spendono.

In Italia da anni c'è una nobile gara tra i turisti tirchi fino alla miserabilità, che non tirano fuori un euro nemmeno sotto tortura e che sono dei grandi frequentatori di bar dove chiedono un bicchiere d'acqua del rubinetto, quella che non si paga, e i gestori di locali pubblici che si vendicano dei "non spender", piazzando trappole dappertutto.

Fuori d'Italia i turisti sono difesi da tariffe che regolano qualsiasi attività cittadina: non solo i taxi, ma anche i ristoranti, i bar e tutti i locali pubblici, i prezzi devono essere esposti a chiare lettere. E se qualcuno pensa di essere stato derubato da un commerciante o da una guida ci sono innumerevoli uffici dove il turista può presentare il reclamo con successo.

Certamente anche all'estero ci sono dei caffè costosi: chi va a Vienna e si mette seduto da "Demel", la leggendaria pasticceria nella Michaeler Plaz, si trova a pagare un conto iperbolico per aver preso due tè e altrettante fette di torta Sacher, migliore di quella che fanno all'Hotel Sacher. Ma è un caso eccezionale. E sempre a Vienna, se uno va la sera al Caffè Havelka è sicuro che verso mezzanotte mangerà delle deliziose piccole bombe fritte che la gestione regala come omaggio ai clienti.

In Italia questo controllo sui prezzi non esiste o il guidatore di carrozzelle può chiedere delle cifre che sono sempre molto superiori al servizio offerto. C'è una volontà di "borseggiare" i turisti in rapporto uguale e contrario alla tenacia dei turisti di andare avanti a forza di panini. È una nobile gara tra i viaggiatori che vogliono spendere pochissimo o quasi nulla e i nostri esercenti che cercano di estorcere un prezzo doppio o triplo, quando c'è un minimo di possibilità che il viaggiatore non si renda conto di essere borseggiato.

Ma Venezia è un caso limite: francamente è molto triste vedere come i veneziani, che hanno costruito la più affascinante città del mondo e che era a capo di un Impero marittimo, si siano ridotti per la maggior parte a gestire delle botteghe, mettendo nel conto la gloria passata e la bellezza di una città in decadenza.

2- L'ESTATE DEGLI SCONTRINI CHOC - CACCIARI: OVVIO CHE LÌ SI PAGHI
Melania Di Giacomo e Elena Tebano per il Corriere della Sera

Non è dato sapere se Richard Wagner, che durante i suoi soggiorni a Venezia frequentava tutti i giorni il Caffè Lavena, si sia mai lamentato per i prezzi. Di certo lo hanno fatto i sette turisti romani che sabato scorso, dopo aver bevuto ai tavolini affacciati su piazza San Marco, si sono visti chiedere 100 euro per quattro caffè (uno era corretto) e tre amari. A far lievitare lo scontrino anche il supplemento musica, sei euro a testa, pagato pure da chi si è seduto senza consumare.

«Dovevano chiedere i prezzi prima», dice l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che definisce «inutile» la polemica: «È noto che in piazza San Marco si paga di più: sono prezzi d'eccezione per caffè d'eccezione», aggiunge. Eppure tornata la stagione turistica, tornano anche gli scontri su i conti «pesanti» nei luoghi più belli d'Italia.

Stavolta la sorpresa è arrivata per un gruppo di italiani, ma a farne le spese sono soprattutto gli stranieri: è finito anche sui giornali inglesi il caso dei quattro britannici che a maggio, dietro piazza di Spagna, hanno pagato 64 euro per quattro coni gelato (16 euro l'uno). E la stampa italiana aveva dato spazio alla ripicca di due clienti dello storico bar Rosati di piazza del Popolo che per due caffè e una bottiglietta d'acqua hanno speso più di 17 euro. Una brutta sorpresa, anche se i prezzi erano esposti.

Il sito TripAdvisor poi è pieno di recensioni che accusano di «truffa» i bar acchiappaturisti italiani. Tra quelli finiti nel mirino dei recensori, il Bar Amore, in via Cavour a Roma: «Dopo che ci hanno presentato un conto da 42 euro per quattro Sprite e un'acqua, abbiamo pensato che fosse uno scherzo, ma ci hanno informato che non c'erano errori», scrive RyanKyle, di Derry, in Gran Bretagna, che è stato nel locale a luglio.

E c'è chi a Napoli si è visto addebitare 80 centesimi per il sale consumato insieme alla birra: «Devo dedurre, che ai tempi della crisi, vale quasi quanto l'oro. Un pizzico, neanche un grammo per 80 centesimi. Fanno più di 800 euro al chilo», ha denunciato a giugno al quotidiano Il Mattino un cliente della Brasserie di via Barbaglio. In questo caso il gestore ha replicato che c'era stato «un errore del computer», e che sarebbe bastato farlo notare per vedere annullato l'addebito.

Non è andata così ai clienti del Caffè Lavena, che dopo essersi lamentati invano con il personale, per protesta hanno postato lo scontrino su Facebook. «Era tutto nel listino - replica Massimo Milanese, direttore del locale -. Se trovavano i prezzi troppo alti, potevano alzarsi e andarsene, come hanno fatto molte persone prima di loro. Oppure prendere il caffè al banco, dove costa un euro», dice.

«Quando scegli di andare in un posto di lusso, paghi per un posto di lusso: quelli in piazza San Marco sono i caffè più antichi del mondo. La gente spende altrettanto per bere ad Abu Dhabi, in un albergo nuovo, e non si lamenta», gli dà man forte Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto.

Ma il caro-estate fa rabbia non solo ai comuni mortali. Nell'entourage del miliardario Roman Abramovich hanno sgranato gli occhi alla vista del conto per due giorni in mare, a inizio agosto, tra Amalfi e Positano: 2.200 euro alla voce «sicurezza» per il super yacht Eclipse. A bordo il figlio del magnate russo, Arkadij, e la sua fidanzata. Alle navi commerciali (categoria in cui rientrano alcuni panfili) da quest'estate viene imposto un servizio di sicurezza privato.

Ma il prezzo è diverso da zona a zona, come spiega Francesco Luise, broker napoletano cui si rivolgono i vip per i loro yacht: «Se vogliono avvicinarsi alla costa per andare al ristorante a Positano devono pagare queste cifre. E ho difficoltà a spiegare una spesa di cui non capiscono la ragione. Tanto più che a Capri costa molto meno, un centesimo l'ora».

Quello di Abramovich non è stato nemmeno il conto più salato: lo stesso è toccato Larry Allison, patron della Oracle, il colosso dei software, che è stato in Costiera a fine luglio, e il record - oltre 7 mila euro - spetta a multimilionario la cui privacy è tutelata dal broker.

 

 

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