LA FINE DEI MURDOCH - PER DARE IL COLPO DI GRAZIA ALLA DINASTIA DELLO SQUALO MANCAVA SOLO L’ACCUSA INFAMANTE: “LEI CONOSCE IL SIGNIFICATO DEL TERMINE OMERTÀ MAFIOSA?”, HA CHIESTO IERI UN LABURISTA INGLESE AL RAMPOLLO JAMES sentiTO A WESTMINSTER SUL CASO “NEWS OF THE WORLD” - PARAGONATO A UN BOSS MALAVITOSO, IL FIGLIO DI RUPERT È FUORI DAI GIOCHI DELL’EREDITÀ. E GLI AZIONISTI DI NEWS CORP, AL CDA di FINE NOVEMBRE CERCHERANNO UN’ALTRA VOLTA DI FAR FUORI L’INTERA FAMIGLIA...

1 - LA LEGGENDA MURDOCH SUL VIALE DEL TRAMONTO
Enrico Franceschini per "la Repubblica"

Suo padre Rupert, cinque mesi fa, si prese una torta in faccia. Lui viene sporcato da qualcosa di più difficile da ripulire: l´accusa di essere, insieme all´anziano genitore, l´equivalente di un padrino di Cosa Nostra. «Ha mai sentito parlare del termine omertà?», domanda provocatorio Tom Watson, deputato laburista, a metà di un´udienza che di minuto in minuto somiglia sempre di più a un processo.

«Trovo il paragone falso e offensivo», risponde James Murdoch, sforzandosi di non perdere le staffe. Ma è questo il marchio d´infamia che pochi minuti dopo la Bbc e le agenzie di stampa internazionali mettono sul volto del 38enne erede designato - fino all´estate scorsa - del più grande impero mediatico della terra: «Murdoch junior respinge il sospetto di mafia». E forse è pure vero che, nel corso del dibattimento, lui fa del suo meglio per respingerlo.

Un sospetto del genere, avvalorato da intercettazioni illecite ai danni di oltre 6 mila persone e dal pedinamento, emerso appena l´altro giorno, di niente di meno che l´erede al trono di Gran Bretagna, suona tuttavia come una campana a morto per chi dovrebbe guidare aziende giornalistiche e radiotelevisive in una democrazia responsabile. Finisce così, probabilmente, infangata dall´associazione con comportamenti degni dell´Al Capone della realtà o del don Vito Corleone cinematografico, una dinastia che per trent´anni ha dominato l´informazione mondiale.

È un impero su cui non tramonta mai il sole, quello dei Murdoch: Wall Street Journal e la rete tivù Fox in America, il Times, i tabloid e il network Sky in Gran Bretagna, giornali e televisioni in Australia, altri media sparsi per Europa e Asia. Il capostipite Murdoch era ed è ancora il re dell´informazione globale, e delle pressioni politiche: attraverso i suoi giornali e le sue tivù influenza e controlla governi, è amico (o un pericoloso nemico) per governi, primi ministri, presidenti, dalla Casa Bianca a Downing street.

Può eleggere, o non fare eleggere, chi vuole, non sbaglia una mossa, e sembra destinato a continuare a crescere a dismisura, come il "Citizen Kane" del celebre film di Orson Welles. Finché, nel luglio scorso, esplode il "Tabloidgate": la scoperta che il suo News of The World, tre milioni di copie vendute ogni domenica, più diffuso tabloid scandalistico del Regno Unito, usava detective privati e poliziotti corrotti, in combutta con spregiudicati cronisti, per intercettare i telefonini di membri della famiglia reale, leader politici, stelle dello show-business e dello sport, familiari di vittime di atroci delitti e vedove di guerra dell´Afghanistan e dell´Iraq, alla ricerca di scoop da piazzare in prima pagina.

Come nel Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon, l´iniziale diniego si trasforma gradualmente in una sfilata di cadaveri (metaforici) eccellenti: arresti di giornalisti, di ex direttori, di amministratori delegati, su, su, sempre più su, fino a scalfire i proprietari, l´81enne Rupert Murdoch e suo figlio James, quest´ultimo capo delle operazioni di famiglia in Europa. I Murdoch corrono ai ripari: chiudono il News of the World, promettono di collaborare con la giustizia, s´impegnano a riportare valori etici nelle imprese giornalistiche.

E, soprattutto, giurano di non avere mai saputo che operazioni illegali di così ampie dimensioni si svolgessero sotto il loro naso, approvate dai loro più stretti collaboratori: uno dei quali, l´ex direttore del News of the World Andy Coulson, spedito a Downing street come direttore delle comunicazioni e portavoce del primo ministro David Cameron, facendo balenare l´ipotesi che nella "omertà mafiosa" possa essere coinvolto perfino il premier. Sentendo il pericolo Cameron pronuncia un severo discorso, promettendo che sarà fatta giustizia. I Murdoch capiscono che stanno perdendo le protezioni politiche corteggiate sin dai tempi di Blair.

A una prima udienza parlamentare congiunta, in luglio, Murdoch padre si becca una torta in faccia da uno spettatore (parzialmente deviata dalla moglie, che ha la metà dei suoi anni ed è svelta il doppio). Padre e figlio ripetono che «non sapevano», e che, quando hanno saputo, hanno messo rimedio allo scandalo. Ma nei mesi seguenti un ex avvocato e un ex redattore capo al loro servizio li smentiscono seccamente: se non Murdoch senior, suo figlio James conosceva da anni i sistemi illeciti per procurarsi ghiotte notizie.

La Bbc convince un detective privato a vuotare il sacco: pedinava un centinaio di Vip, incluso il principe William, per spifferare tutto al tabloid di Murdoch. Negli stessi giorni viene arrestato, con accuse analoghe, un reporter del Sun, l´altro tabloid londinese del gruppo. Allora il virus non è stato estirpato? Non riguarda solo il News of the World? I giornali più prestigiosi di famiglia, il Wall Street Journal a New York e il Times a Londra, criticano aspramente quanto è avvenuto. Intanto gli azionisti chiedono le dimissioni di tutti i Murdoch dal consiglio d´amministrazione della società. All´assemblea generale di ottobre non ci riescono, ma intendono riprovarci a fine novembre. E Scotland Yard offre a Neville Thurlbeck, uno dei giornalisti del News of the World finiti in carcere, l´opportunità di ottenere clemenza, se testimonierà contro i suoi editori.

Si arriva così alla nuova deposizione di James, ieri mattina, di fronte alla commissione parlamentare. Stavolta è solo: papà, che con l´istinto del vecchio marpione annusa guai da lontano, non è al suo fianco. Giacca blu e papavero all´occhiello, in omaggio ai caduti di guerra britannici. Ma non serve a rabbonire i deputati. «Nessuno mi mise mai al corrente di sospetti riguardo a condotte errate», comincia. «La nostra azienda è umiliata per quanto accaduto. Talvolta siamo stati troppo aggressivo nel difenderci dalle accuse, e ci dispiace. Ma non mi furono mai mostrate prove compromettenti».

Possibile che il suo amministratore delegato e il direttore di uno dei suoi giornali più importanti non le dicessero nulla? «Dobbiamo fidarci dei nostri dirigenti". Un suo ex avvocato e un suo ex redattore dicono che lei sapeva da anni delle intercettazioni illecite. «Non è vero. Non sapevo. Quei due mentono. Non capisco perché lo facciano».

E´ in quel momento che il laburista Tom Watson lo interrompe. «Lei conosce il significato del termine omertà mafiosa? Significa un gruppo di persone che giurano in segreto di tacere, fingere, ingannare, per perseguire i propri scopi. Mi pare un´accurata descrizione di come funzionava il gruppo Murdoch». James arrossisce. Stringe i pugni. Deglutisce. «Francamente», replica, «penso che la sua descrizione sia falsa e offensiva». Ma il deputato non molla: «E così lei non sapeva niente? Deve essere il primo boss mafioso della storia che non sa di essere al comando di un´organizzazione criminosa».

Da qualche parte nel mondo, davanti a una tivù, Rupert Murdoch deve essersi chiesto: «Ho capito bene?». L´anziano patriarca è stato a lungo indeciso su a chi lasciare il comando dell´impero: James pareva il favorito, rispetto al fratello Lachlan, che a un certo punto lasciò addirittura l´azienda paterna, e alla sorella Elizabeth, che non sembrava avere il carattere adatto. Ma adesso si dice che l´eredità andrà a Chase Carey, l´amministratore delegato di tutto il gruppo. Uno al di fuori della famiglia. Così, a quanto pare, finisce una dinastia.


2 - "QUELLA FAMIGLIA VIVE PER IL POTERE E NON ACCETTA NESSUNA LEGGE"
Angelo Aquaro per "la Repubblica"

«Da Mubarak a Murdoch...». Michael Wolff, l´autore di "L´uomo che possedeva le notizie", la più famosa biografia di SuperRupert, guarda la deposizione del figlio James al Parlamento inglese e pensa: sì, dalla primavera araba all´autunno del tycoon il 2011 segnerà davvero la caduta dei tiranni.

L´accusa di "mafia" pronunciata in un luogo simbolicamente sacro come il Parlamento inglese non è la consacrazione della fine?
«E´ proprio la parola che ho usato nel libro per descrivere il sistema di potere. Quello di una impresa che vive per la famiglia. Quello di una impresa che non riconosce il suo ruolo nella comunità. Non accetta le leggi della comunità: tutta impegnata nella protezione di se stessa».

James continua a negare: non sapeva a che livello ci si era spinti con le intercettazioni. E accusa i sottoposti.
«Che grande performance murdochiana. Non è colpa mia: è colpa degli altri. E chiunque mi contraddice, sbaglia: perché io ho ragione e voi avete torto».

L´ultima resistenza.
«Ma ormai è troppo tardi. Al di là delle responsabilità legali non ci sono più dubbi sulla credibilità. E sembra inconcepibile che possa continuare a mantenere il suo potere».

E la fine del delfino è la fine della dynasty.
«E´ impensabile che possa prendere le redini del padre. A questo punto la vera questione interna a compagnia e famiglia è come separarsi da James facendogli perdere il meno possibile la faccia. E´ l´unica cosa di cui sento parlare dall´interno: tutti vogliono James fuori».

E dopo di lui?
«La sua uscita non risolverà il problema. Si voglia o no usare quella parola, mafia, la verità è che per gli azionisti i valori che governano la compagnia sono diventati inaccettabili».

Ogni saga che si rispetti presenta una tormentata relazione tra padre e figlio. Qui ci si aggiunge anche una giovane moglie, Wendi.
«Proprio le rivalità e le liti continue sono una delle caratteristiche della vicenda. I figli non vanno d´accordo con la moglie e dunque Rupert deve accontentarli ancora di più per tenerli buoni. Il problema alla fine è sempre quello: questioni di famiglia e questioni societarie sono così intrinsecamente collegate che non puoi risolvere una senza toccare l´altra».

Oggi gli inglesi gli rinfacciano lo stile mafioso: ma fino a ieri gli amici di famiglia si chiamavano Tony Blair.
«E´ una reazione violenta ma una reazione. Giustificata dalla lentezza con cui si sono accorti dell´immenso potere dei Murdoch».

E che conseguenze avrà la fine dell´impero sulla scena Usa? Qui per esempio la Fox di Murdoch ha dichiarato da tempo guerra a Barack Obama: cambierà qualcosa nella campagna elettorale appena al via?
«Bella domanda. Ma la Fox ha sempre goduto di una certa autonomia. Anzi, la sua politica non piace soprattutto ai figli: destinati a perdere potere».

Sarà anche la fine della dynasty. Ma intanto la società continua a brillare e mentre James affondava in Parlamento le azioni salivano: più 1,4.
«John Malone, il re della finanza, dice che ci sono due tipi di azionisti dentro News Corportation: quelli che temono la morte di Murdoch e quelli che temono non muoia mai. Il calcolo è complicato. Ma la scommessa a cui stiamo assistendo potrebbe essere proprio questa: oddio, i Murdoch mollano - e questa compagnia farà sempre più soldi».

 

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