JOLLY NERO: SALPATA NONOSTANTE UN GUASTO AL SISTEMA DI COMUNICAZIONE - UN CAVO TRANCIATO E LE DUE VERSIONI DALLA PLANCIA DI COMANDO

1-QUELLA NAVE AVEVA UN GUASTO MA E' PARTITA COMUNQUE
Ferruccio Sansa per "Il Fatto Quotidiano"

La Jolly Nero sarebbe salpata nonostante un guasto: un mal-funzionamento al sistema di comunicazione tra plancia e sala macchine. "Forse al telegrafo di bordo che trasmette le decisioni prese in plancia nella sala macchine", ipotizza un investigatore. Aggiunge: "È un guasto banale. Capita che una nave possa partire ugualmente". Ma quel guasto potrebbe aver provocato incomprensioni nei momenti decisivi, forse ingenerando un errore o aggiungendosi, chissà, a un malfunzionamento del sistema di inversione della spinta.

Sono le 22,45 di martedì quando la Jolly procede in retromarcia per poi virare di prua. In plancia il comandante Roberto Paoloni e il pilota Antonio Anfossi starebbero utilizzando due walkie talkie per comunicare con la sala macchine. Capita, ma la procedura inusuale potrebbe aver fatto perdere secondi decisivi.

Di sicuro la situazione sfugge di mano, come ha raccontando anche al Tgcom, Marco Ghiglino, comandante del rimorchiatore Genoa che seguiva la Jolly: "Abbiamo visto che la nave era vicina al molo. Allora abbiamo spostato i due rimorchiatori agli estremi, abbiamo tentato disperatamente di farla girare. Ci abbiamo messo tutta la nostra forza... anche di più... abbiamo rischiato di restare schiacciati... ma non è servito a niente.

Sono gli istanti registrati dalla comunicazione dei rimorchiatori con la nave: "Non c'è acqua, che fate?". Dal ponte di comando un urlo disperato: "Non ho le macchine, avaria".

Poi, Ghiglino chiude gli occhi come se non volesse rivedere: "Abbiamo visto il crollo in diretta, prima la palazzina, poi la torre. Roba di secondi. Ma noi sapevamo che lassù c'erano degli amici".

Ora i periti dovranno capire se il destino si sia aggrappato a quel guasto, trasformandolo da piccola cosa in causa di una tragedia che ha provocato 7 morti, due dispersi e quattro feriti.

Tutta Genova aspetta risposte. Con dolore e rabbia che comincia ad affiorare, soprattutto tra la gente del porto. Lo si è visto ieri: in piazza Matteotti migliaia di persone si sono raccolte per ricordare le vittime. Operai del porto in tuta da lavoro, cittadini, autorità.

C'erano anche i fratelli Messina, gli armatori: in disparte, dritti in silenzio: "Questo è il momento del dolore". Nessuna contestazione per loro. Ma intorno al palco sì. Prima parla il sindaco Marco Doria, racconta con voce commossa la notte della tragedia, la nuvola di polvere che ha inghiottito la torre e nove vite. Un applauso accoglie il suo discorso. Poi la parola passa a Ivano Bosco, segretario della Cgil, e sotto il palco cominciano ad agitarsi.


Infine tocca a monsignor Luigi Molinari, responsabile diocesano per il lavoro. Ma non riesce a parlare. Il mormorio diventa urla: "Vergogna". E poi: "Noi vogliamo i lavoratori". Finché nella concitazione generale due operai, Carlo e Giorgio, conquistano il palco: "Noi lavoratori ci troviamo in una situazione in cui il profitto prevale sulla sicurezza... Noi dobbiamo essere protetti dai sindacati che ieri volevano sospendere lo sciopero a mezzogiorno". Un messaggio che punta il dito contro il "teatrino dei sindacati".

Quando la folla si allontana l'aria è plumbea. Doria è duro: "L'iniziativa era organizzata dalle istituzioni, ma i lavoratori hanno avuto modo di parlare, anche attraverso un sindacalista che è lavoratore portuale. Mi è sembrato un comportamento che, tra l'altro, delegittima i sindacati". Ivano Bosco è più secco: "Tanti lavoratori in piazza avrebbero potuto parlare a pari titolo. Quelli si sono arrogati il diritto di farlo. Mi pare poco rispettoso anche delle circostanze". Marta Vincenzi, l'ex sindaco, non è d'accordo: "La piazza è della gente".

Difficile dire se sia stato, come suggeriscono i sindacati, il gesto dimostrativo di lavoratori isolati. O invece l'espressione di un malcontento diffuso che in porto cova dopo i tanti incidenti. O se, ancora, sia stato un sintomo, l'ennesimo, di sfiducia verso sindacati e le istituzioni. Forse tutto insieme.


2-LA VERSIONE DEL COMANDANTE «IL CAVO DA TRAINO SI È ROTTO SUBITO»
Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"

Resistente, controllato, garantito. Silvio Bignone scandisce ogni sillaba, come facevano i televenditori degli anni Ottanta. Sulla scrivania tiene esposta la sua merce, un grosso cavo da ormeggio azzurro, quasi dieci centimetri di diametro. «Guardate lo spessore, la consistenza. Non si può strappare, al contrario di quanto sostiene qualcuno».

Questa non è un'asta, non c'è un miglior offerente al telefono, non ci sono omaggi. Il capo dei Rimorchiatori riuniti di Genova non cerca di vendere nulla. Sta solo cercando di mostrare la propria innocenza, perché sa bene, ormai lo sanno tutti, che il molo Giano non è il Giglio. Qui manca uno Schettino destinato a diventare sinonimo di ogni male, ma i nove morti travolti dalle macerie della Torre dei piloti non verranno messi in conto alla fatalità, al destino cinico e baro per definizione.

Qualcuno pagherà, in senso figurato e non solo. Ci saranno colpe, forse da spartire, e quindi verità diverse. Quella dei rimorchiatori è stata rivendicata ieri a gran voce, con amministratore delegato e presidente schierati sul campo, nella loro palazzina a molo Parodi, dietro il Museo del mare. Davanti ai loro occhi e alla telecamere convocate per l'occasione, Bignone tiene il cavo per le estremità. «Io ho visto quello che trainava il cargo. Tranciato di netto, dalla nave. Quando ormai il peggio era avvenuto. Non c'entra nulla con la sua manovra».

Il messaggio è chiaro. Quel che doveva dire, l'ha detto. Dalle vetrate dell'ufficio al secondo piano si vede la sagoma rossa della Jolly Nero, che incombe, sembra vicina molto più vicina, e non adagiata sull'orizzonte. È una nave gigantesca, durante la guerra del Golfo era stata usata come nave d'appoggio, trasportava carri armati e mezzi pesanti. Il motore è sempre stato lo stesso sin dal 1975, anno di battesimo in acqua, a due tempi, reversibile. Significa che può andare avanti e indietro. Ogni volta che viene cambiato il senso di marcia bisogna spegnere, invertire la rotta, riaccendere.

La scorsa notte sulla plancia del cargo c'erano due uomini, uno accanto all'altro. E adesso ci sono due differenti versioni, sulla stessa manovra e sulle cause del disastro. Il capitano pilota Antonio Anfossi, salito a bordo per consigliare al comandante la manovra di uscita dal porto, ha parlato di una avaria, di una nave che non rispondeva più.

«Non avevamo la macchina». La marcia in avanti non è entrata, e così il Jolly Nero ha continuato a indietreggiare fino allo schianto sulla banchina. Vicino a lui, dipendente della cooperativa piloti di Genova, c'era il comandante Roberto Paoloni, genovese, sessantenne che ha trascorso gli ultimi vent'anni al timone delle navi dell'armatore Messina, proprietario del cargo.

Ai magistrati non ha risposto. Al suo avvocato, Romano Raimondo, storico difensore della famiglia Messina, ha raccontato di una manovra indietro molto adagio, alla velocità costante di mezzo nodo. Al momento dell'evoluzione, ovvero dello spostamento di 180 gradi della nave, dopo aver fermato le eliche, il tentativo di inserire l'avanti adagio non è riuscito. A differenza dell'altra versione, non è questo il nodo della questione.

Secondo il comandante è in quel momento, e non dopo, che il cavo del rimorchiatore di prua si spezza. Così viene a mancare la propulsione in avanti dell'imbarcazione di appoggio, e il Jolly Nero continua a scivolare all'indietro, travolgendo tutto quel che si trova a poppa, sulla terraferma.

Prima o dopo l'impatto, è dal momento in cui cede questa corda azzurra, «resistente, controllata, garantita» secondo quella che ormai è una controparte, che passa la futura storia giudiziaria, ed economica, del disastro di martedì notte. «Stiamo all'unico punto certo. Normalmente i cavi non si rompono, qui invece è successo. Mi sembra un evento da studiare con cura».

La malizia dell'avvocato Raimondo, uno dei più grandi esperti di diritto nautico italiani, delimita il perimetro della futura battaglia giudiziaria. Anche questo spiega l'immediata contromossa e le porte aperte della compagnia dei rimorchiatori, che ieri sembravano ansiosi di far sentire la propria voce.

La vera partita è già cominciata, non c'è tempo da perdere, da una parte e dall'altra. In ballo ci sono onore, fedine penali. Soprattutto molti soldi, perché qualcuno dovrà pur risarcire le famiglie delle vittime e il crollo di una palazzina alta 54 metri. Intanto, i sommozzatori stanno ancora cercando i corpi degli ultimi due dispersi.

 

 

PORTO GENOVA LA TORRE DISTRUTTA TORRE genova CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA PORTO DI GENOVA LA TORRE DISTRUTTA torre genova CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA CROLLO DI UNA TORRE AL PORTO DI GENOVA INCIDENTE PORTO DI GENOVA

Ultimi Dagoreport

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…