GIULIO MANI DI FORBICE - DAI TAGLI A ‘DON CAMILLO’ ALLE CENSURE AI FILM ANTI-AMERICANI: ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA DUE DOCUMENTARI RACCONTANO GLI ANNI DI ANDREOTTI “RE-CENSORE” (SU TUTTI LA SCOMUNICA DI ‘’LADRI DI BICICLETTE’’)

Natalia Aspesi per “La Repubblica

 

giulio andreotti cinema giulio andreotti cinema

La Mostra del cinema (27 agosto/6 settembre) ha 71 anni, è quindi nel pieno di una terza età che deve orgogliosamente onorare con film che forse non affolleranno di celebrità internazionali l’ormai sbiadito e fuori moda tappeto rosso, ma che potrebbero entusiasmare i nuovi cinefili da festival, i giovani a caccia di storie sorprendenti, di autori celebri e centenari o sconosciuti e trentenni; in tutte le sezioni, quattro ufficiali e due collaterali, un trionfo del cinema italiano, in buona parte eroico prodotto della scarsità finanziaria, quindi talvolta messo insieme con brevi documenti inviati da italiani qualsiasi che si raccontano, oppure frugando negli archivi Rai o Olivetti per recuperare vecchi filmati, ma soprattutto nei ricchi magazzini di Cinecittà, anche per festeggiare e onorare i 90 anni dell’Istituto Luce e i suoi operosi responsabili.
 

ANDREOTTI ANNA MAGNANI ANDREOTTI ANNA MAGNANI

Il più interessante saccheggio dei tesori dell’Istituto Luce ha prodotto due documentari della sezione Classici ( 22 vecchi film restaurati di cui 9 italiani, e 10 documentari di cui 4 italiani): Il cinema visto da vicino racconta gli anni in cui a occuparsene con un forbicione ma anche con nuove leggi, fu un Giulio Andreotti allora giovane e, incredibile, persino belloccio, sottosegretario con delega allo spettacolo nel IV governo De Gasperi.

 

Le 70 ore d’intervista all’uomo politico risalgono a qualche anno fa, ma fin quando il 7 volte presidente del Consiglio e 22 volte ministro di questo e di quello è stato in vita (si è spento, nel maggio del 2013, a 94 anni), si è preferito non farne niente: solo adesso l’autore Tatti Sanguineti ha trovato il distributore e il finanziamento per montare il film e dargli una sopportabile misura.
 

ANDREOTTI ALBERTO SORDI MILLY CARLUCCI ANDREOTTI ALBERTO SORDI MILLY CARLUCCI

Sempre arricchita da filmati d’epoca del solito Istituto Luce, Vita cinema e passione di Giorgio Treves, è una lunga intervista a Gian Luigi Rondi, critico molto amato e molto detestato, docente di cinema, ex direttore della Mostra veneziana, ex presidente della Biennale, ex presidente del Festival di Roma, e oggi, a 93 anni, presidente del più importante cinepremio italiano, i David di Donatello.

 

GIULIO ANDREOTTI E ANNA MAGNANI GIULIO ANDREOTTI E ANNA MAGNANI

Ha in pratica da sempre in mano il nostro cinema e, quasi coetaneo di Andreotti, lo incontrò nei primi anni 50 quando l’allora superdemocristiano gli domandò se era comunista, oppure se poteva considerarlo un cattolico di sinistra: e gli chiese di dare una mano ai consulenti che dovevano redigere una legge a sostegno del cinema italiano contro l’invasione dei film americani a guerra finita (era arrivato da noi nel ‘49, con 10 anni di ritardo e un successo strepitoso, il kolossal Via col vento). E intanto il giovane sottosegretario perfezionava una severissima legge sulla censura.
 

GIAN LUIGI RONDI GIAN LUIGI RONDI

Nei due documentari, il venerato critico e persino il potente ambiguo politico, riescono a risultare serenamente simpatici, ricordando con ironia i loro errori giovanili verso il nostro cinema. «I panni sporchi si lavano in famiglia! » fu la celebre frase pronunciata da un giovane Andreotti contro Ladri di biciclette, capolavoro di De Sica.

 

DE GASPARIDE GASPARI

Mentre Rondi, critico di un quotidiano di destra come Il Tempo , messo in guardia dal direttore di allora, iniziò il suo articolo sull’indimenticabile capolavoro Le mani sulla città di Rosi, presentato a Venezia nel 1963 e premiato col Leone d’oro, con un minaccioso «No, no, no!». Però, ricorda Rondi, «quando il film arrivò nei cinema romani, turbato dal contrasto di opinioni che avevo provocato. tolsi quei no».

 

Implacabile censore, Andreotti scriveva a mano le sue decisioni. Per esempio sconsigliando di produrre in quei primi anni 50 film che rievocassero il tempo del fascismo, o facendo scomparire film azionisti come Tragica alba a Dongo , ma anche antiamericani come Guerra alla guerra prodotto dal cattolicissimo Luigi Gedda e conservato in Vaticano.
 

muller testo muller testo

Gilles Jacob per decenni responsabile del Festival di Cannes, ricorda la capacità di persuasione di Rondi, quando nel 1980, membro della giuria presieduta da Kirk Douglas che voleva dare la Palma d’Oro all’americano All that jazz di Bob Fosse, lottò per far riconoscere Kagemusha del giapponese Kurosawa: «Alla fine la Palma d’oro fu data ex aequo».

 

Andreotti si diverte a sentir ricordare certe sue censure che decenni dopo anche lui ritiene esagerate, per esempio i tagli a ogni scena di nudo, che invece restano nell’edizione per la Francia. Ma anche tagli più surreali, come quello in uno dei film ispirato ai due personaggi di Guareschi, Peppone e Don Camillo, gli italiani non videro il prete Fernandel che in chiesa dava un calcio al comunista Cervi, mentre in uno dei tanti film di
Totò, cui chiedevano il nome del pachiderma provvisto di proboscide, è Andreotti a far sostituire la risposta «Bartali» invece di «De Gasperi».

piera detassispiera detassis

 

«È il vecchio uomo politico a ricordare come fu lui ad “attivarsi” perché Papa Pio XII accettasse di vedere Il cielo sulla palude di Genina, che raccontava la tragica storia di Maria Goretti: «Il Papa si agitò molto nel vedere le gambe dell’adolescente che impersonava la futura santa», ricorda divertito Andreotti.
 

Nel 2012 Rondi ha abbandonato la presidenza del Festival di Roma, incarico assegnatogli da Walter Veltroni nel 2008, per non accettare la direzione di Marco Müller, nominato dalla destra al posto di Piera Detassis, che dice lui «è il miglior direttore di Festival che abbia mai incontrato». Meglio anche dello stesso Rondi?
 

Ultimi Dagoreport

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…