CALCIO UBER ALLES – BAYERN, SCHEMI E VIVAIO, CAPOLAVORO HEYNCKES. IN ATTESA DI GUARDIOLA

1. SCHEMI E VIVAIO, CAPOLAVORO HEYNCKES - EUROPA INCANTATA DAL SUO CALCIO. IN ATTESA DI GUARDIOLA
Enrico Sisti per La Repubblica

Jupp Heynckes, 67 anni, sorride ma non si scompone: «È la pensione che mi sono imposto a non farmi abbattere mai». Andrà via dal Bayern. E aggiunge: «Cascasse il mondo io lascio ». Più vince, più stupisce e più gli sarà difficile staccarsi. È lui il cardine della più recente e sconvolgente mutazione del Bayern.

Fra pochi giorni consegnerà a Guardiola un Bayern "Zeitgeist", un esempio di modernità sportiva e gestionale. Il Bayern non ha risorse illimitate eppure da 18 anni chiude il bilancio in attivo. È vincente per definizione e per questo in patria la maggioranza lo detesta. Non sempre è stato bello. A volte è solo furbo.

Due notti fa ha fatto trapelare all "Bild" la notizia dell'acquisto di Götze. "Beben" l'hanno definito i giornali, terremoto. Un velo di arroganza. Eppure c'è anche dell'umiltà nelle sue strategie. Non s'è mai vergognato di prendere dagli altri: un po' dal Barcellona, un po' da Manchester United, un po' dalle tedesche più piccole, pensiamo al Wolfsburg di Magath.

Ama restare coi piedi per terra e i conti a posto. Come il Manchester di Sir Alex, il Bayern conosce l'arte della sconfitta sana, sa perdere, riparte in un attimo. Quando le ferite sono profonde (mettiamo le due finali di Champions perse negli ultimi minuti, quella contro lo United nel '99 e quella dello scorso anno contro il Chelsea) trova energia nel dolore.

«I settori di forza del Bayern sono Allianz Arena, sponsor, merchandising, new media, international e una passione indefinibile», spiegava Andreas Kufner, direttore del marketing. Per costruire l'Allianz Arena venne indetto un referendum popolare perché parte delle spese sarebbe state affrontate con denaro pubblico. Il fatturato è quasi di 400 milioni, il club vanta 162.187 soci e 2764 club.

Non esistono magliette taroccate né schiavitù televisive: i proventi dei diritti tv sono appena la quarta fetta della torta dei ricavi: «Non ci sono squadre imbattibili, a cominciare dal Bayern», ha detto ieri Heynckes. La strada però è quella. Ci stanno provando. Il Bayern che martedì ha camminato sui resti di Messi è il risultato di una lenta sedimentazione.

Heynckes aveva già vinto due scudetti in Baviera alla fine degli anni Ottanta. Gli riconsegnarono il Bayern dopo il crac di Van Gaal davanti a Mourinho. Heynckes rivalutò la 'cantera', abbassò leggermente la difesa per evitare che si continuassero prendere gol con lanci di quaranta metri che mettevano alla berlina i difensori. Altro dato: il Bayern non
è mai frutto di follie di mercato. Quest'anno sono stati acquistati Martinez (48 milioni) e Mandzukic (12 milioni). L'ultimo colpo degno di chiamarsi tale risaliva al 2009 (Robben). Il Bayern ha vinto sempre, i suoi allenatori hanno impostato vita e calcio partendo da filosofie spesso contrapposte (Lattek, Beckenbauer, Trapattoni, Hitzfeld, Van Gaal).

Quest'anno per la prima volta lo ha fatto sorprendendo, ha dieci stelle, dieci capitani, una ventina di terzini (anche Ribery lo fa): «Non abbiamo titolari». Ha vinto la Bundesliga con margini impensabili. Dal paese, al pari del Dortmund, assorbe un valore assoluto: la commistione culturale e etnica iniziata con l'ascesa ormai lontana di Mehmet Schöll.

Boateng ha scelto la Germania (mentre il fratello milanista il Ghana), tedeschi sono Diego Contento e il piccolo Emre Can, austriaco Alaba e svizzero Shaqiri. Il settore giovanile è predominante: da lì provengono Schweinsteiger, Müller, Lahm, Alaba, Kroos, Badstuber. Heynckes ha ridotto i rischi del calcio di Van Gaal senza snaturarlo.

Il Bayern si fonda sul possesso palla (con meno tocchi di prima del Barça), ma se necessario sa come dirottare sul piano B (martedì è stata difesa e contropiede). Sui campi di allenamento di Säbener Strasse non faranno mai a meno di un centravanti. Heynckes s'è avvicinato a Pep giocando come Pep faceva giocare il Barcellona ai tempi di Ibrahimovic.

Guardiola cambierà? sì ma con cautela. Ha una rosa di nomi sul taccuino: dopo Götze potrebbero arrivare un esterno, si parla di Bale, due centrali di difesa più rapidi, si parla di pescare dalla Premier, e forse un altro trequartista. Robben martedì è stato superlativo ma potrebbe non restare. Come Gomez, al quale la presenza ingombrante di Mandzukic e la freschezza di due promesse come Weihrauch e Friesenbichler potrebbe suggerire altre destinazioni. Prepariamoci.

2. STAMPA SPAGNOLA SPIETATA "LA WATERLOO AZULGRANA"
La parolina magica, remuntada, stavolta non c'è. Non ci sono due gol da rimontare al Milan, ma quattro presi dal Bayern: neppure i giornali spagnoli s'illudono. «Pesadilla », strilla Mundo Deportivo, «incubo». Il quotidiano catalano vicino al Barça parla di squadra «fisicamente a pezzi», ma sottolinea pure le sviste arbitrali: «Tre gol dei tedeschi sono irregolari».

Un lamento anche il titolo di Sport: «La noche mas triste», la notte più triste. «La squadra blaugrana ha patito la peggior sconfitta europea da Atene '94». Allora fu il Milan a vincere 4-0 in finale di Champions contro Cruyff. L'analisi è spietata: «Il Bayern è passato sopra a un Barça senza forza né calcio», e «Messi ha giocato ma è scomparso e non ha potuto evitare la disgrazia».

La disperazione di Piqué, invece, campeggia su La Vanguardia, che parla di «Waterloo azulgrana » e spiega che «la difesa nefasta sui corner fa sprofondare il Barça». Il madrileno Asguarda avanti: «Fin de ciclo», a ricordare che forse all'Allianz Arena è finita un'epoca. «Il Barça ha confermato a Monaco tutti i suoi cattivi sintomi».

Lucido El Pais: «Più vicini ad Atene che a Wembley». Ricorda il calvario delle trasferte, e una squadra «consumata fino alla caduta sgangherata». Sottolinea che oggi «il calcio è su un percorso diverso », rappresentato dal Bayern «fisicamente potente», «ben organizzato» e «spietato». È il linguaggio della resa.

 

 

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