jack kerouac

1966, UN UBRIACONE A MILANO CHIAMATO JACK KEROUACECCOLO NELLA GRANDE SALA DELLA LIBRERIA CAVOUR. BARCOLLA COME SE FOSSE SULLA TOLDA DI UNA NAVE, HA GIÀ BEVUTO TROPPO WHISKY - LUCIANO BIANCIARDI: “KEROUAC AVEVA UNA TALE SBORNIA CHE SI ADDORMENTAVA DAVANTI A TUTTI, E POI DESTANDOSI STRAPARLAVA IN SPAGNOLO, CONVINTO CHE LA GENTE LO CAPISSE. HA LA MIA ETÀ, MA SEMBRAVA MIO NONNO, PER COME ERA RIDOTTO MALE” – L’AUTORE DI “SULLA STRADA” MORIRÀ TRE ANNI DOPO, DISTRUTTO DALL’ALCOL... - VIDEO

kerouac addormentato alla presentazione del suo libro a Milano

1. KEROUAC HA LA MIA ETÀ MA SEMBRA UN VECCHIO

Lettera di Luciano Bianciardi alla mamma – da “Lettere ‘inutili’, volume I” (ed. ExCogita), a cura di Arnaldo Bruni – da “Repubblica”

 

Rapallo, 13 ottobre 1966

Lettera di Luciano Bianciardi alla mamma: “Il 28 dello scorso mese andai a Milano, per presentare al pubblico uno scrittore americano, Jack Kerouac: aveva una tale sbornia che si addormentava davanti a tutti, e poi destandosi straparlava in spagnolo, convinto che la gente lo capisse. Ha la mia età, ma sembrava mio nonno, per come era ridotto male”.

LUCIANO BIANCIARDI

 

2. 1966, JACK KEROUAC A MILANO

articolo del sito Doppiozero del 4 Settembre 2013

https://www.doppiozero.com/fiori-di-morte-jack-kerouac-milano

 

La grande americanista e traduttrice Marisa Bulgheroni raccoglie in Chiamatemi Ismaele. Racconto della mia America, il Saggiatore, i suoi incontri con gli scrittori che hanno fatto la storia della letteratura e della società americana dal secondo dopoguerra a oggi (da Norman Mailer a Harold Brodkey e Grace Paley, passando tra gli altri per Saul Bellow, Philip Roth, Allen Ginsberg, Vladimir Nabokov, Cynthia Ozick). Sono splendidi articoli e interviste pubblicati soprattutto a partire dal 1959 al 1991, integrati da ritratti e da ricordi inediti.

kerouac

 

Tratto da ‘’Chiamatemi Ismaele’’ di Marisa Bulgheroni

E così ecco il leggendario Jack Kerouac, che non sono riuscita a incontrare in America, che non avrei più creduto di poter incontrare, che, a sorpresa, sono invitata a presentare al pubblico milanese una sera del novembre 1966. Eccolo, spaesato e indomito, nella grande sala sotterranea della libreria Cavour gremita di ragazze e ragazzi in frenetica attesa, colorati, eleganti nei loro costosi stracci beat.

 

pivano kerouac

…..Barcolla quando si alza per stringermi la mano come se fosse sulla tolda di una nave, ma certo ha già bevuto troppo whisky… Kerouac è qui controvoglia. Ha lasciato la madre paralizzata da un ictus, sepolta sotto un macigno di silenzio: «mémère», la stella fissa del suo intermittente orizzonte domestico. Più che mai questa sera corrisponde al ritratto che di lui ha dato John Clellon Holmes: «Diffidente come un coyote su una pista e intrattabile come un cavallo che rifiuta la sella». È partito in guerra con se stesso, e ora, sul campo, scalpita, beve, si prepara allo scontro con il pubblico.

kerouac

 

Quei giovani, forse appassionati, ma inconsapevoli, si illudono di incontrare l’inventore della beat generation di cui si sentono parte oggi, nel 1966, senza sospettare che lui ne negherà l’esistenza: «Nessuna generazione è nuova… tutto è vanità…». Ignorano la rabbia profetica che gli farà scrivere: «Ci si ammazza per arrivare alla tomba prima di essere morti, e il nome di quella tomba è successo, tumulto, frastuono e merda pura…».

 

Una frattura cronologica ha spezzato la carriera di Kerouac: Sulla strada, scritto nel 1951, pubblicato nel 1957, è il libro al quale la critica l’ha inchiodato in un’equivoca eternità. E in quelle pagine aveva dichiarato: «Per me esistono solo i pazzi, pazzi di vivere, pazzi di parlare, pazzi di essere salvati, quelli che desiderano tutto simultaneamente, che non sbadigliano mai, mai dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio…». E allora: che la serata incominci, che si accendano falò di parole, e il «santo pagliaccio» – come si è definito lui stesso – reciterà la sua parte…

kerouac

 

Per presentarlo Alberto Mondadori ha scelto due grandi eccentrici della Milano anni sessanta: Luciano Bianciardi, geniale e anarchico autore della Vita agra, come Kerouac insofferente di un successo che lo inquieta, e Mario Spinella, sapiente e dolcissimo, i capelli grigi raccolti in un codino da indiano di una qualche perduta tribù metropolitana.

 

JACK KEROUAC

Bianciardi confessa di aver tradotto ‘’I sotterranei’’ in un duro corpo a corpo con una lingua di cui tentava di rendere i ritmi jazz in un italiano funambolico. Soltanto dopo si è ritrovato quella musica nella testa e ha riconosciuto in Kerouac un maestro. Spinella, freudiano, è attratto dal tema della ricerca dei padri perduti nello spaziotempo della narrativa di Kerouac, intravisti «nella tetra fioca luce rossa dei tramonti d’America».

 

…Ma già Kerouac, il bicchiere di whisky saldamente in una mano, sta rispondendo alle domande del pubblico con un’infinita pazienza rotta da scatti d’ira, ammiccamenti, risate. Ha bevuto e beve, ma è uno scrittore e non se lo dimentica mai. Non si è mai sentito vivo se non scrivendo; e ha scritto vivendo, in corsa.

 

William Burroughs kerouac

«Sì» dice «le mie storie sono vere, cambio soltanto qualche nome, qualche luogo. Cerco di raccontare la vera storia di ciò che ho visto e di come l’ho visto. Credo che con il monologo interiore si possa raccontare la vera storia dell’America, del mondo.»

 

Parla, a tratti, il francese antico dei suoi leggendari avi bretoni emigrati in Canada. «Sì» dice «credo negli angeli in terra, credo in Dio, quando sto bene. Se sto male bestemmio Lui e tutti i santi. Sono cattolico. Sono anche, in parte, indiano: per questo mi sento a casa dappertutto in America. No, non ho bisogno dell’LSD, non c’è niente di meglio del whisky.»

allen ginsberg jack kerouac

 

Sa che non è vero. Ma qui, a Milano, è costretto a rispondere a domande che non lo toccano più, e le liquida con brevi battute, o divaga e canticchia sull’orlo del crollo. Finché arriva l’odiata domanda che forse non si aspettava più: «Quanto ha contribuito il suo talento pubblicitario a creare il personaggio Kerouac?». Nella sala cala un innaturale silenzio.

 

Kerouac è uno straordinario inventore di slogan, di titoli di libri, di definizioni memorabili. Lui ha dato il nome alla beat generation e ne ha illustrato il duplice significato di «battuta» e «beata». Ma non per questo vuole essere ricordato. Si avventa sul microfono, lo scuote come se fosse una sbarra della gabbia in cui si sente imprigionato.

 

BEAT GENERATION

«La pubblicità» dice «non è il mio mestiere. Il mio mestiere è scrivere, nuotare nel mare della lingua. Sono venuto qui perché il mio editore mi ha offerto ottocento dollari, e lo ringrazio per questo. Ma non sono abituato a tanta attenzione. In America mi danno del dumb, del cretino, mi trattano come un “santo imbecille”… In America…»

 

E improvvisa, dal testo di Visioni di Cody: «“L’America è ricercata dalla polizia, inseguita attraverso / il Kentucky e l’Ohio, dorme coi topi della stalla e / geme tra le lamiere di cupi silos remoti / … è l’impersonale tempo notturno ai crocicchi, agli incroci dove / ognuno guarda da una parte e dall’altra, da quattro parti…”

 

beat generation 8

È lì che ho vissuto, che ho imparato a scrivere nel mio gergo: “nel linguaggio della corrente del fiume dei suoni, parole, buio, che portano al futuro e testimoniano della pazzia, della vuotaggine, del casino della mia mente, che, benedetta o imbenedetta, sta dove cantano gli alberi…”». Ha citato, di nuovo, se stesso – un passaggio dei Sotterranei – a occhi chiusi, potrebbe addormentarsi.

 

Lo scuote un’ultima domanda: un americano tra il pubblico vuole conoscere i suoi progetti per il futuro. E lui, stremato, si alza in piedi, indica con un vago gesto giocoso la lampo dei jeans, ma Domenico Porzio lo prende sottobraccio e lo guida verso l’uscita tra un ultimo scroscio di applausi.

JACK KEROUAC - SULLA STRADA

 

Fuori, sotto un arco di manzoniano cielo stellato, i beatniks milanesi gli si stringono intorno in un gioioso assalto: vogliono toccarlo, assicurarsi che esista, prima che scompaia tra le pagine dei suoi libri. Nessuno vede nei suoi «stanchi occhi marini» i fiori della morte. Kerouac non ritornerà in Italia. Morirà tre anni dopo, distrutto dall’alcol.

 

KEROUAC VIAGGIO IN ITALIA 1966: INTERVISTA A FERRUCCIO PARAZZOLI

Ferruccio Parazzoli, autore prolifico, il 28 settembre del 1966 andò a prendere in aeroporto a Milano Kerouac. A quell'epoca Parazzoli lavorava nell'ufficio stampa di Mondadori (poi diventerà direttore degli 'Oscar'). In questa intervista, racconta il ruolo di Fernanda Pivano, con chi e in che condizioni avvenne la presentazione milanese di BIG SUR (scelto come 500° della collana 'Medusa'.

beat generation 9

KEROUACKEROUACMarisa Bulgheronineal cassady jack kerouacKEROUAC DODYH MULLER E ARAM jpegjack kerouac hippie beatnik catho mystique l z3w9mbjac kerouac 1JACK KEROUAC JACK KEROUAC I VAGABONDI DEL DHARMA JACK KEROUAC PIVANO KEROUAC 11kerouac in Italia di Alessandro MancaKEROUAC SULLA STRADA DATTILOSCRITTO ORIGINALE

KEROUAC BEAT GENERATIONbeat generation 1beat generation 10beat generation 4beat generation 3beat generation 2

 

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…