COSE TURCHE E (PARA)GÜLEN - MAZZETTE, VIDEOPORNO E ARRESTI: ERDOGAN DENUNCIA ‘UN’OPERAZIONE SPORCA’ DEL RIVALE GÜLEN - NELLA GUERRA TRA PREMIER E LEADER ISLAMICO, L’UNICO A RIDERE È GÜL…

Da ‘Il Foglio'

Ieri sera nella piazza del quartiere Besiktas a Istanbul la gente manifestava brandendo scatole da scarpe. E' lì dentro, in scatole di cartone, che si dice fosse nascosto il denaro, milioni di dollari in mazzette. Il più grande scandalo della storia politica della Turchia è iniziato martedì mattina, quando dall'ufficio del procuratore di Istanbul Zekeriya Oz sono stati emessi 52 mandati di arresto.

La polizia è entrata in decine di case, sequestrato documenti, scattato foto. Per il pomeriggio l'organigramma dei sostenitori dell'Akp, il partito del premier Erdogan e del presidente Gül, era decimato e i media parlavano di milioni di dollari infilati appunto in scatole da scarpe, in sacchi, in faldoni di carta. I 52 arrestati erano tutti vicini all'Akp.
Tra loro alcuni imprenditori potenti, come il re dell'edilizia di Istanbul Ali Agaoglu o i membri del board di Halkbank, l'istituto di credito di proprietà dello stato finito di recente sotto inchiesta da parte delle autorità americane perché sospettato di aggirare le sanzioni iraniane.

Poi ci sono politici locali, funzionari di governo, ma soprattutto i tre figli dei ministri dell'Interno, dell'Economia e dell'Ambiente. Le accuse sono molte, il quadro generale è quello di una grandiosa operazione di corruzione il cui schema è semplice solo perché le indagini sono ancora agli inizi: soldi, tanti da doverli infilare nelle scatole da scarpe, in cambio di appalti e favori.

Mercoledì Recep Tayyip Erdogan era furente: "C'è un'operazione sporca in corso", ha detto il premier in conferenza stampa. "Dei circoli dentro e fuori dalla Turchia" stanno cercando di fermare la sua crescita. "Qui c'è un gruppo di potere che sta cercando di diventare uno stato nello stato".

Erdogan non lo ha detto esplicitamente, ma fin dalle prime rivelazioni il pensiero di tutti era volato in Pennsylvania, all'abitazione lussuosa di Fethullah Gülen, il carismatico e miliardario leader islamico in esilio autoimposto dal 1999 dopo che a Istanbul, quando ancora i generali dettavano legge, l'aria per lui si era fatta troppo pesante.
Gülen e il suo movimento Hizmet (parola turca per "servizio"), con le sue infinite disponibilità economiche, i suoi istituti educativi (diffusi in più di 100 paesi in tutto il mondo), un impero mediatico e una ramificazione nei principali gangli dello stato, è stato fino a pochi anni fa il principale alleato di Erdogan.

Insieme i due, l'uno eletto premier e l'altro nella funzione di illustre protettore, hanno limitato e sconfitto i militari, annichilito i kemalisti, spinto la Turchia a un'impetuosa crescita economica. Poi le cose sono iniziate a cambiare, il premier Erdogan è stato rieletto e rieletto ancora, ha sentito saldo il potere nelle sue mani, troppo ingombrante l'organizzazione del lontano Gülen.

Da anni i rapporti tra i due sono freddi, durante gli scontri di piazza Taksim quest'estate, mentre il governo schiacciava i manifestanti, Gülen fece dichiarazioni ambigue. La guerra è diventata definitiva il mese scorso, quando il governo ha chiuso gli istituti educativi di Hizmet, un tappeto di scuole private e per la preparazione degli esami universitari, luoghi di influenza e di formazione della classe dirigente.

Gülen e i suoi sostenitori hanno strepitato e gridato vendetta, alcuni deputati dell'Akp vicini a Hizmet, compreso l'ex campione di calcio Hakan Sükür, si sono dimessi per protesta. Quando martedì è scoppiato lo scandalo è stato fin troppo facile pensare al leader miliardario. Lui ha smentito ogni accusa, ma ha lasciato dietro di sé troppi indizi per non destare almeno qualche sospetto. Il primo è proprio il procuratore Zekeriya Oz, da sempre sostenitore di Hizmet.

La reazione di Erdogan è stata durissima. Tra mercoledì e giovedì il governo ha rimosso dal loro incarico con l'accusa di abuso d'ufficio più di 20 ufficiali delle forze dell'ordine, ieri sera a essere rimosso è stato il capo della polizia Huseyin Capkin, con tutti i suoi vice. Ma lo scandalo non ha accennato a placarsi, da tre giorni internet e i giornali (che pure ieri titolavano compatti sulle dichiarazioni del premier, la Turchia è ancora "la più grande prigione per giornalisti del mondo", come dice un fresco report del Committee to Protect Journalists) si riempiono di foto di mazzette di dollari nascoste nelle case di funzionari e amministratori, ieri in serata ha iniziato a diffondersi un filmato pornografico che ritraeva Mustafa Erdogan, il fratello del premier.

Insieme alle foto e ai filmini è arrivata la piazza di Istanbul. Che non ama Gülen, ma dopo Taksim odia Erdogan. Ieri ci sono state manifestazioni in varie zone della città, compresa la sede di Halkbank, al posto dei cartelloni c'erano scatole da scarpe. "E' ancora troppo presto per capire fino a che punto le rivelazioni danneggeranno Erdogan", ha detto al Foglio Ilhan Tanir, analista turco e collaboratore di varie testate in patria e in America.

"Il premier è ancora in controllo del suo partito, ma sicuramente subirà un colpo nelle elezioni locali di marzo 2014". Gülen controlla una parte consistente dei media in Turchia ed è presumibile che la campagna contro l'Akp sia appena iniziata. "Provocherà un grave danno nella base elettorale di Erdogan", anche se, dice Tanir, sono "poco realistiche" le voci secondo cui Gülen sarebbe pronto a finanziare una fazione ribelle dello stesso Akp.

Due protagonisti per ora guardano
Ci sono due attori che sono rimasti a guardare lo spettacolo. Il primo è l'élite laica del paese, per ora esclusa da questa contesa tra i due grandi movimenti di ispirazione religiosa: "L'élite laica sta osservando tutta questa storia con il sorriso sulla faccia", dice Tanir. "Fino a oggi i suoi rappresentanti politici sono stati inefficaci, deboli, frammentati, i grandi media laici sono stati uno a uno sottomessi dall'Akp". Oggi Gülen e il suo enorme conglomerato sono gli unici a resistere al potere di Erdogan, e i laici non possono fare altro che restare a vedere se Erdogan riuscirà a sconfiggere il suo ultimo nemico. "E' il test definitivo per il suo potere", dice Tanir.

Il secondo attore è il presidente Abdullah Gül, anche lui alleato di Erdogan trasformatosi in rivale. Gül, più di Gülen, è personaggio suadente, e ha sempre risolto le sue grane senza dare nell'occhio. Erdogan vorrebbe il suo posto quando nel 2015 scadrà il suo premierato, Gül non ha ancora rivelato se si ricandiderà. Ma ora Erdogan è indebolito più che mai, nel momento in cui questo giornale va in stampa è in corso una riunione dell'Akp da cui il gabinetto di governo potrebbe uscire decimato. "Molti indizi sembrano mostrare che la parte peggiore dello scandalo debba ancora arrivare", dice Tanir. "Alla fine di questa vicenda il vero vincitore potrebbe essere proprio Gül".

 

 

Sumeyye ErdoganSumeyye ErdoganERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD HAKAN SUKUR GULEN FETHULLAH GULEM

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