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“TUTTE LE DERIVE VIOLENTE DELLA STORIA SONO INIZIATE CON SEGNALI, DIVENTATI ALLARMI E POI TRASCESI” - LO STORICO GIANNI OLIVA RIFILA UNA LEZIONE AI SINISTRATI CHE TENTENNANO NEL CONDANNARE LE VIOLENZE DEI PRO-PAL: “QUELLI CHE HANNO ASSALITO LA REDAZIONE DE ‘LA STAMPA’ E QUELLI CHE HANNO IMBRATTATO LA SINAGOGA DI MONTEVERDE A ROMA SONO ‘SQUADRISTI’, NEL SENSO ETIMOLOGICO DI ‘SQUADRE ORGANIZZATE CHE INTIMIDISCONO CON L'USO DELLA VIOLENZA’. IL PERICOLO È NELLA ‘ZONA GRIGIA’. CIÒ CHE PERMETTE ALLE ILLEGALITÀ DI TRASFORMARSI IN DERIVE È L'INDIFFERENZA DEI PIÙ, LE DISATTENZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA…”

Estratto dell’articolo di Gianni Oliva per “La Stampa”

 

LA REDAZIONE DELLA STAMPA DOPO IL PASSAGGIO DEI PRO-PAL

Quelli che hanno assalito la redazione de La Stampa, quelli che hanno imbrattato la sinagoga di Monteverde a Roma, quelli che almeno due volte l'anno scatenano tafferugli al cantiere Tav di Chiomonte, quelli che hanno impedito ad Emanuele Fiano di parlare all'università di Ca' Foscari (e l'elenco potrebbe continuare) sono "squadristi", non nel riferimento storico del termine, ma nel senso etimologico di "squadre organizzate che intimidiscono con l'uso della violenza".

 

Oggi si autoproclamano "attivisti Pro Pal", ieri "attivisti No Tav": in ogni caso si tratta di gruppi privi di riferimenti e cultura politici, che si muovono senza un progetto. Non sono giovani sottoproletari che reagiscono alla marginalità sociale: sono giovani (e tra loro non mancano i "meno giovani") in cui si concentrano frustrazione e rabbia esistenziali e che attraverso la violenza cercano il protagonismo di un giorno.

 

Gianni Oliva

Bisogna comprenderli? Considerare le loro azioni frutto malato di una società che ha dimenticato regole e valori? Forse. Ma se di fronte ai problemi ricorriamo ai "massimi sistemi" e alla necessità di rifare il mondo, finiamo per scivolare in un'indulgenza assolutoria. Colpa della società o colpa dei singoli, la sostanza non cambia: si tratta di azioni da sanzionare e da stigmatizzare prima che diventino derive.

 

C'è chi ricorre al facile uso strumentale e parla di "estremismo di sinistra": mi sembra un'equazione da Prima Repubblica. Così come mi pare improprio parlare di "estremismo di destra" quando vengono vandalizzati monumenti alla Resistenza o pietre di inciampo.

 

assalto dei manifestanti pro palestina alla redazione della stampa, a torino 2

Le derive degli anni Settanta si sono sviluppate da un retroterra di ideologie definite: i terroristi rossi venivano da percorsi di militanza iniziati nella Fgci, cresciuti nei gruppi extraparlamentari, approdati alla lotta armata; i terroristi neri erano partiti dal Msi, avevano attraversato Ordine Nuovo o Avanguardia nazionale, ed erano arrivati al tritolo (con qualche "manina" più esperta a guidarli). Quelli erano estremismi di "sinistra" o di "destra". Non questi.

 

La diversità di scenari storici non deve però nascondere due analogie. La prima l'ha ben indicata Andrea Casalegno (intervista a La Stampa di martedì 2 dicembre): il pericolo della "zona grigia". Ciò che permette alle illegalità di trasformarsi in derive è l'indifferenza dei più, le disattenzioni di un'opinione pubblica che per superficialità o per opportunismo dimentica di guardarsi attorno.

 

scritte sui muri della sinagoga di monteverde a roma

[…]  Come scriveva il pastore tedesco Martin Niemoller, in una delle poesie più famose del Novecento, "hanno portato via gli Ebrei e non ho detto nulla perché non ero ebreo; poi hanno portato via i comunisti e non ho detto nulla perché non ero comunista; poi hanno portato via i sindacalisti e non ho detto nulla, perché non ero sindacalista. Poi hanno portato via me. E non c'era più nessuno che potesse dire qualcosa".

 

La seconda analogia sono le collusioni, gli interventi che creano un'atmosfera favorevole allo sviluppo delle derive. Allora erano gli slogan truculenti che attraversavano i cortei: oggi ci sono i "distinguo", certi toni forti dei talk show, le sottoscrizioni perché i cineasti israeliani non siano presenti al Festival di Venezia.

 

assalto dei manifestanti pro palestina alla redazione della stampa, a torino 4

Certamente si tratta di collusioni molto più modeste e iniziali, ma sono indizi che non vanno trascurati. Proprio per la complessità della stagione che viviamo, proprio per le smagliature della coscienza collettiva, è necessario tenere alta l'asta dell'attenzione.

 

La redazione de La Stampa ha ricevuto lo sfregio del letame, senza che venissero colpite persone: la sinagoga di Monteverde l'offesa delle scritte. Tutte le derive della storia sono iniziate con segnali, che poi sono diventati allarmi e poi ancora sono trascesi. Per dirla con una frase attribuita a Martin Luther King, "i grandi problemi sono problemi che non sono stati affrontati quando erano piccoli".

assalto dei manifestanti pro palestina alla redazione della stampa, a torino 9FRANCESCA ALBANESE E IL MONITO AI GIORNALISTI - VIGNETTA BY ROLLI PER IL GIORNALONE - LA STAMPAscritte sui muri della sinagoga di monteverde a romaassalto dei manifestanti pro palestina alla redazione della stampa, a torino 5gianni oliva cover

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