IL CANONE LETTERARIO DI HAROLD BLOOM: “YAHVÈ, GESÙ E ALLAH SONO PURA FICTION, NÉ PIÙ NÉ MENO DI AMLETO” – “IL NOBEL? UN PREMIO POLITICO, L’ULTIMO È ANDATO A MODIANO, UN ROMANZIERE FRANCESE CHE NESSUNO CONOSCE” - “IL CARDELLINO” DI DONNA TARTT? NON HO MAI SENTITO PARLARE DI QUESTO LIBRO”

Alessandra Farkas per “La Lettura - Il Corriere della Sera

 

HAROLD BLOOMHAROLD BLOOM

Harold Bloom si era raccomandato di entrare senza suonare il campanello né bussare. Ora ci aspetta in sala da pranzo, trasformata nell’ennesima stanza di lettura stracolma di libri, quadri e sculture (la maggior parte della celebre suocera artista Dina Melicov), tutto assorto in Dialogue on Poetry and Literary Aphorisms di Friedrich Schlegel, mentre la moglie Jeanne prende il tè con un’amica nella cucina lì accanto, dove un orsacchiotto con il cappellino degli Yankee accovacciato sul lavandino tradisce le preferenze sportive della casa. In giro non c’è ombra di apparecchi televisivi; solo una vecchia radio color caffé trasmette senza interruzione musica classica: Mozart, Bach, Vivaldi. 
 

patrick modianopatrick modiano

Davanti a lui il candelabro cabalistico con la mano di Miriam, i resti del pranzo («mangi troppo», lo ammonisce Jeanne) e un’orchidea viola. Una delle tante che affollano l’edificio marrone in stile coloniale sulla Linden Street, dove tutte le settimane 24 studenti di Yale si riuniscono per seguire i corsi del più venerato, controverso e leggendario tra i critici letterari viventi, autore di bestseller internazionali come Il Canone Occidentale e Come si legge un libro (e perché) , editi in Italia da Rizzoli. 
 

«Casa mia è diventata un college, io una facoltà», scherza senza sorridere Bloom, Sterling Professor of the Humanities and English a Yale, il più alto rango accademico conferito dall’ateneo fondato nel 1701. «La salute non mi permette di recarmi al campus dove insegno da 60 anni. Ma non mi sono dato per vinto e ho appena terminato i miei ultimi due corsi chez moi : uno Shakespeare and the Canon: Histories, Comedies and Poems (Shakespeare e il canone: storie, commedie e poesie), l’altro Art of Reading a Poem (L’arte di leggere una poesia)». 
 

donna tartt 3donna tartt 3

Come si svolgono le lezioni a casa sua? 
«Ci riuniamo attorno a questo tavolo o in salotto e analizziamo un giorno l’ Amleto e il Re Lear ; un altro giorno la poesia di Wallace Stevens e Hart Crane. Dirigo due gruppi di discussione, ciascuno di 12 studenti internazionali tra i 20 e i 23 anni. Ma ricevo troppe domande di iscrizione e sono costretto a una rigida selezione». 
 

Che requisiti bisogna avere per accedere alla sua torre d’avorio? 
«Gli studenti debbono scrivere due saggi: il primo su Shakespeare o la poesia, il secondo autobiografico. Mia moglie e io li leggiamo insieme alla mia fedele assistente e insieme cerchiamo di fare la scelta giusta. Posso garantirle però che l’amore per i classici e la poesia è molto grande nella gioventù di oggi. Chi viene qui è alla ricerca di un approccio tradizionale e di valori letterari ed estetici lontani da ideologie o idiozie come appartenenza etnica, genere, orientamento sessuale e classe sociale». 
 

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Quest’anno verrà pubblicato il suo nuovo libro sui «dàimon», che nella filosofia greca erano gli esseri superiori a metà strada fra il divino e l’umano. 
«È un saggio di 528 pagine in uscita a maggio. S’intitola The Daemon Knows: Literary Greatness and the American Sublime ed esamina i 12 scrittori americani più vitali, dotati di un’intensità demonica che consente loro di elevarsi verso il sovrasensibile: Walt Whitman, Herman Melville, Ralph Waldo Emerson, Emily Dickinson, Nathaniel Hawthorne, Henry James, Mark Twain, Robert Frost, Wallace Stevens, T.S. Eliot, William Faulkner e Hart Crane. In Italia sarà pubblicato da Rizzoli, come probabilmente anche gli altri miei due nuovi libri: Knowing Shakespeare , in uscita ad aprile, e The Emergence of Voice , subito dopo». 
 

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Nel marzo scorso il «New York Times» ha dedicato due articoli al ventesimo anniversario del suo «Canone». 
«Li ho letti con disgusto. Soprattutto quello, atroce, dell’anglo-indiano Pankaj Mishra: un idiota, uno dei tanti prodotti dell’ affirmative action , che ha osato paragonare il mio libro a La chiusura della mente americana di Allan Bloom e Lo scontro delle civiltà di Samuel P. Huntington. Il secondo articolo era firmato da Daniel Mendelsohn, un intelligente classicista di Princeton che però ha similmente travisato le mie tesi. Ecco perché non leggo più né il “New York Times” né la “New York Review of Books” e preferisco passare il mio tempo in compagnia delle grandi opere immortali». 
 

Don  Delillo Don Delillo

Non è contento che a vent’anni dalla pubblicazione il suo «Canone» continui a infiammare tanto gli animi? 
«Continuerà a farlo ben dopo la mia morte, così come pure Shakespeare. L’invenzione dell’uomo e Come si legge un libro (e perché) . Ma anche se sono sempre in testa alle vendite di Amazon, non sono certo quelli i miei tre libri preferiti. Il terzo è addirittura un manuale per principianti mentre Il Canone occidentale contiene ancora quella maledetta lista estortami dagli editori e scritta di getto in due ore, costringendomi a lasciar fuori tanti grandi». 
 

È vero che nelle università americane le sue teorie stanno tornando di moda? 
«Il mondo accademico Usa non mi ha mai perdonato le critiche rivoltegli a partire dalla fine degli anni Settanta, quando giurai di scrivere solo per quello che Samuel Johnson chiamava “il comune lettore” e mai più per l’università. Oggi ricevo email e telefonate da tutto il mondo. Gente pervasa da una repulsione profonda contro il neostoricismo, lo pseudo-marxismo e lo pseudo-femminismo, ma anche docenti universitari tedeschi, polacchi, francesi». 
 

THOMAS PYNCHON THOMAS PYNCHON

Che cosa le dicono? 
«Che la mia battaglia è la loro e mi esortano ad andare avanti. Non ce n’è bisogno perché lo farei comunque anche se sono stanco delle polemiche e avrei dovuto ascoltare il mio amico John Hollander, il grande poeta e critico scomparso l’anno scorso, che citando Samuel Johnson mi ripeteva: “Harold, smettila di sbraitare contro i vanagloriosi”. Aveva ragione. Ho speso troppo tempo in sciocchi litigi, bruciando tanta energia che avrei potuto impiegare nello studio». 
 

In un’intervista al «Corriere» del 2009 si lamentò del «Nobel per idioti». È cambiato qualcosa da allora? 
«L’ultimo è andato a un romanziere francese che nessuno conosce (Patrick Modiano, ndr). Ho cercato di leggerlo ma non vi ho trovato nulla. Il Nobel è politico e per questo continua a ignorare l’America. Gli svedesi sono socialdemocratici mentre gli Usa sono una plutocrazia, un’oligarchia, una teocrazia». 
 

Che cosa pensa della letteratura americana contemporanea? 
«Philip Roth ha abbandonato la penna. Dopo Meridiano di sangue e Underworld Cormac McCarthy e Don DeLillo si sono arenati e anche Thomas Pynchon, il migliore dei quattro, ha scritto il suo ultimo capolavoro, Mason & Dixon , nel 1997». 
 

WILLIAM SHAKESPEAREWILLIAM SHAKESPEARE

E gli scrittori nell’era di Obama? 
«Amo Tony Kushner, soprattutto Angels in America e in particolare la parte seconda intitolata Perestroika . Stimo Denis Johnson, autore di Jesus’ Son : uno dei suoi notevolissimi libri. Mi piace anche Michael Chabon: un tipo affascinante. Ma non ho abbastanza tempo per leggere tutto ciò che mi mandano gli editori, montagne e montagne di libri. Oggi continuo a seguire le novità di poesia in tutte le lingue, ma ho rinunciato a fare lo stesso con la prosa». 
 

Avrà pure letto «Il cardellino» di Donna Tartt? 
«Non ho mai sentito parlare di questo libro» 
 

Dante AlighieriDante Alighieri

Quali sono i grandi poeti di oggi? 
«Dopo la morte di A. R. Ammons e James Merrill, il miglior poeta vivente in tutte le lingue è John Ashbery. Amo leggere Rosanna Warren, poetessa finissima figlia di Robert Penn Warren, il Poet Laureate mio amico fino alla morte. E Peter Cole, autore di The Invention of Influence di cui ho curato la prefazione, un poeta straordinario che vive tra Yale e Israele ed è un’autorità in materia di traduzione della poesia ebraica medievale. Ho passato il capodanno con lui e sua moglie Adina Hoffman, talentuosa scrittrice di non fiction». 
 

Esiste un corrispettivo ebraico di Shakespeare o Dante? 
«Franz Kafka. Marcel Proust, la cui madre era ebrea. E tra gli scrittori yiddish Chaim Grade. La letteratura yiddish annovera grandi talenti, da Sholem Aleichem e Mendele Mocher Sforim a I. L. Peretz e Sholem Asch. Nessuno li conosce? Certo: Hitler ha ucciso 6 milioni di ebrei, 5 milioni dei quali parlavano yiddish. Di questi 2 milioni erano bambini». 
 

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Chi è l’Harold Bloom di oggi? 
«Quando il presidente di Yale mi ha chiesto se sarei mai andato in pensione gli ho risposto: “Portami il prossimo Harold Bloom e darò subito le dimissioni”. Ma non l’ho ancora visto». 
 

Secondo alcuni potrebbe essere James Wood del «New Yorker». 
«Chi? Quel giornalista osceno che mi ha attaccato in maniera feroce per pura invidia? Wood è un pigmeo, un nano, un pessimo romanziere e la prego di citarmi. Un tempo mi elogiava ma poi “ho offeso la sua cristianità” scrivendo un libro intitolato Gesù e Yahvè e da allora mi attacca anche se non ha rinunciato a imitarmi. Il vento verrà e se lo porterà via. Il più grande critico vivente oggi è il mio caro amico Angus Fletcher, autore dello splendido Allegory ». 
 

Honore De Balzac Honore De Balzac

Con il passare degli anni ha riscoperto la sua ebraicità? 
«Non l’ho mai perduta. Sono cresciuto parlando yiddish e ancora oggi sogno in quella lingua. La prima volta che ho sentito parlare inglese è stato in prima liceo. La mia è una sensibilità yiddish». 
 

Si sente più pessimista rispetto al passato? 
«Sono solo più realista. Negli ultimi tempi la mia salute è molto cagionevole e sono stato più volte in ospedale. La morte incombe su di me, eppure i miei valori non sono cambiati. Credo ancora che la cultura ci umanizzi e se penso a quanti anni ho ancora davanti — tre, cinque al massimo — so che non c’è nulla di meglio che io possa fare che leggere e rileggere i classici». 
 

Pensa mai alla vita dopo la morte? 
«Citerò Ralph Waldo Emerson: “Non c’è vita dopo la morte. Qui e adesso: sono tutto ciò che abbiamo”. Ne era convinto anche Amleto. Walt Whitman diceva che esisti finché una persona viva si ricorderà di te o di ciò che hai detto e scritto. Anche io vivrò fino a quando ci sarà qualcuno sulla Terra che si ricorderà di me o di un mio libro o teoria». 
 

ChaucerChaucer

Crede in Dio?

«Non credo in Yahvè, al quale ho peraltro dedicato diversi libri. Il culto occidentale di personaggi letterari chiamati Dio è molto pericoloso e ha creato una spirale infinita di guerre, massacri e violenza, tutti i giorni sotto i nostri occhi. Yahvè, Gesù e Allah sono pura fiction, né più né meno di Amleto, del Pellegrino di Dante o del Leopold Bloom di Joyce». 
 

In quale Dio si identifica? 
«Sono uno gnostico ebreo allievo di Gershom Scholem e credo che la creazione e la caduta siano lo stesso evento e che in ognuno di noi c’è una scintilla, un soffio, un respiro, un frammento sepolto più in profondità della roccia, del Dio vero e alieno che è stato esiliato al di là degli spazi interstellari e che non possiamo raggiungere. Lo gnosticismo, come afferma il mio amico Moshe Idel, grande studioso di Kabbalah, è un’eresia ebraica». 
 

stendhalstendhal

Quale caratteristiche dovranno avere gli scrittori del futuro per essere grandi? 
«Devono conoscere Shakespeare e Dante, Montaigne e Balzac, Chaucer, Stendhal, Proust, Milton, Wordsworth, Calvino, Ungaretti e Leopardi. Debbono imparare le lingue. E se non sanno il greco antico e il latino leggano Omero, Pindaro e Virgilio in un’ottima traduzione. Il mio consiglio ai giovani è sempre lo stesso: leggete tanto e attentamente, con la mente e con il cuore». 

 

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