FERILLI CONTRO L’ITALIA SNOB CHE SCHIFA IL SUCCESSO POPOLARE: “SE TI VA BENE UN FILM TV, TI DEVI FARE IL SEGNO DELLA CROCE” – ‘’DA NOI IL CINEMA È MASCHILISTA’’

Fulvia Caprara per "La Stampa"

Dentro quella tuta color carne, luccicante di lustrini, aderente al corpo come una seconda pelle, o meglio, una seconda anima, c'è tutta Ramona, il magnifico personaggio che Sabrina Ferilli ha regalato alla Grande bellezza di Paolo Sorrentino. E non è un caso che quel vestito, così assurdamente sopra le righe, sul set lo abbia portato proprio lei:

«Eravamo alla ricerca del colpo di scena, del modo con cui Ramona avrebbe dovuto presentarsi alla festa con Jep Gambardella. Ma non riuscivamo a trovarlo. Un giorno mi è tornato in mente quell'abito, che conservavo a casa, nel mio armadio. Ci avevo fatto la prima puntata della Bella e la bestia con Lucio Dalla, apparivo così, quasi nuda, in mezzo a un trionfo di petali di fiori. La luce dei cristalli sulla stoffa mi piaceva tantissimo. Quando gliel'ho mostrato, Sorrentino ha detto "questa è proprio Ramona"».

Un concentrato di femminilità, dolente e insieme esplosiva, malinconica e fascinosa, esattamente come l'assoluta protagonista del film: «Una Roma a tanti livelli, piena di spunti, truculenta, ascetica, pagana, futile. Eppure, sotto le stratificazioni, c'è ancora una città madre, feconda, ricca di energia vitale. Una città quotidianamente occupata da turisti, ladri, criminali, santi». Ramona, con addosso un velo trasparente o un mantello da fata, l'attraversa celando «il suo segreto, la malattia, ma soprattutto la solitudine».

Ferilli le ha comunicato la sua generosità, ricordando a tutti, pubblico, critici, giornalisti, che recitare nelle fiction da grandi ascolti non vuol dire smettere di essere una brava attrice: «Da noi è così, se te va bene un film tv te devi fa' il segno della croce. Per assurdo è meglio se non fai audience, così te ne torni al cinema e nessuno dice niente». Poi però c'è chi capisce: «I registi veramente liberi ci riescono. Per me la soddisfazione più grande è stata sapere che Sorrentino ha scritto il ruolo mio e di Verdone pensando a noi, due simboli della romanità».

Sul piccolo schermo, per qualche tempo lontana dal cinema d'autore, dopo gli inizi con Ferreri, Virzì, i Taviani, Ferilli non è finita per caso. Nè tantomeno per ripiego: «Il cinema è maschilista. Sono andata verso la tv, che considero strumento nobile, seguendo la mia personale indole. La tv, in questi anni, ha raccontato eroine a tutto tondo, personaggi femminili centrali che sul grande schermo non avrei trovato. Lì, per le donne, ci sono solo ruoli di secondo piano».

Forse è stato un rischio: «Sì, probabilmente in un Paese provinciale come il nostro, il fatto di aver interpretato grandi successi ha pesato». L'altro passo falso poteva essere la pubblicità, anche quella massima colpa nel mondo del cinema autoriale: «Tante mie colleghe non fanno spot, però poi le vedi ovunque, in prima fila alle sfilate... Insomma, ognuno arriva dove è stato capace».

L'importante è avere le idee chiare e mantenere intatta la coerenza, sia quando si recita con Sorrentino, sia quando si girano i cinepanettoni : «A me i clan mi fanno schifo. Ho avuto fortuna, sono nata con Ferreri, ho lavorato in tv con i migliori, e poi a teatro con Garinei, con Proietti... E se parliamo di registi e di attori, voglio sottolineare la sensibilità e la straordinaria tecnica di Neri Parenti, e poi la bravura di Christian De Sica che amo davvero».

In tutto questo tempo, dagli esordi ad oggi, Ferilli ha dovuto convivere con il problema bellezza. Intendiamoci, non è mai stata di quelle ne parlano come di un terribile peso, però, certo, ha dovuto fare i conti con un fisico che tendeva a mettere in ombra il resto: «Basta usare la testa, capire che certe cose sono importanti, ma non c'entrano con la serietà, e che la gente ti ricorderà per altri motivi».

Così, spiega Ferilli, «ho tenuto l'aspetto fisico due passi indietro rispetto alla persona, e ho potuto farlo quando sono stata sicura che il corpo non avrebbe preso il sopravvento». Il punto di riferimento è stata Anna Magnani «di cui sono fan scatenata, una delle più grandi attrici del mondo, ho visto tutti i suoi film».

Un modello vicino, non solo per via del luogo di nascita: «Quella romanità spaccona che nasconde introversione e fragilità, quell'essere, in fondo, inconsolabile, ecco, quelli sono dati che sento fortemente miei. Ho ripensato alla Magnani dell' Automobile , è quella che sento di più, e che un po' ricorda la Ramona della Grande bellezza. In quell'essere forte e padrona di sè, ma anche disorientata, struggente, e come appesantita dagli eventi».

Adesso Ferilli torna al teatro; «Ho comprato i diritti della pochade Cena tra amici , Carlo Buccirosso curerà adattamento e regia, io sono produttrice e interprete insieme agli altri, Micheli, Quartullo. Debuttiamo a gennaio». Resta poco spazio per i sogni nel cassetto: «Vorrei tornare a recitare con i Taviani, ho amato Cesare deve morire , un film che ha la carica di un ventenne». E poi diventare Anna Karenina: «Ho ancora poco tempo per farlo, questione d'età. Ma mi piacerebbe, è un personaggio così turbato, così lacerato». E poi ci sono «le anime antiche».

Quelle di cui Ferilli è sempre alla ricerca: «Ne ho bisogno, Servillo, Virzì, Sorrentino, sono anime antiche. E' come se avessero vissuto altre vite. Anche per me è così, se penso a com'ero diversa a 20 anni, bacchettona, moralista...». Una cosa, però, è rimasta identica: «Alla politica credo esattamente come prima. Anzi, sono più attenta oggi, sento la necessità di dare giusto valore a cose che non possono essere tralasciate, imploro un atteggiamento più maturo verso il sociale. Non posso pensare che si lasci andare questo Paese alla deriva».

 

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