
NEL DEPISTAGGIO SULLA STRAGE DI VIA D’AMELIO C’È LO ZAMPINO DELLA MASSONERIA? – L’AGENDA ROSSA DI PAOLO BORSELLINO SAREBBE FINITA IN MANO ALL’EX PROCURATORE DI CALTANISSETTA, GIOVANNI TINEBRA: È QUANTO È SCRITTO IN UN APPUNTO DEL 1992 DELL’EX CAPO DELLA SQUADRA MOBILE DI PALERMO, ARNALDO LA BARBERA (MORTO NEL 2002). PER QUESTO LA PROCURA DI CALTANISSETTA HA ORDINATO LA PERQUISIZIONE DI TRE CASE IN CUI VISSE TINEBRA (MORTO NEL 2017) – I PM IPOTIZZANO CHE IL MAGISTRATO APPARTENESSE A UNA LOGGIA MASSONICA DI NICOSIA, STANDO ALLE TESTIMONIANZE DI “GREMBIULINI” E PENTITI DI MAFIA CHE HANNO RACCONTATO L’INTRECCIO TRA LOGGE SEGRETE E “UOMINI D’ONORE”...
1. IL MISTERO DELL’AGENDA DI BORSELLINO E L’INDAGINE SUL PROCURATORE MORTO
Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
ARNALDO LA BARBERA - GIOVANNI TINEBRA
Dopo l’ex capo della Squadra mobile ed ex questore di Palermo Arnaldo La Barbera, c’è un altro morto inquisito virtualmente per i depistaggi delle indagini sulla strage di via D’Amelio, in cui trentatré anni fa morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.
Stavolta tocca all’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, scomparso nel 2017 mentre era in pensione e malato. Ieri i carabinieri del Ros sono andati a perquisire tre abitazioni dove visse il magistrato, su ordine della Procura nissena che da un paio d’anni è alla ricerca di indizi per risalire alla regia che ordì il falso pentimento di Vincenzo Scarantino e il furto dell’agenda rossa di Borsellino.
Le perquisizioni sono state disposte «al fine di lumeggiare il contesto in cui si collocarono l’ormai accertato depistaggio sulla strage e la “sparizione” dell’agenda rossa», ha comunicato ieri il procuratore di Caltanissetta Salvo De Luca.
paolo borsellino strage via d amelio
Confermando ufficialmente un particolare già noto: «È stato acquisito un appunto datato 20-07-92, a firma del dottor La Barbera, rinvenuto negli archivi della Squadra Mobile di Palermo, in cui si legge “in data odierna, alle 12, viene consegnato al dr. Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle ed una agenda appartenenti al Giudice Borsellino”».
Di questa nota La Barbera, ascoltato più volte dai magistrati prima di morire nel 2002, non aveva mai parlato, e non c’è prova né che l’agenda menzionata fosse quella rossa con gli appunti riservati di Borsellino (nella borsa ne fu ritrovata un’altra marrone che conteneva quasi solo numeri di telefono); né che Tinebra abbia effettivamente ricevuto ciò che il poliziotto scrisse di avergli consegnato.
[…] a novembre ’92 la borsa prelevata dall’auto ancora in fiamme di Borsellino si trovava certamente nell’ufficio palermitano di La Barbera, e solo allora fu consegnata ufficialmente a uno dei pm che, sotto la guida di Tinebra, indagavano sulla strage. Come mai era tornata a Palermo se il poliziotto l’aveva già data al procuratore?
È uno dei misteri legati alla borsa che lunedì sarà esposta in una teca nel Transatlantico di Montecitorio, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di cui non sarà semplice venire a capo. Così come sarà difficile «lumeggiare» ulteriormente la figura di Tinebra, che oggi viene additato dagli inquirenti nisseni come possibile massone appartenente a una loggia segreta.
Ne hanno parlato — in un’indagine condotta, anche su impulso della Direzione nazionale antimafia, attraverso la rilettura di vecchi verbali e intercettazioni e nuovi interrogatori — massoni e pentiti di mafia che hanno ribadito l’intreccio tra logge coperte e uomini d’onore.
la borsa di paolo borsellino 3
In più ci sarebbe il dato oggettivo che l’ex procuratore rivestì «sicuramente un ruolo di vertice nel club Kiwanis di Nicosia, organizzazione indicata come vicina alla massoneria», come confermato dall’ex Gran Maestro Giuliano Di Bernardo.
Da morto Tinebra non può più dare spiegazioni, ma sul suo comportamento sono emersi da tempo dubbi e interrogativi. Nominato procuratore di Caltanissetta a fine maggio 1992, all’indomani della bomba di Capaci che aveva ucciso Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e tre agenti di scorta, si insediò incomprensibilmente nell’ufficio titolare delle inchieste sulle stragi palermitane solo il 15 luglio, quattro giorni prima dell’eccidio di via D’Amelio.
E il giorno dopo la morte di Borsellino chiese di incontrare il dirigente del Sisde (servizio segreto civile) Bruno Contrada, già capo della Mobile e della Criminalpol di Palermo. Nella nuova veste Contrada non poteva svolgere indagini, ma Tinebra gli chiese ugualmente un aiuto per individuare gli assassini, sebbene già da qualche settimana almeno un pentito aveva rivelato (anche a Borsellino) le presunte collusioni di Contrada con Cosa nostra che poi porteranno al suo arresto e alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il Sisde ebbe da subito un ruolo di primo piano nell’accreditare la (falsa) caratura mafiosa di Scarantino, il finto pentito che mentì attribuendosi il furto dell’autobomba, smascherato solo nel 2008 dalle dichiarazioni del (vero) pentito Gaspare Spatuzza.
Nel 2001 Tinebra lasciò Caltanissetta perché fu nominato dal governo Berlusconi capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Poco tempo prima aveva chiesto l’archiviazione del procedimento in cui il fondatore di Forza Italia e il suo braccio destro Marcello Dell’Utri erano sospettati di essere tra i «mandanti occulti» delle stragi mafiose del ’92.
"L'AGENDA DI BORSELLINO DATA A TINEBRA" IL PROCURATORE IN UNA LOGGIA SEGRETA
Estratto dell’articolo di Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Trentatré anni dopo le stragi Falcone e Borsellino, sotto inchiesta non ci sono soltanto i mafiosi — già condannati — ma soprattutto gli uomini delle istituzioni che avrebbero dovuto cercare la verità e invece depistarono le indagini con il falso pentito Enzo Scarantino: l'ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e adesso l'ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra.
Entrambi sono ormai morti, nel 2002 e nel 2017, ma secondo il pool di Caltanissetta guidato dal procuratore Salvatore De Luca, da qualche parte sono ancora conservati i loro segreti. E, forse, anche l'agenda rossa di Paolo Borsellino.
Ecco, perché i magistrati hanno mandato i carabinieri del Ros in tre abitazioni dei familiari di Tinebra, fra Caltanissetta e Catania. È stata aperta anche una cassetta di sicurezza, ma non c'era nulla. Però, in un appartamento gli investigatori hanno trovato una borsa appartenuta a Tinebra, ancora piena di documenti che i magistrati definiscono interessanti.
la borsa di paolo borsellino 1
Un blitz simile era scattato un anno fa, nelle abitazioni dei familiari di La Barbera: anche quella volta, i carabinieri avevano trovato una borsa con numerosi documenti. E in particolare alcuni estratti conto in cui sono segnati degli strani versamenti in contanti fra il 1990 e il 1992, per 114 milioni delle vecchie lire.
Da chi arrivavano quei soldi? Per conto di chi agiva La Barbera, il poliziotto che aveva in tasca anche la tessera dei servizi segreti? Lui è ormai ritenuto uno dei registi del falso pentito Scarantino e pure della sparizione dell'agenda rossa: indagando sul superpoliziotto, il procuratore Salvatore De Luca, l'aggiunto Pasquale Pacifico, i sostituti Nadia Caruso, Claudia Pasciuti e Davide Spina sono arrivati a Tinebra.
borsellino agenda rossa via d'amelio
Qualche tempo fa, dai misteri di Palermo è emerso un altro foglio di carta con la firma di La Barbera. La data colpisce subito: 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage Borsellino.
L'allora capo della Mobile scriveva che la borsa del magistrato assassinato e "un'agenda in pelle" non ben identificata erano state consegnate al procuratore di Caltanissetta Tinebra. È davvero uno strano verbale.
Perché a Caltanissetta non c'è traccia di questa comunicazione. E, per certo, nel novembre di quell'anno la borsa e una delle agende di Borsellino (quella marrone) erano ancora alla squadra mobile. È lì che il 5 novembre l'allora sostituto procuratore Fausto Cardella fece un'ispezione di quanto contenuto nella borsa, e stilò un verbale. Fino ad oggi quello di Cardella è il primo atto ufficiale riguardante la borsa: dell'agenda rossa già non c'era più traccia. Forse, La Barbera voleva precostituirsi una giustificazione dopo aver rubato l'agenda? Forse, aveva agito d'accordo con Tinebra?
Per certo, l'allora procuratore di Caltanissetta mise in campo i servizi segreti di Bruno Contrada per le prime indagini sulla strage di via D'Amelio. E non poteva farlo. Servizi segreti (Sisde) che in una nota annunciarono la svolta delle indagini fatte dalla Mobile con Scarantino, prima ancora che Scarantino parlasse.
grande oriente d italia - Illustrazione di Giorgio De Marinis - Il Sole 24 Ore
Ora, i magistrati di Caltanissetta ritengono di avere raggiunto la certezza che Tinebra era anche un massone riservato: «Componente di una loggia coperta nella città di Nicosia (Enna)», dove fu procuratore fra il 1969 e il 1992. Una loggia segreta, che assomiglia molto a quella di cui parlò tanti anni fa il pentito Gioacchino Pennino: «"Terzo Oriente" è sorta sulle ceneri della P2 e al pari della P2 — mise a verbale — si proponeva di affiliare coloro di cui non si poteva rendere manifesta l'appartenenza massonica, al fine di creare un organismo capace di gestire il potere al di sopra dei partiti e del governo. Ne faceva parte anche l'imprenditore Buscemi».
È uno dei nomi citati nel rapporto mafia e appalti su cui Borsellino voleva indagare. Anni fa, la procura di Napoli intercettò un massone, Salvatore Spinello, che diceva: «Tinebra è dei nostri, era della loggia di Nicosia... naturalmente quando vado là, non vado pubblicamente ad abbracciarlo».