laschi mazzolai

ROBOT PIANTE E POLPI ROBOT: DUE ITALIANE NELL’OLIMPO DELLA ROBOTICA- LE LORO CREAZIONI, ISPIRATE ALLA NATURA, DARANNO VITA ALLE MACCHINE DEL PROSSIMO FUTURO

1. DUE ITALIANE TRA LE STAR DELLA ROBOTICA

Beniamino Pagliaro per “la Stampa”

CECILIA LASCHICECILIA LASCHI

 

Ada Lovelace, nata nel 1815, figlia di Lord Byron, ha scritto il primo algoritmo pensato per essere usato da una macchina. Da allora le ricercatrici e donne di scienza hanno continuato a scrivere pagine di storia.

 

Oggi nel campo più osservato dell' evoluzione tecnologica, la sfida di portare l' accelerazione digitale nel campo della realtà fisica, il lavoro di due italiane viene riconosciuto e premiato. RoboHub, la maggiore comunità scientifica internazionale degli esperti di robotica, ha stilato un elenco di venticinque donne che nel 2015 hanno portato il settore a fare dei passi avanti.

 

Tra le migliori venticinque al mondo ci sono Cecilia Laschi, della Scuola Superiore Sant' Anna di Pisa, e Barbara Mazzolai dell' Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova: entrambe progettano robot ispirandosi alla natura.

 

Cecilia Laschi dell' Istituto di BioRobotica della Scuola Sant' Anna, ha scelto il polpo come modello per realizzate il primo robot «soffice»; Barbara Mazzolai, che coordina il Centro di Micro-BioRobotica dell' Iit a Pontedera (Pisa), è responsabile del progetto Plantoide, il primo robot al mondo ispirato alle piante.
 

Le ricercatrici, spiega RoboHub, «sono state scelte per la pura genialità che hanno dovuto dimostrare per arrivare al top del loro settore». Sono impegnate in settori di frontiera, destinati a disegnare i robot di un futuro sempre più vicino.

BARBARA MAZZOLAIBARBARA MAZZOLAI

 

2. MAZZOLAI: PLANTOID, IL PRIMO ROBOT CHE IMITA UNA PIANTA

B.P. per “la Stampa”

Il riconoscimento al lavoro di Barbara Mazzolai è un omaggio a un' idea, rivoluzionaria anche nel mondo della tecnologia: guardare e studiare le piante per progettare i robot che verranno. Dopo l' osservazione, però, il vero lavoro è «tradurre i principi che consentono alle piante di muoversi e percepire l' ambiente in un robot autonomo, scrivere un algoritmo che traduca gli insegnamenti di una pianta al robot».
 

Il Plantoid Project è un unicum, il primo caso al mondo di un robot ispirato al mondo vegetale, e Mazzolai considera interessante, forse più del riconoscimento a se stessa, il fatto che RoboHub abbia capito l' idea di «seguire le piante». La ricerca si è quasi sempre ispirata all' uomo, producendo umanoidi, come anche la fantascienza ha disegnato storie di robot dal volto umano, buoni e cattivi.

 

Mazzolai confessa di amare il genere cinematografico della fantascienza, ma registra: «Purtroppo ha creato un immaginario molto lontano dalla realtà». E così oggi l' avanzata dei robot è vista da molti come un fenomeno preoccupante, anche sul fronte del lavoro.
 

La ricerca del gruppo di lavoro di Mazzolai è partita dalle piante, dai loro movimenti, lenti eppure intelligenti, efficienti. Le radici, per esempio, «hanno grandi capacità sensoriali, percepiscono il suolo»: la radice, in natura, studia autonomamente il modo di crescere nel terreno. Il plantoide robot, ben istruito, analizza i dati arrivati dal sensore sulla punta e dice al motore interno di crescere a destra invece che a sinistra.
 

Un altro algoritmo, ancora più complesso, punta capire e ricostruire la comunicazione tra apici diversi di una stessa radice. Si arriva al concetto di sciame studiato nelle formiche o nelle api. «Se capiamo quali sono le regole naturali traduciamo il comportamento in un algoritmo che poi sarà applicato anche in altre materie», dice Mazzolai. Si parte dalla natura, «ma vogliamo risolvere problemi pratici, fare macchine che si muovono e agiscono in un ambiente come il nostro».
 

LASCHI MAZZOLAILASCHI MAZZOLAI

A tre anni dall' inizio del lavoro sul plantoide, nato per monitorare il suolo, le future applicazioni sono molte e le imprese si fanno sotto, dal farmaceutico alla medicina. «Non c' è ricerca di base o applicata - conclude Mazzolai -, c' è solo la buona ricerca, e l' Italia ha una posizione di rispetto in questo campo». 

 

3. COSI’ OCTOPUS ESPLORERA’ I MARI E AIUTERA’ I MEDICI

Valentina Arcovio per “la Stampa”

 

Che è una delle 25 donne più geniali del 2015 lo ha stabilito la comunità virtuale globale RoboHub. Ma a rendere speciale la 47enne Cecilia Laschi, in un mondo fatto per lo più di uomini, è la capacità di guardare lontano. Molto lontano.

 

È questo che le ha permesso di rivoluzionare il settore della robotica, prima progettando e poi realizzando robot «soft», cioè costruiti con materiali morbidi e flessibili. Ed è sempre questa stessa sua capacità che, forse, un giorno la porterà a realizzare il suo più grande sogno: creare un umanoide con cervello e corpo simili a quelli di un essere umano, come gli automi descritti in molti libri e film di fantascienza.
 

ROBOTICAROBOTICA

«Immagino umanoidi che faranno da assistenti personali agli uomini, sia facilitando il loro lavoro che sostenendoli in casi di malattia e disabilità», dice Laschi, scienziata all' Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant' Anna di Pisa e tra le più apprezzate al mondo nel settore della robotica.

 

Un obiettivo ambizioso, a cui la scienziata ha dedicato la sua vita. A cominciare da quando ha lasciato la città natale, Follonica, per studiare a Pisa, dove si è laureata con una tesi presso il laboratorio di robotica della Scuola Superiore Sant' Anna. Dopo un dottorato di ricerca, nel 1998, Laschi è diventata prima ricercatrice e poi nel 2006 professore associato.

 

La sua prima creatura è stata Octopus, poi Poseidrone e Stiff-Flop. Tutti robot ispirati ai polpi: dallo studio dei tentacoli e delle ventose del polpo Octopus vulgaris è riuscita a riprodurre robot con caratteristiche simili.

 

Octopus e Poseidrone sono stati realizzati pensando ad applicazioni marine, come l' esplorazione, il monitoraggio e operazioni di soccorso. Still-Flop, invece, è stato realizzato pensando a eventuali applicazioni in ambito medico, come simulazioni di intervento sul corpo umano. «La biorobotica è sempre stata la mia passione e sono convinta che potrà aiutarci a migliorare la vita di moltissimi».
 

LASCHI MAZZOLAILASCHI MAZZOLAI

La scienziata guarda con entusiasmo alle applicazioni in campo sanitario. Non a caso, uno dei suoi primi gioiellini robotici è stato proprio I-Support, un braccio robotico che offre supporto agli anziani. Ma non è stato facile. «Non perché sono una donna in un settore considerato molto maschile - precisa -. Ma perché sono una ricercatrice e, in quanto tale, non è sempre facile lavorare in un Paese in cui crede ancora poco nelle opportunità che la ricerca offre».

 

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