SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO – LA SCRITTRICE TONI MORRISON SU FERGUSON: “LE COSE CON OBAMA SONO PEGGIORATE, UNA CERTA AMERICA BIANCA, VECCHIA E CONSERVATRICE È USCITA DALLA TANA E STRILLA PER FARSI SENTIRE” – OBAMA? UN “MEZZO BIANCO”
1. OBAMA PRESIDENTE HA DIVISO GLI ANIMI E TUTTO È PEGGIORATO
Alessandra Farkas per il “Corriere della Sera”
«Non sono affatto stupita da questa iniqua sentenza perché nella storia americana è da sempre difficile ottenere un’incriminazione contro un poliziotto. Su oltre 2 mila casi è accaduto solo 11 volte». Al telefono dalla sua casa a Nord di Manhattan Toni Morrison, Premio Nobel per la letteratura nel 1993, riflette sulle implicazioni del verdetto di Ferguson in un’America che a 51 anni dalla marcia su Washington di Martin Luther King Jr. e a 47 dagli scontri di Detroit, non ha ancora risolto il dilemma razziale.
barack obama incontra aung san suu kyi 18
«Il giorno in cui mi diranno che un poliziotto ha sparato alle spalle di un giovane bianco, saprò che il razzismo della polizia è un cimelio del passato», afferma in tono provocatorio l’83enne scrittrice americana che meglio di ogni altra ha esplorato la questione razziale in best-seller quali L’Occhio più azzurro , Amatissima e Canto di Salomone , editi in Italia da Frassinelli. «Come si fa a spiegare ai nostri figli e nipoti che nell’America del 2015 si può ancora morire a causa del colore della pelle?».
Molti si aspettavano qualcosa di diverso nell’era obamiana.
«L’arrivo di Obama alla Casa Bianca ha peggiorato enormemente le cose. Una certa America bianca, vecchia e conservatrice è terrorizzata dal fatto che il leader più influente del pianeta sia un nero che vede come una minaccia assoluta al suo potere e alla sua stessa sopravvivenza. Questa gente è uscita dalla tana e strilla per farsi sentire».
Sono abbastanza numerosi da mettere in discussione il melting pot su cui si basa il mito americano?
«I razzisti che in qualche modo continuano ad ispirarsi al Ku Klux Klan sono circa il 20% della popolazione. Ma i veri linciaggi oggi sono di natura politica e accadono tutti i giorni nelle aule del Congresso Usa dove contro il nero Obama vengono mosse le accuse più incredibili ed astiose, unite a continue minacce di impeachment e querela. Per non parlare poi del numero record di pazzi arrestati mentre tentano di entrare armati alla Casa Bianca».
Che cosa deve fare l’America per abbattere una volta e per sempre il cancro razzista?
«Il cambiamento, come ha indicato lo stesso presidente Obama nel suo discorso a caldo post-verdetto, può venire solo attraverso mezzi politici. Servono più candidati neri eletti nelle aeree critiche del Paese, soprattutto a Sud. E comunque la morte di Michael Brown è ormai destinata a diventare un evento chiave nella storia dei diritti civili, come l’assassinio di Emmett Till».
Che cosa intende dire?
«Till era un 14enne afroamericano che nell’agosto del 1955 venne brutalmente assassinato per motivi razziali nella cittadina di Money, in Mississippi. Sua madre reclamò per il figlio una cerimonia funebre pubblica, con la bara aperta, perché tutti potessero vedere come il ragazzo fosse stato torturato e assassinato: era stato picchiato, gli era stato cavato un occhio, gli avevano sparato e l’avevano infine gettato nel fiume Tallahatchie con legata al collo una pala per la lavorazione del cotone e del filo spinato. I principali sospettati vennero assolti, ma in seguito ammisero di aver commesso il crimine».
saccheggi nei negozi di ferguson
Sente anche lei di condividere il sentimento di rabbia e indignazione espresso oggi da tanti afro-americani?
«Io provo soprattutto fiducia e ottimismo in un futuro diverso e migliore. Lo dico dopo aver visto i volti puliti e coraggiosi di migliaia di americani, tantissimi bianchi, che sono scesi in piazza a New York, Oakland, Los Angeles e Filadelfia per protestare contro la militarizzazione della polizia che spara per uccidere. La mia speranza è riposta in questi giovani così diversi dai loro padri e nonni. Al contrario del passato, anche i media oggi sono in prima fila nel fornirci la cronaca diretta, giorno per giorno, di tutti i Brown uccisi nelle strade d’America».
saccheggi nei negozi di ferguson
2. SENZA LAVORO E PIÙ EMARGINATI - NEANCHE OBAMA RICUCE COI NERI
IL PRIMO PRESIDENTE DI COLORE NON È RIUSCITO A ELIMINARE I PROBLEMI RAZZIALI
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
L’Isis ha offerto asilo politico ai neri americani. D’accordo, sono i soliti provocatori e criminali. Nella loro offesa, però, c’è un punto, che si legge anche nelle manifestazioni spontanee scoppiate lunedì sera un po’ in tutti gli Stati Uniti, da New York a Beverly Hills. La razza continua a essere il principale elemento di divisione fra gli americani, e lo scontro sembra essere peggiorato durante il mandato del primo presidente nero nella storia della Casa Bianca.
Poco dopo il verdetto del Grand Jury, Obama si è rivolto al Paese per dire due cose. Primo: la decisione può non piacervi, e avete tutto il diritto di manifestare la vostra rabbia, ma dovete farlo in maniera pacifica. Secondo: il problema razziale resta, impedisce all’America di sviluppare a pieno le sue potenzialità, e va affrontato con un dibattito nazionale.
È stato ascoltato così poco, che mentre parlava le tv già mandavano in onda le immagini dei violenti che sfondavano le auto della polizia, saccheggiavano e incendiavano i negozi. Naturalmente non c’è giustificazione per questo genere di comportamenti, ma dietro c’è una rabbia che va oltre l’episodio dell’uccisione di Michael Brown.
Per dimostrare l’emergenza, bastano un paio di dati. A ottobre la disoccupazione è scesa negli Stati Uniti al 5,8%, ma tra i neri è ancora al 10,9%, ossia circa il doppio. Ogni anno nel Paese avvengono circa mille «omicidi giustificabili», come li chiama la polizia, dove in sostanza viene ucciso qualcuno per errore. La maggior parte colpisce gli afroamericani, come ha dimostrato non solo il caso di Brown, che non era un angelo ma era disarmato, ma anche quello del dodicenne ammazzato sabato a Cleveland perché aveva in mano una pistola giocattolo.
Il primo problema ha cause ataviche, che risalgono fino all’epoca dello schiavismo. I neri naturalmente hanno la loro parte di responsabilità per le occasioni perse, ad esempio se si paragona il loro successo economico e sociale a quello di altre minoranze, tipo quella asiatica o ispanica. Però basta sapere che dal 1930 al 1960 agli afroamericani venivano negati persino i mutui per la casa, come ha documentato Ta-Nehisi Coates su Atlantic, per capire come quando parti così in basso è sempre molto difficile risalire.
Il secondo problema, invece, si spiega con le parole dell’ex sindaco di New York Giuliani: «Nei vostri quartieri non ci sarebbero così tanti poliziotti bianchi, se voi neri non vi ammazzaste in continuazione tra di voi». È vero, nel senso che la maggior parte degli afroamericani vittime di violenze vengono colpiti da altri afroamericani, ma il razzismo della dichiarazione di Rudy è così evidente che non serve indagare oltre il pregiudizio razziale esistente fra le forze dell’ordine.
Obama ha potuto fare poco, per la stessa natura della sua storia. Ogni volta che ha aperto bocca su questi temi è stato attaccato, anche quando ha criticato l’arresto di un professore nero di Harvard che era stato fermato mentre cercava di forzare l’ingresso nella sua stessa casa, o quando ha detto che il giovane Trayvon Martin ammazzato in Florida da un vigilantes poteva essere suo figlio. L’ex professore di Princeton Cornel West non gli ha mai perdonato tanta prudenza: «È diventato la mascotte nera degli oligarchi di Wall Street, il pupazzo di colore dei plutocrati». Inutile la risposta che gli ha dato il reverendo nero Al Sharpton: «È la prima volta che in questo Paese abbiamo un presidente afroamericano.
Lui non è il presidente degli afroamericani». Del resto la stessa comunità nera ha sempre visto con sospetto Barack, perché non veniva dal ghetto, ma da un padre economista africano e da una madre bianca. Non era un vero nero, e la sua elezione non poteva avere un effetto catartico automatico, mentre per i bianchi razzisti era fin troppo nero, e andava boicottato a tutti i costi. Ferguson è anche il risultato di queste contraddizioni.