1. FATE LARGO A “LA PADRONA”, COME TITOLA IL PRIMO ROMANZO L’ALGIDA DONNA ALESSANDRA DEI PRINCIPI BORGHESE, CHE HA SCODELLATO UNA BOLLENTE AUTOBIOGRAFIA MASCHERATA DA TITOLO “BONDAGE”, GENERE CINQUANTA SFUMATURE DI DOMINAZIONE 2. UNA PLATEA DI ARISTO-PAPALINI E RAMPOLLI DEL MILIEU CATTOLICO APOSTOLICO ROMANO, DISCENDENTI DAI LOMBI DEI TORLONIA E DEGLI ORSINI, BORGHESIA DEVOTA E ALTA SOCIETÀ 3. SOTO LE MERAVIGLIOSE VOLTE DELLA BIBLIOTECA ANGELICA DI ROMA SI GODONO AL MASSIMO LE PAGINE DIELLA PRINCIPESSA INTRISE DI FRUSTA E MEA CULPA, EROTISMO SADO-MASO E CONATI DI CONVERSIONE DI QUESTA CONTURBANTE E MISTERIOSA “PADRONA” CHE DI GIORNO LEGGE, STUDIA, SCRIVE E SI OCCUPA DI OPERE DI BENE. AL CALAR DELLE TENEBRE, INVECE, VA ALLA CERCA DELLA SUA VENDETTA CON LA MASCHERA DI UNA PROSTITUTA CHE PERCUOTE, INSOZZA E SOTTOMETTE GLI UOMINI CHE INCONTRA

Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

 

FATE LARGO ALLA PADRONA ALESSANDRA BORGHESE

 

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Testo di Francesco Persili per Dagospia


«Il luogo è degno di nota». Papillon giallo e cappello in mano, il critico d'arte Philippe Daverio entra a passo lento nel Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica di Roma, contempla la straordinaria scenografia di libri antichi e carte raggrinzite, prima di stampare un bacio sulla guancia di Alessandra Borghese.

Per tutti, lei, oggi, è la Padrona. Il titolo campeggia sotto una maschera sulla copertina del suo primo romanzo che Donna Alessandra dei principi Borghese scodella davanti a una platea di aristo-papalini e rampolli del milieu cattolico apostolico romano. La zoomata sulle prime file immortala discendenti dei Torlonia e degli Orsini, borghesia devota e alta società, Carlito Rossella e Aldo Brachetti Peretti, Marcello Sorgi e Myrta Merlino. Qualche fila più dietro timbrano il cartellino anche una charmante Marisela Federici e il banchiere bon vivant Mario D'Urso (l'uomo che è riuscito a festeggiare tre capodanni nella stessa notte: Manila, Los Angeles, Honolulu).

In questo ritratto clerical-mondano in un interno, Alessandra Borghese pontifica alla tv spagnola (Tve) sulle dimissioni di Ratzinger e offre un bigino della sua opera narrativa a partire dalle ricerche di archivio presso la Biblioteca Apostolica Vaticana per approfondire il ‘600. Un «romanzo storico», dunque, che prende le mosse dal consolidato escamotage letterario del ritrovamento di un manoscritto per raccontare il travaglio di una nobildonna ferita dall'abbandono del padre e sconvolta dal dolore di una verginità perduta.

Tra frusta e mea culpa, erotismo sado-maso e conati di conversione, questa conturbante Signora del mistero, di giorno legge, studia, scrive e si occupa di opere di bene. Al calar delle tenebre, invece, va alla cerca della sua vendetta con la maschera di una prostituta che percuote, insozza e sottomette gli uomini che incontra. Cinquanta sfumature di dominazione per ricavare, dai potenti che calpesta, una venerazione che, come il desiderio, non accenna a placarsi. La consapevolezza del dolore assume un valore terapeutico: libera, risolve, purifica.

Tutto è intrigo e penombra, segreto e sporcizia all'ombra della casa-palazzo di questa Maddalena de' noantri. Tra carrozze e cardinali, cortigiane e politiche familiari, pagina dopo pagina ci si immerge nella Roma del primo Seicento. Bordelli e fede, artisti maledetti e scienziati, Caravaggio e Galileo. L'Urbe come palcoscenico ideale per tenere insieme la carne e lo spirito, il peccato e la redenzione, molta santità e lo spiccato cinismo verso il tanto bramato potere.

Nel fulgore di una rinascenza artistica, culturale e urbanistica dopo gli anni difficili della Controriforma si staglia la nuova facciata della basilica di San Pietro e il profilo illuminato di Paolo V che si lega alle origini della Biblioteca Angelica (che grazie al papa rimase a Roma e fu la prima in Europa ad essere aperta al pubblico senza distinzioni di censo) e alla storia della Padrona di casa, Alessandra, discendente di Camillo Borghese.

Da Paolo V a Benedetto XVI, il papa di cui Alessandra Borghese è stata esegeta (vedi il saggio "Sulle tracce di Ratzinger"), paladina e confidente al punto da essere ribattezzata «l'intima di Carinzia»: l'annuncio delle dimissioni del Pontefice viene classificato da Donna Alessandra come un «fatto più grande di noi». «Dalla croce non si scende», ha detto l'arcivescovo di Cracovia Stanislao Dziwisz, segretario di papa Wojtyla ripensando al calvario di Giovanni Paolo II che decise di restare sul soglio pontificio tra mille sofferenze fino all'ultimo respiro: cosa ha spinto Benedetto XVI a scendere dalla croce? La giornalista-scrittrice si schiera dalla parte di Ratzinger che «con la scelta non facile di dimettersi continua a portare la croce».

Motivi di salute o il peso degli scandali dietro il ritiro? Alla base della decisione, Borghese immagina che ci siano motivazioni «legate all'età, alla stanchezza, alla mancanza di forze ma il papa è ancora vivo e continuerà a guidare la barca di Pietro in questo passaggio con la preghiera». Nessuna fuga in avanti, la vacatio della sede apostolica e il toto-papa possono aspettare: «In questo momento noi fedeli non possiamo fare altro che supportarlo-seguirlo-ed-essere-con-lui con la preghiera». Nessuna norma del diritto canonico vieta le dimissioni del Papa, chiosa: «Ratzinger con il suo annuncio non ha violato alcuna legge ma ha cambiato la Storia».

Sulla stessa lunghezza d'onda anche Carlo Rossella: a Freccero che aveva parlato con Dagospia di un gesto che rivoluziona la dottrina millenaria della Chiesa e di un Pontefice che da vicario di Cristo diventa funzionario, il presidente di Medusa Film manda a dire che è «irrispettoso e irriguardoso» commentare la decisione del Papa «che deve rendere conto del suo comportamento solo al Padre Eterno e non agli uomini».

Le parole di Antonella d'Orleans Borbòn, cugina del del re di Spagna e scrittrice innamorata di Roma, accompagnano una passeggiata immaginaria tra palazzi, strade, fontane e tutta la retorica acquerellata della Città Eterna che serve ad esaltare la mitopoiesi del cardinale-mecenate Scipione Borghese, del suo potere colto e lungimirante e di una società che cresce e supera se stessa.

Intanto, Urbano Barberini legge brani del libro e riflette con Dagospia «sull'ultimo periodo storico che ha visto Roma centro della cultura mondiale». L'attore teatrale invita a prendere esempio dall'epoca di Paolo V soprattutto per quanto riguarda investimenti nei beni culturali. «Abbiamo la metà dei turisti della Francia e meno turisti della Germania: oggi siamo il Paese che spende meno in cultura e ricerca e siamo arrivati al paradosso con la Polverini della discarica a Villa Adriana». La colpa? «Della politica che ha succhiato il sangue del Paese senza restaurare nulla». Quod non fecerunt i Barbari, lo disse un Barberini. «Ma un tempo, almeno, le grandi famiglie si arricchivano e arricchivano la città...»

Ci pensano le note della Sarabanda di J.S. Bach a introdurre il cocktail di aneddotica e divulgazione griffato Philippe Daverio che coglie la sintesi del Seicento nel ritratto del cardinale Scipione Borghese a Villa Borghese con baffi e pizzetto curati (come Bernini e Federico Borromeo). La cifra estetica di un nuovo equilibrio e di un patto sociale fondativo dell'italianità moderna che Alessandra Borghese ha messo dentro, come annota il critico d'arte, al suo romanzo.

Un romanzo coi baffi e pizzetto, per fare il verso ad una pubblicità-cult di Maurizio Costanzo. Mediazione, arte di comporre i contrasti, sintesi. Ars Daverio trova «nell'inclinazione fantastica al compromesso» non solo un «carattere nazionale ma un dato genetico della politica italiana»: si parte dal grande maestro Cosimo il Vecchio, che pose le basi del potere dei Medici, e si arriva alle continue scaramucce tra Monti e Vendola.

«Uno è un lombardo tendenza Borromeo che sconta un eccesso di severità di stampo tedesco, l'altro è un Aldo Moro con l'orecchino. Ma possono convivere tranquillamente. Entrambi sono bizantini: se non si mettono d'accordo è solo perché non hanno studiato il Concilio di Trento».

 

Urbano Barberini Urbano Barberini Ugo Brachetti Peretti e Urbano Barberini Simone Gramaglia Rosy Greco Pubblico Prima fila Philippe Daverio Philippe Daverio e Philippe Daverio e Aldo Brachetti Peretti Philippe Daverio

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”