LA RIVINCITA DEGLI SPAGNOLI DI FRANCIA – COL NUOVO SINDACO DI PARIGI ANNE HIDALGO E IL PREMIER VALLS (NATO A BARCELLONA) SI AVVERA LA PROFEZIA DI LUIGI XIV: LA POLITICA PUÒ CANCELLARE I PIRENEI

Sergio Romano per il "Corriere della Sera"

Non so se Francia e Spagna siano unite o separate dai Pirenei, la catena montuosa che corre per 430 chilometri tra il Cap de Creus sul Mediterraneo e il Cabo Higuer sull'Atlantico. L'uso del verbo dipende dalle circostanze storiche e dal punto vista. Quando rifletteva sulla mutabilità dei giudizi a seconda delle latitudini, Pascal disse ironicamente che le cose cambiano non appena attraversano queste montagne: sono vere da una parte e false dall'altra.

Luigi XIV, invece, era convinto che la politica potesse addirittura cancellare i monti dalla carta geografica. Secondo Voltaire, quando suo nipote, il duca d'Anjou, lasciò Parigi per salire sul trono di Spagna, il re di Francia lo salutò dicendo «non ci sono più i Pirenei». Intendeva dire che fra i due Paesi vi sarebbe stato da quel momento un indissolubile legame famigliare. Luigi il Grande era almeno in parte spagnolo. Sua madre, Anna d'Asburgo, era nata a Valladolid, prima figlia di Filippo III, era stata battezzata alla fonte con nomi spagnoli e non smise mai di parlare la lingua materna, soprattutto con il cardinale Mazarino, di cui era amante e, forse, sposa segreta.

I Borbone, del resto, erano ormai in buona parte spagnoli. Prima di abiurare la sua fede luterana e diventare re di Francia («Parigi vale una messa»), Enrico IV aveva regnato su Navarra, un piccolo Stato a cavallo dei Pirenei; e anche i baschi, che non sono né spagnoli né francesi, occupano una regione che si estende sui due lati della frontiera naturale.

In altri tempi, invece, i Pirenei erano stati una barriera politica e religiosa. Gli storici non credono che Orlando (in francese Roland) sia morto a Roncisvalle nel 778 combattendo contro i «mori» per consentire a Carlo Magno di passare in Francia con il suo esercito dopo la sfortunata campagna militare con cui aveva cercato di cacciare i musulmani dalla Spagna.

Pensano piuttosto che dietro la tragica fine del più famoso paladino medioevale vi fosse una banale imboscata di predoni locali, rozzi montanari che vivevano taglieggiando e massacrando le carovane dei mercanti. Ma è vero che soltanto la fine della Reconquista ristabilì l'unità religiosa fra quelli che furono da allora, per molto tempo, i due maggiori regni cattolici del continente.

La politica unisce e divide. Vi furono momenti in cui francesi e spagnoli combatterono insieme contro lo stesso nemico, altri in cui si scontrarono, talvolta lungo le frontiere dei loro rispettivi imperi coloniali. Ma la Francia cresceva sino a diventare, fra il Seicento e il Settecento, la maggiore potenza europea a sud della Manica, mentre la Spagna, pur conservando il maggiore impero coloniale del mondo, si chiudeva in una sorta di altezzoso e bigotto provincialismo.

Vi fu anche un tentativo di modernizzazione nel corso del Settecento quando le idee dell'Illuminismo attraversarono i Pirenei e cominciarono a scendere lungo la penisola. E vi fu una guerra franco-spagnola dopo la rivoluzione francese, nel 1793, quando il Borbone di Madrid volle vendicare la morte del Borbone di Parigi, decapitato dalla ghigliottina nelle peggiori giornate del Terrore.

Ma l'esercito spagnolo capitolò di fronte a quello della Francia rivoluzionaria e un trattato di pace fece della penisola iberica un satellite francese.
Più tardi, nel 1807, Napoleone andò oltre e decise di farne un feudo familiare. Costrinse i Borbone a farsi da parte con metodi che ricordano quelli di Hitler con l'Ungheria dell'ammiraglio Horthy durante la Seconda guerra mondiale, e installò sul trono il fratello Giuseppe.

Fu quello il momento in cui i francesi si accorsero che un vecchio Stato, tanto diverso ormai da quello del secolo d'oro, poteva essere abitato da un popolo orgoglioso.
L'insurrezione spagnola del 1808 fu la prima delle grandi guerre di liberazione combattute contro Napoleone. I francesi potevano vincere le battaglie, ma non riuscirono mai a debellare la fierezza spagnola.

La migliore storia di quel periodo, fra il 1808 e la fine dell'era napoleonica è quella dipinta e incisa da Goya nel grande quadro che ritrae la fucilazione degli insorti il 3 maggio 1808 e nelle incisioni dei «Disastri della guerra».

Quindici anni dopo, nel 1823, i francesi tornarono in Spagna. In entrambi i Paesi il re, in quel momento, era un Borbone: Luigi XVIII a Parigi, Ferdinando VII a Madrid. Quando i liberali spagnoli insorsero contro il loro sovrano, quello di Parigi decise di sostenere il cugino e inviò un corpo di spedizione in cui prestava servizio anche un giovane principe di casa Savoia, di nome Carlo Alberto, destinato a salire qualche anno dopo sul trono di Torino.

La battaglia decisiva fu quella per la conquista del forte del Trocadero alle porte di Cadice, che i francesi presero con un assalto alla baionetta. Non è la più bella pagina della storia militare francese, ma ha dato il suo nome a un luogo di Parigi da cui si gode una splendida vista della Torre Eiffel e del Campo di Marte. Un turista molto particolare, Adolf Hitler, vi inscenò un macabro balletto il 23 giugno 1940.

Durante la Guerra civile spagnola, dopo il golpe franchista del 1936, i repubblicani sperarono che il governo di Léon Blum avrebbe fatto per la loro causa ciò che il governo di Luigi XVIII aveva fatto per i reazionari di Ferdinando VII. Parigi fu il maggiore centro di reclutamento europeo per i volontari delle Brigate Internazionali e, per molti aspetti, una retrovia della Guerra civile.

Ma la Francia ufficiale preferì restare alla finestra. Si sdebitò, almeno in parte, accogliendo un certo numero di profughi alla frontiera dei Pirenei dopo la caduta di Barcellona. Altri arrivarono più tardi, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e il gruppo s'ingrossò, per motivi economici e sociali, sino a creare una comunità spagnola che contava nel 1968 più di 600 mila persone.

Da allora molti sono tornati in patria non appena il loro Paese ha potuto trarre vantaggio dall'ingresso nella Comunità economica europea. Oggi vanno e vengono a tutti i livelli sociali, come accade ormai fra parecchi Paesi dell'Unione, e il numero di coloro che hanno la doppia nazionalità, come Anne Hidalgo, nuovo sindaco di Parigi, è diventato una legione. Luigi XIV ha finalmente ragione: non ci sono più i Pirenei.

 

manuel valls manuel valls francois hollande ANNE HIDALGOnathalie kosciusko morizet con rachida dati LUIGI XIV RE SOLE ANNA D ASBURGO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…