cimitero di palermo

E IL TRAPASSATO DOVE LO METTO? - EMERGENZA AL CIMITERO DI PALERMO: CI SONO 800 BARE ACCATASTATE E NESSUNO SA COSA FARNE - MANCANO GLI SPAZI E IL FORNO CREMATORIO È GUASTO DA MESI: OGNI GIORNO SI ACCUMULANO 50 FERETRI - MEGLIO NON MORIRE A PALERMO SE NON SI HA LA FORTUNA DI UNA SEPOLTURA GENTILIZIA O DI QUALCHE MIGLIAIO DI EURO IN TASCA PER COMPRARE UN LOCULO NEL CIMITERO PRIVATO DI SANT'ORSOLA - IL SINDACO ORLANDO: "LA RESPONSABILITÀ È MIA"

Laura Anello per “la Stampa”

 

CIMITERO DI PALERMO

A Nicolò Cricchio, nato il 14 gennaio del 1924 e morto il 15 gennaio 2021, è andata bene: in vita perché è riuscito a festeggiare ben 96 primavere, e in morte perché sta nel deposito di serie A. La bara è a terra, d'accordo, sul pavimento nudo, ma al coperto e all'asciutto nella sala restaurata e intitolata «al sindaco del rinnovamento Pietro Bonanno» - recita la lapide - le cui spoglie furono custodite qui per cinquant' anni. Lui era in beata solitudine, mentre adesso Nicolò è in folta compagnia, stipato insieme con altre centinaia di bare, una sull'altra in attesa della sepoltura impossibile.

 

C'è Gaetana Palumbo, una veterana, in attesa di una tomba dal 21 agosto 2020, così come Lidia Arnone, o Michele Gulizzi, che aspetta dal settembre, e da allora sorride da una fotografia provvisoria su un cartello delle pompe funebri dove lo si rassicura del fatto che «la sua cara memoria rivivrà eternamente nell'animo di quanti lo conobbero e gli vollero bene». Vietato morire, a Palermo. Vietato morire se non hai la fortuna di una sepoltura gentilizia o di qualche migliaio di euro in tasca per comprare un loculo nel cimitero privato di Sant' Orsola.

 

CIMITERO DI PALERMO

Per tutti gli altri c'è un'attesa senza fine - prologo dell'eternità - in una delle centinaia di bare accatastate in ogni spazio libero dello storico camposanto comunale di Santa Maria dei Rotoli, tra un costone pericolante del Monte Pellegrino e l'azzurro del mare. Sono ottocento, un esercito di defunti insepolti che si ingrossa di cinquanta nuovi arrivi al giorno e che - complici i morti del Covid - a giugno si prevede arrivi a duemila. «Ma dove li dovremo mettere?» dice un necroforo, sguardo candido come la tutona bianca che indossa. Già, dove?

 

Sono finiti i posti, pure quelli nella terra nuda. E ogni acquisto di piccoli loculi prefabbricati è poca cosa, come svuotare l'oceano con il cucchiaino. Da vent' anni gli uffici si rimpallano il progetto di un nuovo cimitero nella borgata di Ciaculli - terra di manderineti diventata famosa per la famiglia mafiosa di Michele Greco, il "papa" di Cosa Nostra - ma adesso che l'emergenza è esplosa l'amministrazione ha realizzato che ha solo quindici milioni di euro in cassa quando ne servirebbero ottanta. Leoluca Orlando, il sindaco-icona che ha riaperto il Teatro Massimo chiuso per 23 anni che ha convertito il terrapieno brullo del lungomare in un immenso prato verde, non è riuscito a dare un cimitero ai suoi cittadini. In consiglio comunale, non ha potuto che assumersi personalmente la responsabilità: «È colpa mia».

CIMITERO DI PALERMO

 

Sì, perché all'ennesimo assessore liquidato, all'ennesimo dirigente fatto ruotare, all'ennesima inchiesta sulla corruzione dei dipendenti o sulle infiltrazioni malavitose, Orlando a luglio scorso ha preso l'interim sui cimiteri. Ci ha messo la faccia. Ma neanche questo è bastato a garantire ai palermitani una sepoltura degna, paradosso per una città che ai morti dedica pure una festa - il 2 novembre - con tanto di regali, dolci tipici e tradizioni.

 

La città che custodisce, nelle sue Catacombe dei Cappuccini, quella che è stata definita la mummia più bella del mondo, la piccola Rosalia, morta a due anni e ancora intatta, curata come una bambola. Primi Novecento, gli anni in cui - racconta lo studioso di mummie Dario Piombino Pascali, conservatore ai Cappuccini - «il siciliano Alfredo Salafia aveva inventato la formula con cui eternare gli uomini e le donne, e l'aveva esportata perfino negli Stati Uniti». Poi vennero le guerre, con le loro carneficine, e la cura dei morti (di coloro che se lo potevano permettere) passò in secondo piano. Erano troppi.

LEOLUCA ORLANDO

 

Sembra un passato remoto, mentre si percorre il viale del cimitero che porta a monte e si incrociano due giganteschi gazebo bianchi dove sono accatastate centinaia di casse. Effetto straniante: la luce della primavera, i gazebo che evocano cocktail in riva al mare e sotto i morti. I più fortunati hanno i feretri collocati su ripiani di metallo, gli altri stanno a terra, e la speranza è che non piova.

 

Sulla bara di Giovanna Vitale, nata nel 1944 e morta tre mesi fa, c'è una scritta che appare un auspicio: «Salma per inumazione al cimitero dei Rotoli», accanto c'è Giuseppe Giuliano, vissuto neanche trent' anni e da uno in attesa di sepoltura. E poi gli ultimi, ancora pieni di fiori freschi e di cuori, di cartoncini colorati. A Giuseppe Caccamo - cui tocca a terra uno strapuntino - hanno portato perfino una piccola colomba pasquale. Nel suo cartone, chiusa, nessuna la mangerà. D'altronde, anche i Greci e gli antichi romani lasciavano cibo per i morti. Li guardi, uno dopo l'altro, questi occhi che sorridono dalle fotografie, e pensi alle braccia che li hanno accolti quando sono nati. Culle, corredi, regali, feste, parenti. Adesso sono disperatamente soli. -

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