AHI! TECH - IL VIDEOGIOCO DELL’UTOPIA: “BIOSHOCK INFINITE”

A cura di Andrea Andrei per Dagospia
(Twitter: @andreaandrei_ )

Come potrebbe essere la vita sull'isola di Utopia? E che aspetto potrebbe avere la città ideale? Partire da una citazione di Thomas More per parlare di un videogioco potrebbe sembrare fuori luogo. Eppure, se il videogioco in questione è "Bioshock Infinite", nuovo capitolo di una serie che in passato si è guadagnata un nome di grande rispetto, il paragone suona assolutamente azzeccato.

Dalle profondità marine di Rapture, alle altitudini celesti di Columbia. Dalle atmosfere sempre buie nelle quali è ambientato il primo Bioshock, all'onnipresente luce di Bioshock Infinite (a Columbia non piove mai).

Rapture e Columbia sono due classici esempi di società chiuse in versione videoludica. Due società progettate da megalomani, costruite per ospitare l'élite dell'umanità. Società apparentemente perfette, lontane dal caos terreno e che si autoriproducono continuamente. Città in cui la scienza e la tecnologia la fanno da padrone, in cui gli uomini diventano superuomini grazie a strani infusi che li rendono potentissimi, in grado di lanciare fiamme e fulmini dalle mani e di "impossessarsi" di macchine e di altri esseri umani.

Due società che, dietro un'apparenza di ordine e bellezza, nascondono la perversione dell'integralismo religioso, e poco importa se il dio che si venera sia un vecchio uomo malato che si fa chiamare "Il Profeta", o il denaro e il capitalismo. Ecco che i superuomini si trasformano in sudditi perfettamente indottrinati, ottusi e, quindi, pericolosi. Il passaggio dal mondo perfetto e zuccheroso a quello della violenza e della follia è quasi impossibile da cogliere. Il sorriso diventa un ghigno, la cortesia cinismo, e il rosso del sangue appare il colore più vivace.

E in Bioshock Infinite di violenza ce n'è parecchia. Anche se è ambientato nel 1912, le armi non mancano. Si va dalla semplice pistola fino alle mitragliatrici, passando dai fucili a pompa, i lanciarazzi e da una specie di uncino rotante, che viene utilizzato negli attacchi ravvicinati e che è decisamente l'arma più cruenta. Poi naturalmente ci sono i Vigor, delle pozioni molto simili ai Plasmidi del primo Bioshock, che conferiscono a chi li usa dei poteri eccezionali.

Due mondi molto diversi, quelli di Rapture e Columbia, ma con tante cose in comune. Soprattutto una: lo stile. Stile nel senso di classe, raffinatezza, estetica. Il primo Bioshock si rifaceva agli anni '50, questo invece al periodo antecedente alla prima guerra mondiale. Il futurismo ambientato nel passato. Un connubio che, ancora una volta, si rivela sublime.

E che Bioshock Infinite, sviluppato da Irrational Games (mai nome fu più azzeccato) e pubblicato da 2K, di stile ne abbia da vendere, lo si capisce già dalla copertina. La cover del gioco è infatti "double-face": nel retro di quella ufficiale, ce n'è nascosta un'altra dallo sfondo rosso, disegnata e incorniciata proprio come fosse una locandina dei primi del Novecento.

Bioshock Infinite, come il suo predecessore, apparterrebbe alla categoria degli sparatutto in prima persona. L'uso del condizionale è però necessario, visto che questa definizione gli va decisamente stretta. La trama, i personaggi e soprattutto le ambientazioni rivestono un ruolo fondamentale, e costituiscono la vera ricchezza del gioco.

Mentre il Bioshock della città degli abissi Rapture aveva diversi elementi di un survival horror, stavolta, complici anche le ambientazioni più "luminose", non si può dire altrettanto, sebbene spesso ci si ritrovi ad affrontare situazioni a dir poco inquietanti.

Ma perché Booker De Witt, il protagonista della storia, si ritrova nelle strade di Columbia? De Witt è un veterano della guerra di secessione che, caduto in disgrazia a causa della sua vita dissoluta, finisce per contrarre dei debiti. Per estinguerli viene spedito fra le nuvole della città volante con l'obiettivo di recuperare una ragazza di nome Elizabeth e riportarla sulla Terra.

Quello che gli sembrava un compito semplice si trasformerà però in una sfida epica che lo coinvolgerà sempre di più. Columbia è una città che, nonostante la sua apparenza serena, nasconde un'anima razzista e integralista. I suoi abitanti hanno una devozione cieca per il Profeta, il megalomane Zachary Comstock, colui che ha avuto l'idea di trasportare nel cielo la città "come fosse una seconda Arca", facendo elevare i suoi cittadini dalla "Sodoma" che gli Stati Uniti stavano diventando. Le cose stanno in realtà in maniera ben diversa, e la storia svelerà man mano la vera natura di Columbia, tutt'altro che pacifica.

Nel tentare di portare in salvo Elizabeth, tenuta segregata fin da piccola non si sa bene per quale motivo, Booker si ritroverà invischiato in una guerra fra i dissidenti del movimento "Vox Populi" e i fedeli di Comstock.

I profili dei personaggi sono molto ben resi, il che rende la trama appassionante e piena di nuovi sviluppi e colpi di scena. Anche stavolta, come nei precedenti Bioshock, non manca il bestione che semina il terrore, il "Songbird", una sorta di versione alata del "Big Daddy" di Rapture.

Insomma, se vi è piaciuto il primo Bioshock, con "Infinite" potete andare sul sicuro. La mente del designer Ken Levine ha partorito qualcosa di simile a Rapture ma, se possibile, ancora più spettacolare e raffinato. Combattimenti epici e dettagli degni di un punta e clicca, con una colonna sonora davvero notevole.

Preparatevi a impugnare le armi a Columbia. Ma, soprattutto, a godervi il panorama.

 

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