FELLINI & FELLONI – IL GRAN DUELLO DI CARTA TRA IL REGISTA E LO SCRITTORE ANDREA DE CARLO SU CHI ARRIVA PRIMA SULLO STREGONE

Leonetta Bentivoglio per "La Repubblica"

Una storia di tradimento segnò la vita di Federico Fellini, il più gloriosamente bugiardo tra i registi. Diciamo per inciso che, nel caso di Fellini, le bugie non erano mai tradimenti, bensì prospettive di reinvenzione del mondo. Il leggendario cineasta mentiva nel senso che ristrutturava o rimodellava le proprie proiezioni fantastiche, tanto nel suo eloquio seduttivo quanto nei suoi film.

Era un architetto di mirabili menzogne e un geniale riproduttore di dimensioni parallele. L'estro che lo agitava in ogni istante, e che lo colmava di visioni e apparizioni, era l'unica realtà che contava per davvero.

A metà anni Ottanta Fellini decise di girare un film su Carlos Castaneda, l'autore misterioso e allucinato di A scuola dallo stregone, un libro del 1968 divenuto oggetto di culto per i giovani anni Settanta. Per poterlo realizzare, il regista superò il suo orrore degli aerei e volò in America insieme al giovane Andrea De Carlo, di cui aveva ammirato il romanzo Treno di panna, caldeggiato da Italo Calvino.

Con lui Fellini avrebbe voluto scrivere la sceneggiatura del film. Il sopralluogo fu impressionante e costellato di rivelazioni, sempre al limite del rischio. Lo scandirono presenze strane, messaggi criptici sussurrati al telefono da inquietanti voci anonime, coincidenze inspiegabili, repentine sparizioni. Un fuoco d'artificio di enigmi decisamente felliniano.

Tornato in Italia De Carlo, sull'onda delle suggestioni, scrisse Yucatan, dedicato alla cronaca della trasferta, e Fellini dichiarò ai propri amici d'essersi sentito violentemente tradito, poiché il libro anticipava il suo progetto e a suo parere finiva per bruciarlo.

Allo scopo di riappropriarsene, subito prima dell'uscita del romanzo, Fellini diede un suo lungo testo a Il Corriere della Sera, Viaggio a Tulun, che ricamava fellinianamente sull'avventura messicana riferendo contatti con stregoni eredi dell'antica sapienza atzeca, episodi di magia nera e scoperte di templi marmorei eretti tra la giungla e il mare. La pubblicazione avvenne in sei puntate nel maggio dell'86, con l'accompagnamento dei disegni di Milo Manara. Il film non fu mai fatto e il nodo del tradimento restò irrisolto.

Andrea De Carlo: scrivendo Yucatan comprese quanto Fellini si sarebbe sentito tradito? Si può attingere ispirazione a un'idea non propria e trasformarla in un libro?
«Fellini mi propose di andare a conoscere Carlos Castaneda a Los Angeles, per parlare con lui e visitare le zone del Messico in cui erano ambientate le sue storie. L'idea era quella di scrivere poi insieme un film basato su A scuola dallo stregone e Viaggio a Ixtlan.

Però, dopo alcuni incontri, Castaneda cominciò a ricevere oscure minacce in forma di biglietti bruciacchiati, e scomparve senza lasciare traccia. Io e Fellini ci ritrovammo a viaggiare attraverso la California e il Messico da soli, seguendo una traccia di messaggi misteriosi che adesso arrivavano a noi. Da qui nacque Yucatan».

Come reagì Fellini?
«Quando gli dissi che volevo scrivere un romanzo ispirato all'avventura che ci era capitata, mi incoraggiò con il suo tipico slancio: "E' un'idea bellissima, Andreino!". Ma era fatto così. Più tardi venni a sapere che in realtà c'era rimasto male, perché pensava che mi fossi appropriato di una storia di sua esclusiva appartenenza».

Ci fu mai la sceneggiatura per il progettato film su Castaneda?
«Al ritorno dal nostro viaggio proposi a Fellini di scrivere una sceneggiatura su quello che ci era successo, visto che Castaneda era sparito e non potevamo più fare il film basato sui suoi libri. Ma Federico era un uomo profondamente superstizioso, e ormai vedeva con inquietudine quella vicenda, che gli ricordava per certi versi il destino de "Il viaggio di Mastorna", il film che aveva inseguito per anni e che non era mai riuscito a girare».

La serie di articoli sul Corriere della Sera si sovrappose all'uscita del libro e forse, in qualche modo, ne compromise l'idea. Lei si sentì a sua volta tradito da Fellini per quell'iniziativa?
«Gli articoli sul Corriere mi sembrarono un tentativo da parte di Fellini di affermare un suo diritto di precedenza, non un tradimento. Era la sua versione degli eventi, elaborata dalla sua fantasia. Due pittori possono dipingere lo stesso soggetto, ma i loro quadri non saranno mai identici, per fortuna».

Lei ha dichiarato di considerare Yucatan il più incompreso tra i suoi romanzi. Il supposto tradimento incise forse sul destino del libro?
«Yucatan è una storia vera al settanta per cento. Il problema è che il trenta per cento non vero, quello che riguarda i due protagonisti e le loro ragioni, altera in modo radicale l'insieme. Lo stesso vale per gli articoli di Fellini. D'altra parte né io né lui avevamo voglia di esporre noi stessi e le persone con cui eravamo entrati in contatto. C'erano troppe cose difficili da spiegare».

Com'è stato in seguito il suo rapporto col regista?
«Purtroppo quel viaggio ha finito per guastare la nostra preziosa amicizia. Siamo rimasti entrambi imprigionati dall'orgoglio, incapaci di sbloccare la situazione. Ho ancora il rammarico di non avere compiuto il primo passo per venirne fuori».

John Updike elaborò un giudizio su Yucatan associando il libro al "millennio che evapora" a causa del tessuto di apparenze, indeterminatezze e provvisorietà presente nella cronaca del viaggio. Anche secondo lei è un romanzo sulla fine del millennio?
«Forse. E' anche la tappa conclusiva di una mia ricerca sulla narrazione visuale, basata sui segnali esterni più che sulle interiorità. Dopo sono andato in un'altra direzione, e ho scritto Due di due».

Ci sono suoi romanzi che parlano di tradimenti o che li evocano implicitamente?
«Tecniche di seduzione ruota tutto intorno al tradimento da parte di uno scrittore famoso nei confronti di un aspirante scrittore. E' la storia di un vampiro e della sua vittima, in cui, come spesso succede, la responsabilità è divisa tra le due parti. Del resto, come ha detto Richard Lingeman, "gli amici letterari camminano su gusci d'uovo"».

Quali sono stati, secondo lei, i tradimenti più potenti avvenuti nel campo della letteratura?
«Mi ha sempre colpito il tradimento di Ernest Hemingway nei confronti di Francis Scott Fitzgerald. Al momento del loro primo incontro Fitzgerald era una stella di prima grandezza, aveva già pubblicato Il grande Gatsby.

Hemingway era un completo sconosciuto, ambizioso e abile nel conquistare gli altri alla propria causa. Fitzgerald lo aiutò con incredibile generosità, presentandolo al suo editor Maxwell Perkins, raccomandandolo al suo editore, dandogli appassionati e lucidissimi consigli di scrittura.

Una quindicina di anni dopo Hemingway era diventato lo scrittore più famoso del mondo e Fitzgerald era caduto nell'ombra, costretto a sprecare il suo talento su pessime sceneggiature a Hollywood. Hemingway avrebbe certamente potuto aiutarlo, ma non lo fece. Al contrario, ne tracciò un ritratto derisorio in Festa mobile. E' una delle ragioni per cui detesto Hemingway, e amo Fitzgerald».

 

Federico FelliniANDREA DE CARLO FEDERICO FELLINI E GIULIO ANDREOTTIlapresse federico felliniANDREA DE CARLO John UpdikeANDREA DE CARLO ERNEST HEMINGWAYErnest Hemingwayfitzgerald scott

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