giorgia meloni mirella serri manifesto ventotene

SUL MANIFESTO DI VENTOTENE SI E’ CONSUMATA L’ENNESIMA GIRAVOLTA PARACULA DI GIORGIA MELONI - IN UN TWEET DEL 2016 CONTRO MATTEO RENZI, FRANCOIS HOLLANDE E ANGELA MERKEL, LA PREMIER ESALTAVA “LE IDEE PIÙ CHIARE CHE AVEVANO I FIRMATARI DEL MANIFESTO DI VENTOTENE, DETENUTI IN UN CARCERE” (DIMENTICANDOSI DI RICORDARE CHE ERA IN UN CONFINO FASCISTA) - LA PREMIER E I SUOI UOMINI OGGI PREFERISCONO DIRSI ISPIRATI A CHARLES DE GAULLE “CHE È L’OPPOSTO DELL’EUROPA DI VENTOTENE” – COSA NE PENSA GIULIO TREMONTI, EX MINISTRO BERLUSCONIANO, RIPARATO IN FDI PER TORNARE IN PARLAMENTO, CHE PER DIFENDERE IL TESTO DI SPINELLI, UN MESE FA AL “FOGLIO” DISSE: “L’EUROPA RIPARTA DAL MANIFESTO DI VENTOTENE”

Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”

giorgia meloni

 

Se si fa una ricerca di archivio non si troverà una condanna del fascismo così dura e appassionata quanto è stata la sua critica al testo considerato la bibbia dell’antifascismo e dell’europeismo. Ma, in fondo, non è una scoperta se si conosce la storia di Giorgia Meloni.

 

A chi in questi anni le ha chiesto perché non si pronuncia mai a favore dell’antifascismo, che è l’ingrediente fondativo della Costituzione, ha quasi sempre risposto: «Io non sono fascista, come mi dipingono da sinistra, ma se in una qualche definizione mi devo riconoscere si può dire che sono anti-antifascista».

 

Lo ha detto e ridetto in privato, perché pubblicamente sono affermazioni che susciterebbero clamore e forse scandalo in un Paese che ha fatto rifiorire la democrazia sulle macerie fratricide del Ventennio, ma è un rivendicazione identitaria perfetta per ricercare un senso all’attacco a freddo contro il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.

 

Sono le radici antifasciste anche dell’Europa, e non solo dell’Italia, che Meloni mette in discussione, in un momento preciso della storia, mentre le autocrazie guadagnano terreno e Donald Trump […] sembra farsi beffe del Vecchio Continente.

giorgia meloni in versione ducetta

 

Ma prima bisogna fermarsi su una premessa, che spiega la sostanza tattica della mossa di Meloni. Se si cerca una ragione di questa scelta parlando con le fonti di Fratelli d’Italia e di Palazzo Chigi più vicine alla leader, e dunque in grado di darne l’interpretazione più autentica, si ricava una risposta e un mezzo sorriso compiaciuto: così Meloni- dicono - è riuscita a dirottare lontano dalle telecamere il dibattito sul riarmo europeo, che […] inevitabilmente l’avrebbe inchiodata alle sue ambiguità. L’opposizione l’ha seguita e l’opinione pubblica spaventata dal riarmo è stata distratta per un giorno.

 

C’è un mondo di parole e un mondo di fatti, nell’universo di Meloni. Un palcoscenico dove esalta la polemica politica e lo scontro ideologico, in Parlamento, e un altro dove la postura europea non può mancare, ai tavoli di Bruxelles. Ha spostato l’attenzione altrove rispetto a un dato, al momento, incontrovertibile e che Conte, Schlein e in misura diversa Matteo Salvini sono pronti a rinfacciarle: voterà il piano di Ursula von der Leyen. Non le piace il fatto che sia titolato ReArm Europe, ma lo voterà.

QUANDO GIORGIA MELONI LODAVA IL MANIFESTO DI VENTOTENE

 

Spirito di improvvisazione, fiuto politico e tatticismo puro: sono le doti con le quali Meloni in 24 ore ha ritrovato e riadattato l’allergia sovranista delle origini a una certa idea di Europa, quella che si è affermata in questi anni e che quotidianamente viene messa a dura prova dagli istinti nazionalisti. Nei passi del Manifesto, […] Meloni ritrova l’idea dell’Europa che dice di rifiutare»: quella in cui «scompaiono le Nazioni», e degli Stati Uniti d’Europa «calati dall’alto».

De Gaulle

 

Ancora una volta però i social e la memoria del web fanno emergere contraddizioni e giravolte della leader. In un tweet del 2016 contro gli allora leader di Italia, Francia e Germania, Matteo Renzi, Francois Hollande e Angela Merkel, Meloni esaltava «le idee più chiare che avevano i firmatari del manifesto di Ventotene, detenuti in un carcere» (dimenticandosi di ricordare che era in un confino fascista). Appena un mese fa, invece, è toccato a Giulio Tremonti - ex ministro berlusconiano, riparato in FdI per tornare in Parlamento – difendere il testo di Spinelli, con un’intervista al Foglio dal titolo: «L’Europa riparta dal Manifesto di Ventotene».

 

Voce piuttosto isolata, va detto, quella di Tremonti. Perché, al di là dei motivi che l’hanno spinta a farlo, le critiche mosse al Manifesto non nascono dal nulla. E trovano un sostenitore storico in Lucio Malan, capogruppo in Senato, sul cui sito personale si trovano considerazioni che sono la copia delle parole di Meloni.

 

Ma forse la voce più autorevole del partito che ha messo in discussione i principi di Ventotene è Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lo ha fatto più volte in questi due anni, anche pochi giorni prima delle elezioni europee: «Ripensare l’Unione – ha detto - vuol dire mettere da parte l’ideologia da Manifesto di Ventotene, secondo cui tutto deve calare dall’alto, e tornare alle esigenze dei popoli».

giulio tremonti arriva alla cena di fdi a palazzo brancaccio

 

Nella sfida tra i padri fondatori, la premier e i suoi uomini oggi preferiscono dirsi ispirati a Charles De Gaulle: «Che è l’opposto dell’Europa di Ventotene – spiega Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali – È l’Europa delle Nazioni, nella quale credono i patrioti italiani ed europei».

 

Anche così si spiegano le 24 ore di Meloni in Parlamento: il ritrovato riallineamento con Salvini, le concessioni – tante, quantomeno verbali – alla Lega, persino sui dazi imposti da Donald Trump, spiegano i problemi che sente la premier. I Patrioti in Europa sono il gruppo della francese Marine Le Pen, l’ungherese Viktor Orban, l’austriaco Herbert Kickl, le ultradestre che crescono e sono tutte alleate di Salvini, fattori di potenziale destabilizzazione degli equilibri europei a cui guardano favorevolmente Trump e il movimento Maga (Make America Great Again). È a loro che guarda Meloni, cercando di trovare una quadra nella faticosa gestione di alleanze che si rimescolano e sono diverse, a seconda se la giornata si trascorre a Roma, a Bruxelles o a Washington.

IL DISCORSO DI GIORGIA MELONI SU VENTOTENE - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…