
LA CANNES DEI GIUSTI - “COSA HAI FATTO QUEST’ESTATE?” “SONO STATA AL FUNERALE DI MIO PADRE”. CREDO CHE SIA LA BATTUTA CHIAVE DEL BEL FILM GIAPPONESE IN CONCORSO, “RENOIR”, CHE DI OCCIDENTALE HA SOLO IL TITOLO, DIRETTO DA CHIE HAYAWAKA - ANCHE SE NON È SEMPRE FACILE DA CAPIRE, E HA MOLTI PUNTI PER NOI MISTERIOSI, È PER MOLTI VERSI UN SUPERBO RACCONTO SULLA CONOSCENZA DELLA MORTE E SULLE DIVERSITÀ DI ACCETTAZIONE TRA OCCIDENTALI E GIAPPONESI… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
il cast di renoir a cannes 2025
“Cosa hai fatto quest’estate?” “Sono stata al funerale di mio padre”. Credo che sia la battuta chiave, oltretutto detta in inglese, del bel film giapponese in concorso, “Renoir”, che di occidentale ha solo il titolo, diretto da Chie Hayawaka, la regista del non scordato “Plan 75”, qui al suo secondo film.
Seguiamo Fuki, l’inedita Yui Suzuki, una bambina di 11 anni nella Tokyo degli anni ’80 alle prese con un padre malato di cancro che entra e esce dall’ospedale, e una madre stressata, Hikari Ishida.
yui suzuki in renoir di chie hayawaka
Fuki non sembra una bambina come le altre, perché, forse per la malattia del padre, ha un rapporto particolare con la morte. A cominciare dalla sua, che vediamo messa in scena con tanto di serial killer nei primi minuti. In realtà, ci racconta, è solo un esercizio letterario. Ma in qualsiasi film occidentale, se cominci con la morte del protagonista che descrive la scena, poi vai avanti col protagonista morto o parte un flashback.
Non è questo il caso. Perché il film sembra quasi un continuo, intelligente lavoro sul senso della vita e della morte che sta elaborando Fuki come fosse un diario personale. Ma anche un susseguirsi di racconti.
Anche la morte del padre, che è mediato da un altro possibile racconto di Fuki, non è assolutamente enfatizzata essendo vista come un’apparizione fantasmatica in una scena che è difficile da vedere come reale, dove la bambina sperduta su un ponte in mezzo alla pioggia viene recuperata dal padre che è appena morto.
Che il rapporto con il realismo e l’esibizione dei sentimenti dell’occidente sia una delle chiavi del film, magari, lo capiamo quando la maestra di inglese della bambina, ricordandole che anche lei ha perso il padre da piccola, cerca di abbracciarla calorosamente e Fuki rimane distaccata.
yui suzuki in renoir di chie hayawaka
Le lacrime di Fuki, se non sbaglio, le vedremo per pochi secondi solo nella notte della scena finale.
Anche se non è sempre facile da capire, e ha molti punti per noi misteriosi, il film di Chie Hayawaka è per molti versi un superbo racconto sulla conoscenza della morte e sulle diversità di accettazione tra occidentali e giapponesi.
Forse in quel titolo, che rimanda a una riproduzione di un quadro di Renoir, che finirà nella camera di Fuki e che il padre le ha regalato, sta un po’ la chiave per spiegare qualcosa in più di quello che vediamo. In realtà il film ha molti momenti di commedia, con Fuki che fa esperimenti di magia, e un grande momento drammatico con l’arrivo di quello che sembrerebbe un pedofilo, forse un serial killer. Ma è tutto apparentemente molto leggero.
renoir di chie hayawaka
yui suzuki in renoir di chie hayawaka