NARCISISTA E ANAFFETTIVO: IL PROF DI SALUZZO GIOCHERA’ LA CARTA DELL’INFERMITA’ MENTALE

1 - "ADESSO CAPISCO COSA MI HA FATTO" E ALLA FINE LA STUDENTESSA PIANGE PER QUEI MESI DA AMANTE DEL PROF
Vera Schiavazzi per "La Repubblica"

«Ora capisco che era tutto diverso, capisco quello che mi ha fatto. Ci devo pensare, devo ritrovare la calma». A. ha vent'anni, alle spalle una famiglia semplice e molto unita. Quando i carabinieri la accompagnano in caserma, venerdì 8 agosto, e le mostrano le prove di quel che è successo piange e nega proprio come V., l'altra vittima del professor Valter Giordano.

La psichiatra nominata dalla procura, Patrizia De Rosa, è lì per aiutarla. Poi però A. ritrova un po' di forza, si asciuga le lacrime, torna a casa insieme a madre e padre che l'hanno accompagnata, capisce di non essere lei la colpevole.

E oggi, a distanza di venti giorni, è proprio lei, con madre e padre, a rompere per prima il fronte della difesa a oltranza, l'esercito di chi, a Saluzzo, vorrebbe nascondere la polvere sotto il tappeto, «perché alla fine facciamo tutti brutta figura». La famiglia incarica un avvocato, Francesca Violante, una lunga esperienza alle spalle nel far sentire la voce delle vittime, e delle donne violentate in particolare. Nei prossimi giorni, a tempo debito, arriverà la costituzione formale di parte civile.

Ad aiutare lei e V., che di anni ne ha soltanto 18 e alle spalle ha una storia di depressione, senza nessuno a sostenerla, c'è la psichiatra nominata dalla procura, col compito delicato e terribile di raccogliere quelle storie di sesso segreto, di precauzioni arcaiche per evitare gravidanze. Quell'uomo affascinante e un po' temibile che A. e V. pensavano di avere come fidanzato segreto è in realtà un seduttore seriale, un bugiardo, un malato di sesso.

Due storie parallele, alle quali Giordano ne affianca altre due con donne della sua età, e forse ancora una quinta con un'altra ragazza, sulla quale si continua a indagare. Si sente onnipotente, gestisce un'agenda degna di un top manager, alterna appuntamenti e promesse, fa il pacifico separato che ha ritrovato l'amore con una vedova in un paesino e il latin lover invaghito di una ragazzina e un po' trasgressivo in un altro a pochi chilometri di distanza, un attivismo che solo gli sms rendono possibile.

Ma si allarma in ritardo, a giugno inoltrato, quando sente le indagini stringersi intorno a lui, fa capire alle ragazze che cambierà sezione e forse scuola, chiede di cancellare gli sms che lo inchiodano e alla fine tenta il suicidio minacciando di gettarsi da un viadotto in un modo che gli stessi psichiatri dell'ospedale di Savigliano, dove lo ricoverano, definiranno poco credibile.

Passano ore prima che A. e V. accettino di rispondere a qualche domanda, dopo le lacrime e i primi «non è vero, non è possibile». E da lì le loro strade cominciano a dividersi, perché non tutte le fragilità sono uguali. Da una parte c'è V., 18 anni compiuti da poco, una storia difficile alle spalle, anni di depressione, genitori separati e una famiglia che forse preferirebbe fare finta di niente.

Dall'altra c'è A., 20 anni, famiglia semplice e unita, una ragazza timida e isolata che fa mille lavoretti per aiutare in casa, gli studi universitari cominciati da poco che non le hanno impedito di continuare a considerare il professore un maestro.

Intanto dalle carte, dalle parole dei medici e dai verbali, dal lavoro caparbio di magistrati e carabinieri che non hanno voluto lasciar cadere quegli strani indizi di nove anni fa (quando un'altra studentessa del liceo Soleri si uccise dopo aver scritto al "suo" professore) emergono tre personalità distinte. Le perizie definitive diranno di più, e già si attendono le mosse difensive dell'indagato che sembra voler giocare la carta della malattia mentale.

Lui è un uomo «narcisista e anaffettivo», incapace di amare davvero, che sceglie le sue vittime tra le allieve più deboli, lasciando che siano loro a avvicinarsi a lui «come a un padre ideale».

Non è né sadico né pedofilo, «perché il pedofilo prova piacere nel fatto che i bambini non comprendono la sessualità, mentre gli adolescenti la conoscono, anche se si confondono facilmente». Semmai tende a suscitare nelle vittime la sindrome di Stoccolma. Perfino i genitori, fino a quando non scoprono la verità, sono contenti perché le figlie si sono «risvegliate dall'apatia», prendono voti migliori, addirittura studiano con passione.

A Giordano interessa la quantità, vuole tutto, e per questo frequenta anche altre donne. E ora emerge che non tutti, al liceo "Soleri", erano così contenti di lui: «Si capiva che era troppo in confidenza, usava la cassetta della sala professori come buca delle lettere, adesso che sono insegnante anch'io ne ho la certezza", racconta M, ex allieva e amica di Paola che si tolse la vita nel 2004, forse dopo una relazione col prof.

E nella carte si legge: «Il compleanno di Giordano veniva abitualmente festeggiato dentro l'istituto, con un'enfasi che altri docenti ritenevano eccessiva». Un inquirente spiega: «Giordano era il fiore all'occhiello dell'istituto, che infatti era molto richiesto dai ragazzi nelle iscrizioni. Forse per questo non si è mai voluto approfondire».


2 - LA VEDOVA ILLUSA DI ESSERE LA SUA FIDANZATA "MI HA DETTO TUTTO E MI È CROLLATO IL MONDO"
Carlotta Rocci per "La Repubblica"

Capelli corti e colorati di fresco, l'abitino dei giorni buoni, un sorriso un po' triste nella foto scelta per Facebook, dove tra gli amici, ironia della sorte o forse no in un paese così piccolo, ci sono le stesse ex allieve del Soleri che nove anni fa testimoniarono sul suicidio di Paola, quello da cui è cominciato tutto, e persino uno dei due avvocati di fiducia dell'indagato, Antonello Portera.

S. A. era la fidanzata di Valter Giordano, la vedova poco più vecchia di lui che da due anni, dopo la separazione del professore dalla moglie, credeva di aver ritrovato l'amore con quell'uomo così "distinto".

O, almeno, credeva di essere la sua nuova compagna. A lei, una delle due partner adulte, felici e inconsapevoli, a lei che lo aveva conosciuto a scuola e che i carabinieri hanno ascoltato nelle indagini, Giordano ha confessato dal suo letto di ospedale di avere commesso «un grave errore », un giorno prima di essere arrestato. È stato naturale per la fidanzata precipitarsi a trovarlo in ospedale, a Savigliano, appena ha saputo che l'uomo, il "suo" uomo, aveva cercato di uccidersi.

Una notizia già dolorosa, incomprensibile, che è diventata un incubo quando Valter, così gentile, così perbene, mai un gesto violento o un sospetto in tutto il tempo che si erano frequentati, le ha detto guardando il muro: «Ho fatto un errore grave». Quale errore, e fino a che punto l'uomo ne fosse consapevole, la signora S. lo ha capito in parte nei minuti successivi, e in parte quando ha parlato con i carabinieri, che lo raccontano nei verbali con pietosa comprensione. «Si era approfittato di me», dice, arrabbiata e spaventata. E l'errore era quello che oggi tutti sanno: una "storia", anzi due, con altrettante studentesse.

Paradossalmente, mentre ancora è attaccato alle flebo dell'ospedale e sorvegliato dagli psichiatri, il professore sembra volersi scusare, mette le mani avanti con quella donna che ha letto meno libri di lui, ma che da due anni gli è vicina e lo riceve a casa anche la sera, senza nemmeno la complicazione del segreto.

Adesso, come tutti gli altri in un raggio di venti chilometri, anche lei «non vuole che si sappia», non vuole che i parenti siano coinvolti, che il paese maligni e sorrida di quel fidanzamento che non era bello some sembrava.

Ma il suo racconto preciso e mortificato è una macigno tra i tanti che schiacciano l'indagato: perché se è vero che il 6 agosto Giordano le ha detto di aver avuto una relazione con due allieve, allora è vero anche, come sta scritto nelle carte, che il «valore della condotta », cioè la consapevolezza di avere agito male, era ben chiara anche a lui.

 

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