andrea caraceni e giancarlo tonini

PIU' SARTI, MENO STILISTI - DA VITTORIO DE SICA A TOTO', DA GIANNI LETTA AL "DIVINO" ARBASINO", DAL 1926 LA SARTORIA CARACENI A ROMA È UN TEMPIO DELL’ELEGANZA MASCHILE - “SIAMO ANCORA PIÙ ESIGENTI DEI NOSTRI CLIENTI PERCHÉ SE IL VESTITO NON È PERFETTO, NOI NON LO CONSEGNIAMO”

Giuseppe Fantasia per Il Foglio

 

CARACENI ATELIERCARACENI ATELIER

Per riuscire in ogni mestiere o arte è indispensabile conoscere gli elementi di teoria su cui essi si fondano. Per un sarto, è necessario avere familiarità con numeri e misure, con stoffe e abbinamenti di colori, avendo ben chiaro a cosa ci si riferisce quando si sta parlando di un’asola “lunga e senza goccia” o di un “bavero a lancia”, per non parlare poi del risvolto dei pantaloni da non confondere con il “revers”. Tutto questo, ovviamente, non basta per arrivare alla perfezione e la pratica, come sempre, è necessaria.

 

La lavorazione di un abito interamente fatto a mano è una storia affascinante e lunga che coinvolge il lavoro di abili artigiani in grado di fondere il sapere con abilità manuali e tecniche apprese nel tempo. Fondamentale, in ogni sartoria che si rispetti, è il tagliatore sarto, una figura storica che oltre a seguire regole ben precise, deve conoscere anche lo scheletro del corpo umano, cognizioni entrambe necessarie ma non sufficienti per tagliare bene i vestiti.

 

CARACENI ATELIER 1CARACENI ATELIER 1

A tale scopo sono necessarie mani esperte che, oltre a tagliare, devono saper disegnare con abilità le linee con il gesso e cucire senza sbagliare di un millimetro i tanti punti necessari per costruire l’abito. Realizzarne uno da uomo (ma sono sempre di più le donne che li richiedono), da giorno come da sera, è un’arte antica che richiede studio, pratica, tempo, fatica, disciplina, tanta pazienza e passione. Sono queste le regole di un laboratorio artigianale, del “saper fare” a mano nella sartoria, cuore del successo di quell’italian style che tutto il mondo ci invidia.

 

Di tutto questo e di molto altro ancora abbiamo avuto conferma visitando l’atelier della Sartoria Caraceni, presente a Roma dal 1926 e in pianta stabile nella nuova sede di via Campania dal 1963. Una delle più antiche e prestigiose sartorie italiane, tra le poche a essere rimasta nella capitale, l’unica in quello che fino a qualche anno fa era considerato il quartiere della moda maschile, a pochi passi da Villa Borghese e da via Veneto, la cui leggenda e mondanità sono oggi solo un lontano ricordo. A tenerne viva la memoria ci ha pensato negli anni questa sartoria – tempio capitolino dell’eleganza maschile dove la tecnica e lo spirito artistico si fondono e si esprimono attraverso linee uniche e ben riconoscibili – che ha una storia lunga ed affascinante che inizia da lontano.

GIANNI AGNELLI CARACENIGIANNI AGNELLI CARACENI

 

Fu Domenico Caraceni (1880-1940) – una delle figure chiave per quanto concerne l’abbigliamento maschile inteso nella sua storia ed evoluzione – che da Ortona al Mare, in Abruzzo, a soli quindici anni, arrivò a Roma per diventare apprendista e poi primo tagliatore. Si distinse subito per la sua bravura nella perfezione del taglio e nell’eleganza delle linee e fu talmente richiesto da mettersi in proprio aprendo la sua prima sartoria nel 1926 in via Boncompagni, poco distante dalla sede attuale.

 

Solo, in quella grande città che già allora era abbastanza complicata, chiamò suo fratello Augusto a lavorare con lui e subito dopo li raggiunse anche il più giovane dei tre, Galliano, un uomo dal grande carisma e con una particolare propensione per le pubbliche relazioni. Grazie a Francesco Paolo Tosti, il compositore italiano che piaceva tanto alla regina Vittoria (lo nominò baronetto), nella bottega romana arrivarono molti dei suoi abiti che si faceva confezionare da un sarto della celebre e leggendaria Savile Row, a Londra, simbolo per antonomasia di eleganza. Abiti che, dopo un certo periodo, venivano mandati in Italia per essere stretti o rimessi a modello e finivano proprio in quella sartoria, nelle mani di Domenico, suo amico e concittadino, che con amorevole dedizione li cuciva e li smontava interamente.

 

Fu così che Caraceni iniziò a studiare le linee, le forme, i punti, il taglio, lo stile, i segreti e la tecnica di quegli abiti inglesi, combinandone una sua propria, più complicata e ricca di punti, ma decisamente più morbida. “Fu un pioniere nel suo campo – spiega al Foglio Giancarlo Tonini – perché decise di dire basta a vestiti-armature e per primo intravide la necessità di studiare e realizzare forme e tagli che mettessero a proprio agio le persone che li indossavano, agevolandole nei movimenti e rendendo tutto molto più fluido e dinamico”.

 

ANDREA CARACENI E GIANCARLO TONINIANDREA CARACENI E GIANCARLO TONINI

Classe 1936, originario di Fossombrone, Tonini è il punto di forza della celebre Sartoria Caraceni di Roma dove è tagliatore storico dal 1962, “ma in realtà ho iniziato molto prima, a dodici anni”. “Finalmente – aggiunge – grazie a Domenico fu dato grande spazio a creazioni che fossero in sintonia con la persona fino a garantire il massimo confort, oltre alla morbidezza, alla leggerezza e alla flessibilità”.

 

Questi stessi concetti furono messi su carta proprio da Domenico in “Orientamenti nuovi nella tecnica e nell’arte del sarto”, un suo trattato pubblicato nel 1933, nel momento esatto in cui i suoi abiti erano i più raffinati e i più richiesti di Roma, indossati dall’aristocrazia, da politici, banchieri e industriali, ma anche da tanti attori americani di passaggio nella capitale – come Douglas Fairbanks, Cary Grant, Gary Cooper e George Raft – e da italiani come Vittorio De Sica e Paolo Stoppa. Per realizzare quel trattato, decise di creare una sorta di parallelismo con gli architetti razionalisti “che vestono la terra”, a differenza dei sarti che invece “vestono gli uomini che camminano sulla terra”.

 

MONTEZEMOLO CARACENIMONTEZEMOLO CARACENI

Sveglio e determinato, ebbe l’estro di capire per primo che in Italia bisognava “vestirsi all’italiana” senza distinzioni regionali e che il gusto nazionale “non sta – come si legge nel trattato – nella sagoma generale, ma nei particolari e nell’espressione che emana da un lavoro compiuto”.

 

Negli anni, i Caraceni riuscirono ad aprire altri atelier a Milano, a Parigi e a Napoli, ma dopo la morte di Domenico, le ultime due vennero chiuse. Augusto decise di mettersi in proprio nella città lombarda (in via Fatebenefratelli) assieme a suo figlio Mario mentre a Roma fu Galliano ad aprire con i figli Tommaso (detto Tommy) e Giulio una nuova sartoria in via Campania, che è poi la sede attuale. Oltre a Tonini, ad accoglierci in sartoria – un ambiente formale ed elegante, con un arredo che se non fosse per alcune presenze di modernità, ci farebbe tornare subito agli anni Cinquanta – ci sono Guido Sinigaglia e Andrea Caraceni, rispettivamente genero e nipote di Tommy, che nel frattempo è andato in pensione.

 

Andrea è il più giovane della famiglia, ha ventinove anni e da due ha iniziato a lavorare fianco a fianco con Giancarlo, che tutti i clienti più affezionati chiamano più semplicemente Carlo – un uomo esigente ma buono che ama insegnargli il mestiere, “perché non sono geloso e mi fa piacere che i giovani imparino un’arte antica e preziosa come questa”, ci tiene a precisare.

 

CARACENI 14CARACENI 14

 “E’ una storia lunga quella che un abito Caraceni porta dentro di sé prima di arrivare a vestire il cliente per cui è stato ideato e cucito”, ci spiega Andrea, elegantissimo nel suo completo doppiopetto verde oliva. “Iniziamo facendo scegliere i tessuti, prendiamo le misure e se non è un cliente abituale, si fa la prima, la seconda e terza prova”, aggiunge. “La parte più importante è comunque il momento in cui l’occhio del sarto riesce a penetrare nella personalità del cliente per cogliere quel qualcosa di sé che ognuno vuole trasmettere attraverso il proprio stile, coniugandolo all’impronta e alle linee così da rendere quell’abito stesso sempre riconoscibile”.

 

Una volta scelta la stoffa, viene bagnata per evitare deformazioni durante la lavorazione e successivamente stirata: arriva poi nella mani del tagliatore che trasforma le misure prese in sottili linee di gesso, creando un modello segnato da zero per il cliente. Nella prova successiva, invece, l’abito viene smontato e rimesso in piano così che il modello corretto possa essere segnato con la massima precisione.

 

Ogni dettaglio riceve una cura che arriva a sfiorare quasi la maniacalità che non è mai abbastanza quando si ha a che fare con l’eccellenza. Successivamente, dopo altri e numerosi passaggi, si definiscono piccole correzioni e l’impronta definitiva da dare all’abito. Una giacca – che è l’anima del vestito – deve ricevere attenzione e cura nelle varie fasi di costruzione ed è un lavoro che è molto simile, come processo, alla scrittura: richiede concentrazione e i vari pezzi vengono messi insieme in maniera armonica fino al final edit, il momento della stiratura del vestito prima della consegna.

CARACENICARACENI

 

Mentre parliamo, ci vengono fatte visitare le altre stanze, dal grande salone in cui viene accolto il cliente ai due grandi camerini con specchi e centinaia di fotografie alle pareti che ritraggono personaggi famosi che hanno vestito o vestono Caraceni. Se un maestro dell’eleganza, lo stilista Valentino (in una delle foto è a una serata di gala assieme a Sophia Loren) e il suo socio e compagno storico Giancarlo Giammetti, vestono solo questi abiti, qualcosa vorrà pur dire.

 

Ci sono anche diverse foto di Gianni e Susanna Agnelli, Totò, Luca Cordero di Montezemolo, Gianni Letta, Alberto Arbasino, presidenti della Repubblica, emiri arabi, principi, attori e cantanti. Impossibile elencarli tutti perché occupano tutte le pareti di quelle due speciali wall of fame, uno spaccato del jet set internazionale di ieri e di oggi. “I nostri clienti sono esigenti, ma noi lo siamo ancora di più, perché se il vestito non è perfetto, noi non lo consegniamo”, ribadisce Giancarlo.

 

Oltre all’armadio che contiene l’archivio dei modelli di carta con dati e misure di ogni cliente, un’altra stanza che impressiona davvero è quella dedicata agli “abiti morti”, ovvero a tutti quelli (sono davvero molti) che non sono stati mai ritirati dai loro rispettivi proprietari. “Se una persona viene qui, cresce in lei il gusto e la voglia di vestirsi bene”, ci fa notare Andrea che non indossa mai un paio di jeans se non per lavoro, ma ha un dilatatore nero sull’orecchio sinistro, “l’ultimo baluardo a difesa della mia gioventù”.

 

“La storia deve rimanere questa per sempre perché sull’artigianato non si può cambiare niente”, precisa Tonini. “Non facciamo cose di tendenza, perché altrimenti questa non sarebbe la nostra sartoria: per un uomo, il gusto e lo stile rimarrà sempre quello”. Puntare sui giovani, aggiunge, è fondamentale per far sì che una tradizione come questa continui a essere tramandata dai nuovi custodi di quei segreti che hanno fatto la storia di un’eleganza e di uno stile unici”.

CARACENI 11CARACENI 11

 

ARBASINO 1ARBASINO 1gianni lettagianni letta

 

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO