philip k.dick

PHILIP K. DICK, IL PROFETA DEGLI UNIVERSI PARALLELI - CARRÈRE RACCONTA LA VITA DEL MAESTRO DI FANTASCIENZA CHE CREDEVA DI ESSERE CONTROLLATO DALLA CIA O PERSINO DI ESSERE IL SOGNO DI QUALCUN ALTRO - MORI’ POCO PRIMA DELL’USCITA DI “BLADE RUNNER” TRATTO DAL SUO ROMANZO: “SI SAREBBE CONVINTO CHE ERA UN REPLICANTE”

Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”

 

PHILIP K. DICK 4PHILIP K. DICK 4

Prima di Eduard Limonov e di Jean-Claude Romand ( L' Avversario ), Emmanuel Carrère ha raccontato un' altra vita tormentata: quella di Philip K. Dick, lo scrittore visionario che nella California della contro-cultura immaginava gli universi di Blade Runner , Minority Report e Total Recall, l'uomo sotto anfetamine perseguitato dal fisco che viveva nel dubbio perenne di essere controllato dall'Fbi, dalla Cia, dall' Unione Sovietica, o di essere solo il sogno imperfetto, il residuo di coscienza di qualcun altro posto in stato di ibernazione.

 

La biografia Io sono vivo, voi siete morti torna in libreria (Adelphi, traduzione di Federica Di Lella e Lorenza Di Lella) e Carrère spiega a «la Lettura» come Dick ha influenzato la sua opera, e la cultura contemporanea.

 

CARRERECARRERE

Quando è nata la sua passione per Philip K. Dick?

«Ho cominciato verso i 16 anni, negli anni Settanta, lo si leggeva al liceo. È un gusto che non mi ha mai lasciato. Non solo ho passato due anni della mia vita, 25 anni fa, a scrivere la sua biografia, ma oggi quando rimetto il naso in un romanzo di Dick ho l' impressione di caderci dentro. L' effetto è sempre più forte, come se la sua visione con il tempo si sia dimostrata vera in modo ancora più evidente».

 

Come le profezie di Dick hanno trovato un legame con la realtà?

«In tutto ciò che è mondo virtuale, un concetto che si è sviluppato enormemente dopo la sua morte. L' idea che la rappresentazione della realtà si sovrapponga alla realtà e la rimpiazzi, la abolisca completamente. In una quarantina di romanzi e centinaia di racconti si è formata una visione "dickiana" del mondo che è una delle griglie di lettura più giuste, pertinenti e vertiginose che esistano».

 

CARRERE COVERCARRERE COVER

Leggendo la sua biografia si vede un Philip K. Dick immerso nella cultura positivista degli anni Settanta, ma lui non condivideva affatto quell' atteggiamento da «la tecnologia ci salverà».

«Al contrario era uno scrittore molto pessimista. Una persona nevrotica ai confini della malattia mentale, ma anche molto lucido sul proprio caso».

 

Anche in questo Dick è attuale? Noi viviamo ormai in un' epoca al confine tra la fiducia estrema nelle novità tecnologiche e uno sguardo problematico sull' intelligenza artificiale e sui robot.

«Oggi sentiamo che la tecnologia non rende necessariamente il mondo più sicuro. Ci sono autori di fantascienza ,senza avere centrato in modo esatto, letterale, le loro previsioni, hanno comunque compreso qualcosa di profondo. Penso per esempio a Dick e a Ballard. Come Dostoevskij aveva capito in pieno le questioni fondamentali del secolo: sul terrorismo la cosa più profonda mai scritta resta I demoni ».

 

Nel libro lei definisce «goffo» lo stile di Dick.

PHILIP K.DICK - 2PHILIP K.DICK - 2

«Sì, e adesso penso che non sia molto giusto, tutto sommato. È un cliché dire che Dick scriva male, e di questo genere di rimprovero bisogna diffidare sempre. È quel che diceva Nabokov di Dostoevskij: un pessimo scrittore, pesante e laborioso. Ma alla fine Dostoevskij mi importa più di Nabokov, che considero un po' pedante, scritto meravigliosamente bene d' accordo, ma qualche volta non c' è molto altro. Dick ha una prosa abbastanza piatta, senza eleganza, non arty , ma in fondo solida, efficace».

 

Come epigrafe lei ha scelto un passaggio del discorso pronunciato in Francia, a Metz, nel 1977, l' unica volta che Dick viaggiò fuori dagli Stati Uniti. «Siete liberi di non credermi - dice Dick - ma credete almeno a questo: non sto scherzando. Molte persone dicono di ricordarsi di vite anteriori; io mi ricordo di un' altra vita presente».

«Dick ha avuto un' esperienza religiosa che lui stesso non sapeva come interpretare: si domandava se fosse vera, se dipendesse dalla paranoia o se gli scienziati sovietici stessero sperimentando qualcosa su di lui. Nella famosa conferenza di Metz, Dick si presenta come una specie di profeta degli universi paralleli.

EMMANUEL CARRERE E LIMONOVEMMANUEL CARRERE E LIMONOV

 

Ormai si è messo a credere che tutto quel che raccontava nei suoi libri era letteralmente vero, e scruta la sua opera passata per cercare di comprenderne il senso. Un editore francese, Patrice Duvic, considerava Ubik come uno dei cinque libri più importanti di tutti i tempi, e non accanto a romanzi ma assieme alla Bibbia, al Daodejing o al Libro tibetano dei morti . Dick gli credeva volentieri».

 

Ma la conferenza di Metz fu un disastro.

«Gli avevano detto che in Francia avrebbe trovato un pubblico di ammiratori, ed era vero, allora lui pensò che fosse l' occasione buona per uscire allo scoperto e presentarsi come un profeta: ci sarebbe stato un prima e un dopo la rivelazione di Dick, nella storia dell' umanità. Non ha funzionato, perché quegli ammiratori erano dei gauchisti post-sessantottini che giudicavano fascista qualsiasi cosa legata alla religione.

 

PHILIP K.DICK - 1PHILIP K.DICK - 1

Quando lui si è presentato con la croce al collo e gli occhi da invasato e ha cominciato a parlare da redentore, prima si sono detti "sta scherzando", poi che era diventato matto. È una storia molto sorprendente quella degli ultimi anni di Dick, e si è obbligati a prenderlo sul serio: non si può dire solo che sia diventato un po' matto o sia finito nel pentolone delle sue visioni, come Obelix con la pozione magica».

 

In che senso va preso sul serio?

«Nel suo modo di interrogare la sua esperienza c' è qualcosa di molto appassionante. Anni dopo, scrivendo Il Regno , ho pensato che la figura di San Paolo abbia qualcosa a che vedere con Dick: la differenza è che San Paolo ha contribuito a creare una religione, quindi ha acquisito una rispettabilità culturale immensa.

Emmanuel  carrere Emmanuel carrere

 

Ma quando ancora non si sapeva se quella religione avrebbe funzionato o no, San Paolo non era così diverso da un agitato geniale come Dick. E Dick era cosciente di questo: se aveste ascoltato San Paolo all' epoca, diceva, non gli avreste creduto più di quanto non crediate a me».

 

La morte della gemella Jane, poche settimane dopo la nascita, ha condizionato tutta la vita di Dick. Era affetto dalla sindrome del sopravvissuto?

«Di sicuro quell' evento ha giocato un ruolo importante. Mark Twain aveva un fratello gemello, Bill, e si assomigliavano a tal punto che per distinguerli venivano loro annodati al polso dei nastri colorati. Un giorno li lasciarono senza sorveglianza nella vasca da bagno e uno dei due annegò.

 

I nastri si erano sciolti. "E non si è mai saputo chi fosse morto, se Bill o io", diceva Twain. Dick interpretava la storia di sua sorella un po' in questo modo. Magari era Jane a essere davvero in vita, non lui. A partire da questa fragilità psichica ha costruito una straordinaria interrogazione metafisica sulla realtà, una grande opera letteraria e profetica».

 

BLADE RUNNERBLADE RUNNER

Alla fine del libro c' è la scena commovente del padre che lo seppellisce nella stessa tomba della sorella Jane. Tutto era già pronto, anche la lapide. Restava da incidere la data della morte.

«Come se per 52 anni Philip avesse atteso di raggiungere la sorella Jane nella tomba. È quel che fa di Dick uno scrittore impressionante e potente, ma anche commovente. Ho passato due anni in una specie di intimità quotidiana con lui, con la sua opera, il che è pericoloso perché ci si può stufare in fretta. E Dick nella vita era insopportabile, faticoso, ma non ho mai smesso di avere dell' affetto per lui. Un personaggio infantile, disarmato, privo di cinismo e di sicurezza di sé».

the truman showthe truman show

 

C' è anche un lato da «beautiful loser»: Philip K. Dick muore qualche giorno prima dell' uscita di «Blade Runner», il film tratto dal suo romanzo «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?», che lo avrebbe consacrato.

«Non si è reso conto delle dimensioni che avrebbe preso la sua gloria, ha avuto solo un piccolo assaggio della notorietà.

 

Ma anche il successo sarebbe stato un motivo di angoscia, avrebbe pensato di essere vittima di una manipolazione dell' impero. O avrebbe finito per convincersi che non era più da tempo il vero Philip K. Dick, ma una specie di replicante».

 

Quanto ha influenzato la cultura popolare?

«Ci sono film come Blade Runner ispirati alla sua opera in modo dichiarato e altri che non lo citano, ma Matrix , per esempio, è totalmente Dick, come anche The Truman Show , che amo molto.

 

Qualche anno fa mi indignavo quando uscivano questi film, perché non riconoscevano il loro tributo a Dick, ma adesso in fondo penso che vada bene così, vuole dire che ha vinto lui, non c' è più bisogno di dirlo, il mondo di Dick è diventato il mondo tout court . È certamente l' autore che ha avuto più influenza nella cultura popolare del XX secolo».

PHILIP K.DICKPHILIP K.DICK

 

Compresa questa cosa un po' da film horror per cui non c' è mai una vera fine, arriva sempre un livello successivo.

«Esattamente: Dick non riusciva a concludere. Come se avesse terrore del momento fatale in cui la pallina della roulette cade sul rosso, o sul nero».

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