
FELTRI IN DELIQUIO PER IL LIBRO DI TERESA CIABATTI, CANDIDATO ALLO STREGA – FAMIGLIE DIVERSE: ''QUELLA DELLA PROTAGONISTA DEL LIBRO IMMERSA NELLA MASSONERIA AMERICANA I SEGRETI DI MIO PADRE, AL MASSIMO, ERANO QUALCHE BOTTIGLIA IN CANTINA''
Vittorio Feltri per Libero Quotidiano
L' esordio di Anna Karenina è famoso. Tolstoj scrive: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. Tutto era sottosopra in casa degli Oblònskije». Dunque quella famiglia era infelice, era sottosopra. Era, appunto, da romanzo. Il romanzo di Teresa Ciabatti ribalta, nel suo piccolo, la legge universale del grande russo. Si deve raccontare, quando si hanno 44 anni, l' imbroglio delle famiglie felici. Se a 44 anni si è il frutto di quell' albero così frondoso, robusto, ammirato, e quel frutto non matura mai, e dentro si è un guazzabuglio, direbbe Manzoni, un casino, dice la Ciabatti, vuol dire che quella famiglia ha dentro di sé una oscurità, un mistero amaro.
Eppure la famiglia Ciabatti è felice, ricca, quieta, ordinata, plasmata dalla figura gigantesca del Professore (Lorenzo Ciabatti, primario ad Orbetello, ma non inganni la dimensione provinciale, lì c' è il grumo nero del Potere). Il Professore getta il suo manto sulla realtà, con la forza del suo anello d' oro dotato di gigantesco zaffiro e i segni del compasso incisi a dire cose esoteriche.
Teresa, la pupilla, la prediletta, La più amata è incastonata anch' essa come una pietra lucente dentro la pace di piscine, onori, prime file, come Gertrude, la futura monaca di Monza, solo che accetti il suo destino. Quale? È nella testa del padre, ma qualunque esso sia è inteso che sarà meraviglioso e non ci si potrà ribellare. È la principessa, l' unica creatura che può giocare con quell' anello. Com' era dunque la famiglia di Teresa Ciabatti e del Professore? Felice come dice l' apparenza delle cose? Di colpo è necessario un paragone: e la nostra, di famiglia?
edoardo albinati vince il premio strega 2016
Ecco, la nostra? Non ho mai letto nella letteratura italiana contemporanea nulla di più intimamente doloroso e sanguinante di queste pagine. Mi hanno costretto a ripensare alla mia formazione, ai rapporti con mio padre e mia madre, al confronto-scontro con il guscio in cui siamo nati. E che becchiamo da bambini, e cerchiamo di rompere da adolescenti per tirar fuori la testolina e aggirarci per il mondo senza più involucri o legami. Invece quei legami non si sciolgono mai. Noi siamo intrisi di chi ci ha fatti. E la libertà di essere diversi è sempre costretta a fare i conti con quell' impronta. Nascere è un processo che dura tutta la vita e si confonde con il desiderio di morire.
A questo punto, debbo una spiegazione. Replico alla obiezione dei lettori che pazienti mi hanno seguito fin qui, forse ritengono mi sia allargato un po' troppo. Come Berlusconi che - diceva Enzo Biagi - «se avesse una puntina di tette farebbe anche l' annunciatrice», così io mi sarei messo in testa l' alloro finto di critico letterario. Tranquilli. Ho già fatto quello cinematografico in gioventù, ed è più probabile che in futuro faccia il critico delle badanti romene o ucraine che il recensore di poesie.
Bisogna pur uscire talvolta dall' orto della politica che disgusta me quanto voi, e riscoprire, grazie a un buon libro, l' esistenza di qualche valletta fresca fuori mano dal chiasso delle cronache, dell' islam e del tedeschellum. E addirittura provare non dico a pensare, dato che è una attività di cui si è preso l' esclusiva Eugenio Scalfari, ma almeno a illudersi di farlo.
È accaduto che un amico mi ha messo in mano un volume, tinta dominante della copertina il verde scuro di un bordo piscina americano, dicendomi con noncuranza: «Questa qui vince lo Strega». Questa qui è, appunto, Teresa Ciabatti; il romanzo è La più amata (Mondadori, pp. 219, euro 18). Diffido dei premi. Sono migliaia. E sono ancora di più gli articoli che ne dimostrano l' inutilità o addirittura la perversità.
Superata la diffidenza, mi sono ritrovato dentro un romanzo-non-romanzo. L' autrice, di cui si sente dopo un capitolo la necessità di vederne la foto sul risvolto di copertina, racconta la sua vita. Il tema è quello. Soprattutto il rapporto con il padre. Cerca per tutte le pagine di capire chi fosse. Alla fine non vuole. Fornisce al lettore elementi per andare avanti nella scoperta, magari per ricavarci un' inchiesta giornalistica - la centesima - sui misteri d' Italia, su Licio Gelli, il golpe Borghese, eccetera (cose che a me annoiano quasi quanto la strage di Ustica), ma il centro dell' ambaradan, la cosa più reale di tutte, è il dolore di essere figlia, il dolore di vivere, eppure voler vivere.
Detta così, mi rendo conto, la prospettiva ha il fascino di una lettura sinottica degli emendamenti alla legge elettorale, però l' esperienza è diversa. Equivale allo scendere da una rapida di torrente canadese in canoa. Ovviamente non l' ho mai fatto nella realtà e non ci penso neanche, ma gli spruzzi di acqua gelata, l' impressione di essere sbattuti sulle rocce, e invece procedere, rischiare e raschiare il gomito contro un sasso e ferirsi senza mollare: questo è il sunto del mio cimento notturno tra le righe.
Non ho avuto una famiglia ricca, potente. Il segreto che nascondeva mio papà al massimo era qualche bottiglia in cantina. Nessuna frequentazione non dico con la massoneria americana - come il Professore padre di Teresa -, ma neanche con la succursale di una confraternita del Santissimo Sacramento.
Di certo le relazioni inquietanti, i rapimenti durati una notte del padre, la madre addormentata per un anno e non certo risvegliata dal bacio del principe, rendono la trama più agitata rispetto alle cronache familiari della maggioranza dei lettori presenti e futuri dell' opera. Eppure questa è solo l' apparenza. Esistono mondi in noi e accanto a noi inesplorati. Ci sono affetti, rimorsi, pretese, incompiutezze, durezze e dolcezze che non meritano la nostra distrazione perenne. In casa, sul lavoro, tra amici. Sono cose importanti. In fondo sono tutto.
Teresa Ciabatti, magari proprio grazie al suo stile che a me - che vengo da un' altra epoca - pare un po' troppo volutamente sciabattato, senza virgolette, sincopato, con cambi di soggetto stralunati; Teresa Ciabatti mi ha trascinato nella mia isola sconosciuta. Grazie.