IL CALVARIO DI BUSI - “”EL ESPECIALISTA DE BARCELONA”, IL MIO NUOVO ROMANZO, IL PRIMO IN QUASI UN DECENNIO, È RIMASTO SENZA UN EDITORE” - DOPO AVER ROTTO CON MONDADORI CHE GLI AVEVA RECAPITATO UN CONTRATTO-CAPESTRO, HA STRACCIATO ANCHE IL CONTRATTO CON GIUNTI - “SE OGGI VOLESSI PUBBLICARE ‘’SEMINARIO SULLA GIOVENTÙ’’, PER NON PARLARE DI ‘’SODOMIE IN CORPO 11’’, NON TROVEREI UN EDITORE’’…

Maurizio Bono per "la Repubblica"

Il nuovo romanzo - il primo di Aldo Busi in quasi un decennio - è tutto lì dentro il computer: compiuto e rivisto con meticolosa ossessione fino a ogni virgola e accento, dal titolo El especialista de Barcelona al punto finale, dopo 136mila e 210 parole, 377 cartelle, circa 550 pagine di volume.

«Potrei dire che è il romanzo di tutta una vita? Direi di sì. Dopo averlo scritto, ripudiato e riscritto, mi sono riconciliato con lui. È all'altezza della mia opera e anche della mia ambizione. Dormendo poche ore al giorno, per scriverlo ho impiegato nove mesi. Come per un bambino. Solamente che questo bambino non vuol saperne di uscire all'aperto».
Busi, in stato di grazia come lo scrittore certo di aver dato il meglio di sé e che il meglio di sé è «un romanzo perfettamente risolto e come nella storia della letteratura non se ne potranno scrivere più», è senza un editore.

Ha rotto il contratto con Mondadori, che finora aveva pubblicato quasi tutti i suoi libri dopo il clamoroso esordio con Seminario sulla gioventù (Adelphi 1984). Subito dopo ha firmato un contratto con Giunti, ma ha strappato anche quello e restituito, spiega, l'anticipo a cinque zeri.

Senza rimpianti: «Io sono un patito della libertà e sono convinto che qualcuno è libero solo se pur di esserlo mette a repentaglio la propria economia. Aver subito un danno che mi sono inflitto da me mi fa tornare libero. Che coincidenza! Anche di ciò si parla, nel romanzo». Per ora le 377 cartelle restano nel file. Busi la racconta così.

Partiamo dall'inizio?
«Avevo smesso di scrivere romanzi verso il 2000, dopo ho pubblicato divertissement, miscellanee, capricci antropologici. In questi dieci anni non ho avuto interlocutori editoriali, o meglio ho avuto interlocutori che non avendo la capacità di vedere in me lo scrittore, ripiegavano sui birignao dell'amicizia per ovviare a carenze professionali. Ma non mi serve. Del resto è morta una civiltà letteraria, un'editoria, un mondo. Io so bene cos'è la modernità, con tutte le sue cianfrusaglie, ma meglio le cianfrusaglie di oggi che la nostalgia di una cosa che non c'è più. Perché scrivere per un Paese diventato un non paese, soprattutto dopo l'avvento di Berlusconi?».

La butta subito in politica?
«Ho smesso di scrivere romanzi per ragioni politiche, perché in Italia, a differenza che in Inghilterra e in Francia specialmente, il successo è sempre decretato dalla omologazione a gruppi di potere. Non faccio parte di un clan né di una confraternita, sono anticlericale, sono un omosessuale dichiarato a cui ispirano sufficienza senza desiderio gli uomini - siccome non me ne erano successe abbastanza, doveva capitarmi anche questa - non ho desideri repressi, non vivo nascosto. E dopo trent'anni tutto questo mio civile affanno non si insinua manifestamente nell'opinione pubblica e nella classe politica. Tanto vale smettere, i capolavori li ho già scritti e mi considero già fortunato di aver centrato il mio tempo: se oggi Aldo Busi volesse pubblicare Seminario sulla gioventù, per non parlare di
Sodomie in corpo 11, non troverebbe un editore ».

Al romanzo però è tornato.
«Il libro voleva essere scritto, io non volevo scriverlo. Di riscrittura in riscrittura mi rendo conto che El especialista de Barcelona giaceva in me già dal 1985, quando inizia l'azione evocata nelle prime pagine. Un caos che deve essere ordinato, e cominciano a delinearsi 24 personaggi. Si svolge in un arco di tempo dalla fondazione della Legione spagnola di Millán-Astray, poi ministro franchista, alla visita del Papa a Madrid nell'agosto 2011. Mi dice Flavio Marcolini, un insegnante di Calcinato specialista di questi conti, che uso circa 38mila vocaboli, lessemi stranieri esclusi. E a leggerlo scorre così» (Apre il rubinetto e mostra lo scroscio dell'acqua, ndr).

Mondadori era ancora il suo editore.
«Con loro ho un contratto decennale per i 40 titoli pubblicati, che scade nel 2014. La prelazione era un gesto di cortesia, benché ormai l'immagine di Mondadori la facciano Marina Berlusconi con le sue infelici lettere a Saviano o Signorini con le foto di Kate Middleton a seno nudo. Come scrittore non mi sento rappresentato da ere e ere fa. Comunque il 27 marzo mi arriva il contratto, lo leggo e comincio una lotta impari per
cambiarlo».

Perché?
«Un contratto così non l'ho mai ricevuto prima, checché ne dica l'ufficio diritti. Comma 7.2.1 punto c: "L'autore garantisce di essere disponibile a collaborare in via preventiva con l'editore al fine di eliminare eventuali rischi connessi agli aspetti contenutistici dell'opera". Vuol dire: se non vogliamo questa cosa la tagli. Poco dopo: "Nel caso in cui soggetti terzi agiscano nei confronti dell'editore, questo può rivalersi sull'autore". Io dico: ma scusate, il libro è lì, leggetelo prima, se non vi sta bene me lo restituite, altrimenti togliete queste clausole. Niente».

C'è tanto di preoccupante in questo romanzo?
«Dipende da chi voglia farmi l'assurdo onore di preoccuparsene. A parte il fatto che chi tocca una mia virgola muore, chi può firmare onestamente una cosa del genere? Uno che fa ricette di cucina o gialletti. Un'opera di letteratura è sempre sincronica al suo tempo e quindi si occupa della materia fugace - effimera, ma di cui tutti siamo vivi - del suo tempo, cioè la politica. Se uno scrittore non è emarginato, vilipeso, se non è uno che "non fa parte", "terzo" anche a se stesso, che scrittore è? Un bestsellerista che se ne va in giro in giacca e papillon a vendere grigie sfumature di cellulosa».

Così cambia editore.
«Benedetta Centovalli, editor freelance della Giunti di Firenze, mi aveva cercato già a febbraio avendo saputo del libro, quando ancora pensavo a Mondadori. Comincia a lavorarmi ai fianchi, invano, ma non demorde, una tosta. Dopo che il contratto non viene modificato dalla Mondadori, le mando il file del romanzo. È entusiasta. Dico: ma Giunti si rendono conto di che libro è e dell'anticipo richiesto?

Non ci sono problemi. Vado a Firenze e trovo un contratto scritto magnificamente, per la stessa cifra chiesta alla Mondadori, 200mila euro, con la differenza che Mondadori, d'ufficio, senza neppure consultarmi, aveva scritto nel contratto la metà. Consiglio alla Mondadori di farsi scrivere i romanzi dai suoi legali e Giunti annuncia la presentazione alla Fiera del libro di Francoforte e l'uscita a gennaio».

Come mai non è un happy end?
«Ma è un happy end! Il giorno prima di firmare vedo Sergio Giunti, un uomo molto bello che ha la gentilezza di incontrarmi anche se è appena uscito da una clinica. Mi dice: si rende conto che siamo il quarto gruppo editoriale italiano, con più di 200 librerie? Dovremo rientrare dall'anticipo. Replico che dovrebbe sentirsi lui miracolato, a poter vantare Busi nel catalogo, visto che le sue librerie non tengono i miei libri, e considerare l'anticipo un investimento meno caro d'una campagna pubblicitaria».

E lui?
«Incassa. Poi, però, non hanno mantenuto il patto di mettere i miei libri nei loro punti vendita. Mi hanno chiesto di parlare alla grande distribuzione e ai loro librai, ma non tenendo loro i miei titoli, non avevo nulla da dirgli. Se necessario avrei presentato io il romanzo a Francoforte in francese, tedesco, inglese, spagnolo e quando ho cercato i miei referenti per i dettagli logistici non ho avuto risposte.

Un episodio sull'altro, ho capito che non stavo mettendo il mio libro in mani giuste. Fino alla richiesta della responsabile dell'ufficio stampa di sapere in anticipo cosa avrei detto nella prima intervista
sul libro, questa. Chiedo la risoluzione consensuale del contratto che mi è concessa, questa sì, fulmineamente, faccio il bonifico dell'anticipo e via. La casa editrice si comporta da perfetta gentildonna, io da perfetto gentiluomo».

Però "El especialista de Barcelona" resta nel computer.
«Io sono un'ammiraglia dagli interni spartani, l'editoria di oggi è abituata a canotti foderati in pelle e lo champagnino cinese del cumenda. Il romanzo potrei buttarlo in Internet, se non fosse per il rischio che qualcuno modifichi il testo, e per quello di cause legali, nel caso venisse in mente a qualcuno di farle...».

 

 

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