il video di giuseppe de donno a non e l'arena massimo giletti

“QUELLO NON ERA IL VERO COVO DI TOTÒ RIINA” – A “NON È L’ARENA” GILETTI MOSTRA UN VIDEO CON LE INCREDIBILI DICHIARAZIONI DI GIUSEPPE DE DONNO, EX COLONNELLO DEI ROS, CHE ALL’UNIVERSITÀ DI CHIETI CON IL GENERALE MARIO MORI, RIBALTA LA VERSIONE PORTATA AI PROCESSI SULLA MANCATA PERQUISIZIONE DEL VILLONE DEL MAFIOSO – IL COVO DI VIA BERNINI VIENE “TRASFORMATO” NELLA CASA DI FAMIGLIA DI RIINA: “IL BOSS AVEVA UN SACCHETTO DI PIZZINI IN MACCHINA, ERA IL SUO ARCHIVIO”. NON SOLO: ESCONO FUORI DELLE RIPRESE NON COMUNICATE ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA… - VIDEO

 

Estratto dell'articolo di Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”

 

massimo giletti 2

Nella notte di Non è l’Arena (dopo la mezzanotte di domenica, per via delle dirette sui risultati delle primarie del Partito democratico) Massimo Giletti, aprendo un blocco sulla cattura di Totò Riina, ha mostrato in esclusiva su La7 un inedito filmato amatoriale che riapre il caso sull’arresto del 15 gennaio 1993 e sulla mancata perquisizione del covo, la villa di via Bernini a Palermo.

il video di giuseppe de donno a non e l'arena 7

 

Un video girato all’università di Chieti, con il generale Mario Mori e l’allora capitano Giuseppe De Donno in cattedra. Interlocutori di una platea di studenti universitari.

Pronti a raccontare una nuova versione delle indagini sfociate nell’arresto del boss di Cosa nostra rispetto alle ricostruzioni approdate nei processi.

L’allora capitano del Ros dei carabinieri Sergio De Caprio, alias «Ultimo», e lo stesso Mori (processati e assolti per la mancata perquisizione) hanno sempre parlato di una osservazione del covo di via Bernini con telecamera celata all’interno di un furgone dalle sei del mattino del 14 gennaio alle ore 16 del giorno successivo, poche ore dopo la cattura.

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Rispondendo alle domande degli studenti, De Donno sostiene che «le telecamere» attorno al residence le avevano collocate «da una serie di settimane». Una novità assoluta, dopo le ricostruzioni legate al ruolo del pentito Balduccio Di Maggio.

In questo caso esisterebbero registrazioni non comunicate all’autorità giudiziaria.

[...] De Donno, loquace con la platea di Chieti dove era presente un esponente delle «Agende Rosse», Massimiliano Di Pillo, perplesso per le domande sulla scelta di abbandonare l’osservazione del residence.

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Nessun dubbio per De Donno: «Da buon villano di Corleone, Riina non usava le valigette.

Aveva nella sua macchina una borsa di plastica piena di pizzini, cioè piena di documenti che riguardavano collegamenti con politici, appalti, imprenditori e tutta una serie di attività economiche illecite... Per cui l’archivio reale di Riina noi lo abbiamo preso la mattina che lui viaggiava...».

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Affermazioni che stupiscono chi ha eseguito la perquisizione ufficiale dopo 18 giorni dall’arresto del boss e ha trovato la villa tinteggiata con la cassaforte totalmente priva di documenti. Anche in questo caso colpo di scena di De Donno: «Quello non era il luogo dove si nascondeva Totò Riina, ma dove abitava la famiglia...».

 

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Forse un modo per soffocare la polemica di chi azzarda l’ipotesi di un ruolo attribuito a Bernardo Provenzano nell’individuazione di via Bernini. Da dove Riina uscì quella mattina culminata nella cattura, in una trionfale conferenza stampa e in una confidenza (smentita) dello stesso De Donno: «Qualcuno dovrà andare via da Palermo, vergognandosi...». Un riferimento che fece pensare alla cassaforte trovata vuota. E adesso al sacchetto con i «pizzini».

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