
“THOMAS D’ALBA ERA UN INSEGNANTE COMBATTENTE” – AMICI E COLLEGHI RICORDANO IL QUARANTENNE EX PARÀ MORTO MENTRE COMBATTEVA CON L’ESERCITO UCRAINO A SUMY: “HA LAVORATO COME INSEGNANTE DI BATTERIA PER 10 ANNI. DI CERTO, NON È PARTITO PER MOTIVAZIONI ECONOMICHE. ERA UN UOMO GIUSTO, NON IN VENDITA” – D’ALBA È IL SETTIMO “FOREIGN FIGHTER” ITALIANO MORTO DALL’INIZIO DELL’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA – L’ATTIVISTA VLADISLAV MAISTROUK: “L’ULTIMA VOLTA CHE CI PARLAMMO, A INIZIO DI GIUGNO, THOMAS ERA IN MISSIONE, E SI VANTAVA DI AVERE UN NUOVO “AMICO”, UN DRONE RUSSO, INESPLOSO A UN METRO DALLA SUA POSTAZIONE…”
Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
«Sono stato in molte missioni all’estero e a volte mi chiedevo se fossi dalla parte giusta. In Ucraina non ho mai avuto questo dubbio». Quarant’ anni, ex parà della Folgore, Thomas D’Alba è il settimo caduto italiano in Ucraina. Originario di Legnano, morto sul fronte di Sumy […].
D’Alba si era congedato anni fa dal corpo dei parà italiani che oggi lo ricordano. Poi, la passione per la musica. Era «un insegnante combattente», dicono di lui i docenti della scuola di Paganini di Legnano: «Ha lavorato con noi come insegnante di batteria per 10 anni — racconta il direttore Fabio Poretti —. In questi mesi — proseguono gli ex colleghi — «non aveva mai interrotto le comunicazioni con noi. Quando poteva mandava un messaggio. Riservato, ma era il suo modo per farci sapere che stava bene. Per spiegare che persona fosse Thomas: nei giorni di turno di riposo da soldato suonava per i bambini degli ospedali ucraini».
Niente mogli e figli, l’ex parà amava la musica quanto «odiava le ingiustizie». A raccontarlo è ancora Poretti: «Non ci ha mai spiegato cosa l’abbia spinto a partire per l’Ucraina […]. Di certo, […], non lo hanno spinto motivazioni economiche. Era un uomo giusto, non in vendita».
[…] Non sono noti i dettagli dell’arruolamento di D’Alba mentre la Farnesina, come è prassi per i «foreign fighter» sul fronte ucraino, non conferma e non smentisce il decesso. Ma sicuramente l’italiano era impegnato in combattimento al fronte, forse insieme ad altri volontari internazionali, ormai parte integrante delle brigate di Kiev.
«L’ultima volta che ci parlammo, a inizio di giugno, Thomas era in missione, e si vantava di avere un nuovo “amico” — un Fpv (drone, ndr ) russo, inesploso a un metro dalla sua postazione. Non si lasciava affrangere, neanche in quei momenti», conclude Maistrouk.
Poi, a metà giugno, la morte sul fronte di Sumy, uno dei più caldi da quando il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’intenzione di voler creare una zona cuscinetto sul confine e ha schierato oltre 50 mila uomini.
D’Alba è l’ultimo di un elenco sempre più lungo di italiani uccisi sul fronte ucraino.
Solo due mesi fa la notizia della morte in combattimento di altri due italiani: Antonio Omar Dridi, palermitano, 35 anni e Manuel Mameli, 25, di Cagliari. Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina la legge italiana, che punisce chi partecipa a conflitti armati all’estero, non ha impedito a qualche decina di connazionali di imbracciare le armi con l’una o l’altra parte.