1. COME MAI ALIBERTI, EDITORE DI REGGIO EMILIA, PUBBLICA IL DIARIO APOCRIFO DI GALLINARI? 2. IL BRIGATISTA FECE UN RESOCONTO DEI 55 GIORNI IN CUI FU CARCERIERE DI MORO, E UN “EDMOND DANTES” L'AVREBBE TROVATO. QUI NE PUBBLICHIAMO UN GIORNO 3. IL PUNTO PIU’ STRAZIANTE: “AVEVO IL PASSAMONTAGNA E MORO MI CHIESE: “MA GLI UOMINI DELLA MIA SCORTA, SONO MORTI TUTTI?”. GLI DISSI “SI'”. E LUI COMINCIÒ A PIANGERE” 4. GALLINARI È MORTO A GENNAIO, E I SUOI FUNERALI HANNO FATTO MOLTO RUMORE: CENTINAIA DI PERSONE (E POLITICI LOCALI), PUGNI CHIUSI E “INTERNAZIONALE” (VIDEO)

1. VIDEO - I FUNERALI DI PROSPERO GALLINARI: PUGNI CHIUSI E "INTERNAZIONALE"

 


2. LIBRO GALLINARI

Edmond Dantès - "Prospero Gallinari - Ho sentito Aldo Moro che piangeva - APOCRIFO"

Imprimatur Editore (un marchio di Francesco Aliberti), promosso e distribuito da RCS Libri.

QUARTA DI COPERTINA

Prospero Gallinari non era un uomo di lettere. Veniva dai campi ed era un rivoluzionario combattente, in nome del proletariato comunista. Proprio a lui toccò il compito, tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978, di far da carceriere di Aldo Moro, sequestrato dalle Brigate Rosse dopo lo sterminio dei cinque uomini della sua scorta. Prospero Gallinari tenne un diario della sua irripetibile esperienza in un appartamento di Roma.

Appunti e annotazioni, spesso farciti di svarioni grammaticali e di errori di ortografia. Venuto in possesso del documento, mi sono limitato, per così dire, a dargli una veste letteraria, rispettando scrupolosamente la sostanza del contenuto.

Edmond Dantès


INTRODUZIONE

Tra il 16 marzo e il 9 maggio del 1978 la storia d'Italia cambiò direzione. Aldo Moro, l'uomo politico più potente del Paese, venne prima sequestrato e poi assassinato dalle Brigate rosse. Ma come si viveva nell'appartamento che fu la prigione, per cinquantacinque giorni, del presidente delta Democrazia cristiana?

Che rapporto umano Si instaurò tra lo statista e i suoi carcerieri, in particolare tra lui e Prospero Gallinari, il brigatista che non uscì mai dalla casa? E' vero che una soluzione del dramma meno cruenta e meno crudele fu a portata di mano?

Questo documento apocrifo può forse aiutare a comprendere meglio i misteri e i retroscena di un episodio destinato a modificare per sempre la Fisonomia della Prima Repubblica. Lasciando in sospeso l'ennesimo interrogativo: e se Ie cose fossero andate proprio così?

DAL DIARIO

21 marzo 1978

Io lo sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Lo immaginavo nella mia mente, nei mesi, nelle settimane e nei giorni che hanno preceduto la nostra azione militare in via Fani. Lo sapevo, eppure, come sempre, la realtà è diversa dalle aspettative. Da quando il Presidente sta chiuso in una stanzetta dell' appartamento di Laura, io ancora fisicamente non lo avevo visto da vicino.

Giovedì scorso, il 16, dopo la cattura, lo abbiamo portato qui e abbiamo eseguito tutte le operazioni per la sua sistemazione. Ma l'unico a varcare la soglia della prigione, fino a oggi, era stato solo Mario, che ha il compito di condurre l'interrogatorio del processo popolare.

Quindi è sempre stato Mario, net giorni scorsi, a occuparsi delle faccende pratiche. La consegna e il ritiro del cibo. Lo svuotamento del piccolo wc chimico. Sono queste piccole cose che appartengono ai ritmi quotidiani di qualunque detenuto. Aldo Moro uno di questi detenuti, deve rispondere delle sue responsabilità alle masse proletarie. Ma oggi Mario non cera.

Me l'aveva comunicato ieri dopo cena: i compagni del comitato esecutivo si radunano oggi in Toscana e lui va a esporre il primo bilancio della operazione. Sara anche un modo, per me e Germano che stiamo sempre chiusi qua dentro, di capire come si stia sviluppando la battaglia fuori, nelle fabbriche e nelle piazze.

Certo non mi posso fidare della televisione o dei giornali che Laura ci porta a casa la sera, quando torna dal lavoro! Il regime ha scatenato la sua propaganda più bieca. I tg sono vergognosi. Stanno facendo il lavaggio del cervello al popolo. A sentirli, sembra che l'Italia intera sia schierata dietro le bandiere della Democrazia Cristiana! E anche il Pci ha assunto un atteggiamento che va oltre le nostre previsioni più negative.

Ma come? Noi abbiamo fatto, finalmente, quello che il partito comunista per anni e anni ha predicato. Abbiamo chiamato uno dei simboli dell'oppressione a rispondere delle sue colpe davanti a! popolo! Invece sull'Unità ora scrivono che siamo una banda di volgari assassini. Allora era un assassino anche Lenin?

Ma io sono sicuro che questo tradimento di chi guida oggi il Pci non sarà perdonato dalle masse proletarie, che stanno con noi, certo non con i berlingueriani! Prima di partire, Mario rni ha detto: "Gallo, domani devi entrare tu nella prigione del Presidente. Non c'è bisogno che tu gli rivolga la parola, fai quello che devi fare, entra ed esci con il passamontagna sul viso, portagli da mangiare, quelle cose lì. Le medicine che ha chiesto le ha già ricevute, un medico amico di Laura ha stilato una ricetta intestata a lei, è tutto a posto".

Certo, è tutto a posto. Ma non sarei sincero con me stesso se negassi che stamattina, verso l'ora del pranzo, quando ho spostato Ia finta parete che occulta l'ingresso alla prigione, ho avvertito una punta di emozione. Un combattente della guerra popolare deve sempre saper controllarsi ed è quello che faccio. Però oltre l'ingresso del cubicolo, a pochi centimetri da me, che vivo e sono pronto a morire per la rivoluzione, c'era l'uomo che incarna il potere.

Come potevo, intimamente, restare indifferente? Moro, quando sono entrato, era seduto sul lettino. Teneva sulle ginocchia un blocco per gli appunti. Mario mi ha detto che tra le poche richieste del Presidente c'è stata quella di avere carta, tanta carta sulla quale scrivere. E stato accontentato. Cosa scriva, non so. I primi fogli il ha ritirati Mario e il ha portati con sé in Toscana, per mostrarli agli altri compagni.

Sono entrato. Avevo il viso coperto. Era mia intenzione non aprire bocca, non dire nemmeno una parola. E una regola aurea nei casi di sequestro. E' vero che il passamontagna impedisce at prigioniero di riconoscere chi si occupa di lui, ma a volte, in caso di liberazione, può essere la voce fregarti. Mario è obbligato a correre questo rischio, dialoga con Moro per l'interrogatorio. Ma lo non ho questo tipo di esigenza. Posso fare quello che debbo fare in quello spazio ristretto restando muto.

Credo che il presidente si sia accorto dal mio silenzio e dalla mia corporatura, così diversa da quella di Mario, che nella prigione era entrata una persona nuova. Ho notato che mi osservava con attenzione, ma anche lui non ha parlato, mentre mi occupavo delle stoviglie. Poi. Poi, gli avevo già voltato le spalle e stavo per piegarmi per infilarmi net buco che immette sull'esterno delta prigione quando l'ho sentita, la sua voce.

Era quasi un sussurro, come se non fosse tanto sicuro di ciò che stava per dire. "Mi scusi, posso chiederle una cosa?" Non so perché mi sono bloccato, dandogli sempre le spalle. in teoria sarebbe stato necessario, da parte mia, uscire dal locale senza scambiare parola con il Presidente. Forse è stato l'istinto a fermarmi. Forse ho pensato, dentro di me, che Moro avesse una necessità medica, sanitaria, qualcosa del genere. Mi sono voltato verso di lui. Debbo avere annuito meccanicamente con il capo. Non ho detto "sì", ma certamente gli ho dato l'impressione che avrei ascoltato la sua richiesta. "Gli uomini... si, mi perdoni, gli uomini che erano con me quella mattina... gli uomini, sì, sono tutti morti o qualcuno si è..."

Non me l'aspettavo. Dopo i suoi primi colloqui con il Presidente, Mario aveva raccontato a noi che viviamo nell'appartamento che tra loro avevano cominciato a parlare di politica e delle turpi azioni del regime. A nessuno di noi è venuto in mente di chiedergli se Moro avesse domandato qualcosa sulla dinamica del nostro attacco in via Fani e sulla sorte delle sue teste di cuoio. E' strano. Per me che ero fa, in via Fani, è stato subito chiaro che avremmo annientato gli agenti della scorta.

Ma acoltando la domanda che Moro mi ha posto mi sono improvvisamente reso conto che per chi, come lui, non si aspettava uno scontro a fuoco, per lui certamente deve essere stato difficile comprendere che cosa stesse capitando e quali fossero le conseguenze immediate della battaglia.

Dopo, o non ha chiesto nulla a Mario o Mario non gli ha risposto. E adesso il Presidente lo chiede a me. Sarebbe stato giusto non rispondere? Forse. Ma in un attimo ho pensato a quando stavo nei lager di Stato e chiedevo a un secondino dove avessero portato il compagno che era stato tirato fuori da una celia. Il loro silenzio mi faceva imbestialire, lo consideravo disumano.

Noi siamo rivoluzionari. Noi siamo meglio di questa gente. Ho risposto. Il più in fretta possibile. Ma ho risposto. Ho detto al Presidente che gli uomini delta sua scorta erano tutti morti. Punto. Non ho aggiunto altro. Credo di aver detto, per la precisione: no, non si è salvato nessuno.

E ho voltato di nuovo Ie spalle, piegandomi sulle ginocchia per andarmene da lì. Ed è stato allora, mentre mi infilavo net buco per rientrare nell'appartamento, che ho sentito. Ho sentito Aldo Moro che piangeva.

 

 

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