MIRACOLO NAPOLETANO - LA MAMMA IN COMA DA UN MESE, NEL SUO GREMBO IL FIGLIO LOTTA PER VENIRE AL MONDO

Giusi Fasano per "Corriere della Sera"

Lei è immobile ma lui cresce. Lei non sa respirare da sola ma lui respira attraverso lei.
Carolina è nell'esistenza muta del coma, in un letto della Rianimazione al Cardarelli di Napoli. Dentro di lei un esserino grande nemmeno quindici centimetri vuole vivere.

Siamo alla diciottesima settimana, metà del quarto mese. E dai sei mesi in poi, valutano i medici, in teoria ogni giorno è buono perché nasca. «Se sarà un maschietto lo chiameremo Vincenzo, così avrà lo stesso nome e cognome del suo povero nonno ammazzato» annuncia il marito di Carolina, Giampiero.

Ieri, come fa ogni giorno da un mese, Giampiero è andato da sua moglie: «Le sto vicino per ore, le parlo, le racconto quello che succede a casa. Ho registrato con il telefonino un video del nostro bambino di due anni e l'altro giorno le ho fatto sentire la sua voce. Le scendevano le lacrime.

Allora l'ho rifatto altre volte e lei ha pianto ancora. Io sono sicuro che mi sente e sente la voce di nostro figlio. Sono sicuro che capisce. Non può comunicare né muoversi ma capisce. Può guarire e tornare a casa...». Il fratello di Carolina, Orlando, dice che lui l'ha chiamata: «Sono qui, da questa parte». E gli è sembrato di vedere un piccolo movimento della testa.

Riflessi, magari dolore, ipotizzano i medici. Che non si spingono a parlare di coscienza.
La realtà è che per chi le vuole bene basta anche solo la sensazione che lei sia vagamente vigile per tenere acceso il lumicino della speranza. Altra cosa sono gli accertamenti clinici. Drammatici. In questi ultimi giorni è stata sospesa la sedazione, niente più farmaci per tenere a riposo il cervello o regolare la sua funzionalità.

Risultato: da solo il cervello di Carolina non è in grado di fare nulla, né respirare né coordinare movimenti, né ordinare alla bocca di dire qualcosa. Si chiama «ischemia cerebrale diffusa», in pratica uno stato di coma che non è più solo farmacologico ma non è nemmeno profondo. Difficile dire se e quanti prestiti le concederà il futuro, se sarà un'altra Eluana Englaro, se la creatura che si porta dentro avrà la forza di sopravvivere fino al tempo in cui potrà nascere.

Certo è che finora questo bambino (o bambina che sia) ha resistito contro ogni previsione e l'ecografia di qualche giorno fa parla di «normale evoluzione della gravidanza». Normale. Dopo quattro settimane di coma. Dopo mille controlli radiografici e un'enorme quantità di farmaci. Carolina è ferma alla sera del 25 agosto e la sua pancia cresce. Per Vincenzo o Vincenzina che verrà ogni giorno è un passetto in più sulla strada della vita. Un risultato già adesso straordinario.

Quella sera di un mese fa Carolina era da sua madre a Pignano, una manciata di case nel Comune di Lauro. Nel cortile all'improvviso entrò un vicino, Domenico Aschettino. Aveva una pistola in tasca e un obiettivo: Vincenzo Sepe, il padre di Carolina. Motivi ancora da chiarire, rancori di paese, pettegolezzi, il seguito litigioso di un vecchio incidente stradale.

Poco importa, a questo punto. Conta, invece, che quell'uomo colpì Vincenzo una prima volta, lui cadde e il suo assassino si avvicinò per «finire il lavoro». «Poi stava andando via» ricorda il marito di Carolina, «ma a un tratto si è voltato ed è venuto verso casa, proprio mentre mia moglie si alzava per andare verso il padre che stava morendo».

Domenico Aschettino (ora in carcere) ha fatto fuoco a ripetizione entrando nella casa della famiglia Sepe: un proiettile è finito nella testa di Carolina, gli altri hanno ferito suo fratello, sua madre e sua nonna. La ragazza è stata portata al Cardarelli in condizioni disperate, nessuno avrebbe osato immaginare quella sera che il bambino che aspettava sarebbe arrivato fino a oggi.

Sui muri e sulle mensole di casa le fotografie di Carolina si contendono lo spazio con le immagini di Padre Pio, le macchie bianche segnano i fori dei proiettili sistemati con lo stucco. «Ecco, è caduta qui, la testa da questa parte...» indica sua madre mentre si muove ancora incerta sulla gamba ferita nella sparatoria.

«Quando tornerà a casa faremo una festa». Magari quella del compleanno numero 25, il primo vissuto in Rianimazione. Carolina compiva gli anni il 29 agosto, lo stesso giorno che hanno seppellito suo padre.

 

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