AHI! TECH - IL RICHIAMO DELLA GIUNGLA: LA RECENSIONE DI “FAR CRY 3” - LA TRAMA MOLTO COINVOLGENTE E LE AMBIENTAZIONI SPETTACOLARI RISPETTANO LA TRADIZIONE UBISOFT, ANCHE SE I PUNTI IN COMUNE CON IL CELEBRE “ASSASSIN’S CREED” SONO MOLTISSIMI - C’È MASSIMA LIBERTÀ DI MOVIMENTO ED ESPLORAZIONE, MA LA MIRIADE DI OBIETTIVI E MISSIONI SECONDARIE RISCHIANO DI DISTRARRE DALLA TRAMA PRINCIPALE...

A cura di Andrea Andrei per Dagospia

È vero che dopo il titolo, ormai famoso, c'è un "3". Ma ciò non sta a significare che sia un sequel, almeno per quanto riguarda la trama, le ambientazioni e i personaggi. "Far Cry 3", sparatutto prodotto da Ubisoft (l'azienda canadese che ha rivoluzionato il mondo dei videogiochi per console di nuova generazione con "Assassin's Creed"), si distingue abbastanza dai precedenti.

Tanto per cominciare, in questo videogioco, che è uscito lo scorso 30 novembre e che da allora è rimasto stabile nella classifica dei titoli più venduti, non ci troveremo nei panni di un mercenario o di un soldato delle forze speciali, ma in quelli di un personaggio che con armi e guerra ha ben poco a che vedere.

La storia narra di un gruppo di amici che va in vacanza sulle Rook Islands, delle isole deserte (o almeno così credevano loro) fra l'oceano Pacifico e l'oceano Indiano. Ma mentre la comitiva è intenta a godersi il mare da favola e a cimentarsi negli sport estremi, quel paradiso si trasforma improvvisamente in un incubo. Il gruppo viene rapito dai pirati che infestano la zona, capitanati da uno squilibrato di nome Vaas. Il protagonista, Jason Brody, uno studente universitario, riesce a scappare dal luogo in cui è tenuto prigioniero grazie al fratello maggiore Grant, un ex soldato, che però viene ucciso proprio da Vaas. Jason, solo e terrorizzato, fugge nella giungla e viene raccolto da Dennis, un emigrato liberiano che lo accoglie in un villaggio di indigeni. Così Jason, suo malgrado, prenderà parte a una guerra tremenda, nel tentativo di recuperare gli amici e la fidanzata Liza, ancora detenuti dai pirati.

Il videogioco ha un pregio fondamentale, e cioè un'empatia profonda del giocatore con il personaggio principale. La storia è coinvolgente, e fin dall'inizio mettersi nei panni di Jason trasmette delle sensazioni molto più autentiche rispetto a quanto ci abbiano abituato la maggior parte degli sparatutto. Man mano che si prosegue nella storia, prendere consapevolezza dei propri mezzi e imparare a muoversi con disinvoltura nell'ambiente che ci circonda dà molta soddisfazione. In realtà però, mentre all'inizio il livello di empatia è massimo, nel giro di poco tempo il personaggio progredisce in un modo innaturale. Insomma, si parte che Jason è ferito, terrorizzato e disperato per la morte del fratello, ma bastano un paio di convincenti discorsi di Dennis e un tatuaggio (che rappresenta il suo spirito guerriero) per trasformarlo improvvisamente da uno sbarbatello con la passione per gli sport estremi a una specie di Rambo, che ha dimestichezza con tutti i tipi di armi e riesce ad abbattere intere frotte di nemici, lanciandosi da solo all'assalto dei fortini dei pirati.

Anche se, come abbiamo, detto, "Far Cry 3" si distingue dal precedente (il secondo titolo della serie è ambientato in Africa), non potevano mancare gli inconfondibili marchi di fabbrica Ubisoft. In primis, la bellezza e l'impressionante ricostruzione delle ambientazioni, il che fa sì che i più romantici si fermino spesso a guardare i panorami, sempre diversi e incredibilmente spettacolari. La stessa cosa che accade con il celeberrimo Assassin's Creed, solo ambientato nella giungla.

L'aver citato il gioco sugli Assassini non è casuale. Può sembrare strano a dirsi, eppure "Far Cry 3" in molti aspetti ne riprende proprio le stesse dinamiche di gioco. Il fatto che per accedere a delle zone della mappa si debbano attivare delle antenne radio ricorda i punti d'osservazione resi famosi da Altair a Gerusalemme; il dover liberare dei fortini dei pirati per rendere disponibili nuove missioni non differisce molto dalle "torri dei Borgia" di "Assassin's Creed Brotherhood"; alcune tecniche di combattimento con il coltello ricordano le mosse di Ezio Auditore, senza considerare le tante citazioni sparse qua e là.

Certo il nostro personaggio non è dotato delle stesse abilità atletiche degli Assassini e non si muove sui tetti, ma in compenso è capace di utilizzare un vasto arsenale e di guidare molte diverse tipologie di mezzi di trasporto, fra cui jeep, automobili, barche, motoscafi, deltaplani (questi ultimi del tutto simili a quello costruito da Leonardo da Vinci e utilizzato da Ezio Auditore in "Assassin's Creed II"). L'esperienza di guida dei veicoli è proprio una delle cose meglio riuscite del gioco.

Il territorio in cui ci si muove è molto ampio, e si ha la massima libertà di esplorazione. E forse è proprio questa la maggiore virtù e al contempo la più grande pecca di questo videogame. Considerate le enormi distanze e l'infinita varietà di missioni e obiettivi secondari, il gioco può diventare un po' dispersivo. Si viene continuamente distratti dalle mille attività che è possibile intraprendere nella giungla, e se non ci si impone di ignorarle e procedere diritti si rischia di perdere il filo della storia, o che comunque quel coinvolgimento emotivo di cui parlavamo prima venga meno.

Altro problema è rappresentato dai nemici, che come in Assassin's Creed sono di diverse categorie ma si ripetono costantemente, e sembrano tutti un po' incapaci, vista la semplicità con la quale si riesce ad eliminarli.

Ma non è certo un mistero il perché questo gioco abbia avuto (e continui ad avere) un grande successo. Se è vero infatti che potrebbe sembrare un tributo ad Assassin's Creed, è altrettanto vero che quest'ultimo, che lo si voglia o no, è un assoluto capolavoro. Allo stesso modo, per quanto se ne vogliano cercare i difetti (e non è difficilissimo trovarli), non si può certo dire che "Far Cry 3" non sia un gran bel gioco. D'altronde c'è tutto: suspance, trama avvincente, personaggi fighi, ottima grafica, ambientazioni superbe, buone dinamiche di combattimento, violenza a palate e quella discreta dose di follia che non guasta mai.

Forse l'aspetto meno godibile è rappresentato dal gioco online. Salvo alcune piccole varianti (più di forma che di sostanza), riprende né più né meno quello che è lo schema classico di Call of Duty. Ragione per la quale, noi che abbiamo provato questo gioco nella versione per Xbox 360, possiamo solo consigliarvi di utilizzare il multiplayer solo per alternarlo alla storia principale. Sempre che ne abbiate il tempo, visto che se volete vivere davvero la giungla fino in fondo avrete di fronte a voi ore ed ore di gioco.

 

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