carlo emilio gadda

“LA MIA VITA È INUTILE, È QUELLA D’UN AUTOMA SOPRAVVISSUTO A SE STESSO, CHE FA PER INERZIA ALCUNE COSE MATERIALI, SENZA AMORE NÉ FEDE...” - IL GIORNALE DI GUERRA E DI PRIGIONIA DEL TENENTE CARLO EMILIO GADDA VA LETTO PER CAPIRE DOVE COMINCIA LA LETTERATURA, PERCHÉ SI SCRIVE E CHE SENSO HA SCRIVERE – LE TRINCEE DELLA GRANDE GUERRA, LA DISFATTA DI CAPORETTO, LA PRIGIONIA IN GERMANIA E L’IRA CONTRO I TEDESCHI “MAESTRI DI FALSITÀ E DI GESUITISMO, IPOCRITI FINO ALLE MIDOLLA” – IL LIBRO

Estratto dell'articolo di Davide Brullo per “il Giornale”

 

IL TENENTE CARLO EMILIO GADDA CON UN COMMILITONE

Una nota, scritta il 7 novembre del 1918, a Celle, in Bassa Sassonia, dove era stato deportato, dà il tono dei taccuini. Il tenente Carlo Emilio Gadda racconta la morte di Chitò, «studente di matematica superiore a Pavia», ragazzo di genio, di cui diventa amico. Era stato ferito ai polmoni da una pallottola, sul Vodil, alla riva sinistra dell’Isonzo: le marce lo avevano distrutto.

 

Pur smangiato dalla fatica, «educatissimo nella terribile fame», continuava a studiare: nel suo ambito era una promessa. La descrizione del ragazzo è già letteratura – «Altissimo, sproporzionato; testone su magre spalle; occhiali sugli occhi cerchiati dalla sofferenza» –, le riflessioni possiedono corazza stoica – «è orribile la tragedia dell’uomo che ha fatto il suo dovere, che è rimasto ferito, che soccombe così, poche ore sotto l’aurora» –, le domande, invece, sono nude, semplici, pure e perciò indecenti: «Avrei dovuto far di più, ma come soccorrer tutti?», e poi, «Rivedrò la mia patria, mia Madre, i miei fratelli, gli amici, la casa?».

 

Come si sa, Gadda nasce interventista e dannunziano. Figlio della buona borghesia lombarda, diplomato al “Parini”, iscritto al corso di laurea in Ingegneria elettrotecnica, ventunenne, è il 1915, viene inquadrato nel 5° reggimento alpini, a Edolo; è inviato a Vicenza, nelle trincee dell’Altopiano dei Sette Comuni, sul Monte Zovetto.

gadda cover

 

(...)

 

Il Giornale di guerra e di prigionia del tenente Gadda, ora riprodotto da Adelphi (pagg. 626, euro 35), per la cura di Paola Italia, in forma definitiva– cioè, rispetto alle laboriose edizioni del 1955 e del 1965, con la presenza di nuovi quaderni, acquisiti dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma nel 2019 – si può leggere in molti modi. Il primo è quello di leggerlo per ciò che è: una folgorante e terribile testimonianza della Prima guerra. Il secondo è un modo, per così dire, da mania mantica: prevedere in questi paragrafi, nonostante le avvertenze di Gadda – «Nessuna preoccupazione letteraria»: che però può leggersi a specchio: assidua preoccupazione formale – la metamorfosi del tenente in ingegnere, in sommo scrittore. È una formula plausibile.

 

Le trincee della Grande guerra sono state la fucina della grande letteratura del Novecento. Ben più dei salotti parigini, dei club londinesi, delle belle riviste di Firenze e Roma. Sui cadaveri e sulle macerie della Prima guerra si è costruito il nostro mondo, un nuovo linguaggio (la Seconda sarà celebrata dal cinema prima che dalla letteratura).

CARLO EMILIO GADDA

Per capirlo, bisogna sfogliare il Giornale di Gadda insieme all’antologia dei War Poets inglesi curata da Paola Tonussi per le Edizioni Ares (pagg. 320, euro 20): si raccontano, con stregata violenza, nell’agone dell’insensatezza, analoghe atrocità. «Il cervello di un uomo è schizzato/ Sul viso di un barelliere.../ L’anima che stava annegando era ormai affondata troppo in profondità/ Per la tenerezza umana», scrive Isaac Rosenberg, ucciso da un cecchino ad Arras, in Francia, all’alba del primo aprile del 1918 e sepolto in una fossa comune.

 

I «Poets of the First World War» sono eternati nel Poets’ Corner, a Westminster: insigni poeti – da Rupert Brooke a Ivor Gurney, da Wilfred Owen a Sigfried Sassoon – che forgiano, nel massacro, il lignaggio di una nazione. Nel 1929 l’editore Vallecchi pubblica una commossa Antologia degli scrittori morti in guerra: ma chi si ricorda, ormai, di Giosuè Borsi e di Mario Pichi, di Vittorio Locchi, Nino Oxilia, Ugo Ceccarelli, Mario T. Rossi... Non si tratta di operare per ideologiche nostalgie: la Grande guerra mette alla prova il Futurismo, inaugura la scrittura di Gadda, di Curzio Malaparte, di Giovanni Comisso – tutti volontari al fronte –, fa sbocciare poeti straordinari, Giuseppe Ungaretti, è ovvio, ma anche Clemente Rebora («C’è un corpo in poltiglia/ Con crespe di faccia, affiorante/ Sul lezzo dell’aria sbranata»), Piero Jahier, Sergio Solmi (per orientarsi si legga l’“Antologia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale” curata da Andrea Cortellessa come Le notti chiare erano tutte un’alba, Bompiani, 2018).

CARLO EMILIO GADDA VOLONTARIO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

(...)

Nel 1934, perle Edizioni di Solaria, Gadda pubblica Il castello di Udine, con cui vince il Bagutta. È il suo secondo libro. Nel secondo di quei “ricordi”, Impossibilità di un diario di guerra, Gadda confessa la propria colpa. «In guerra ho passato alcune ore delle migliori della mia vita». Poi perfeziona la colpa, la affila, perché quella colpa è l’oro della sua giovinezza, quella colpa è il suo cuore. «Ho fatto fuoco e comandato il fuoco con convinzione e con gioia... La mitragliatrice modello 907 F l’ho carezzata, l’ho tenuta pulita, l’ho unta, l’ho vaselinata, l’ho puntata mirando e facendo fuoco con cura diabolica: è stata la più bella macchina, di tante macchine della mia vita; che Dio le faccia pur girare». Ma questa è già letteratura, appunto.

 

CARLO EMILIO GADDA

Il Giornale di Gadda, invece, va letto per capire dove comincia la letteratura, perché si scrive e che senso ha scrivere. Il Giornale, con frugale fragore, parte come un inno e si spegne in requiem, crede nel trionfo – se non altro, dei propri vent’anni – e cede al cupo grigio agostiniano. Il Giornale diventa uno Zibaldone allucinato dagli shrapnel, un esercizio di spoliazione: «La mia vita è inutile, è quella d’un automa sopravvissuto a se stesso, che fa per inerzia alcune cose materiali, senza amore né fede... Non noterò più nulla, poiché nulla di me è degno di ricordo anche davanti a me solo».

 

Quando non c’è nulla da annotare, allora si comincia a scrivere. Dalla crisalide muta del soldato nasce lo scrittore: per arrivare al verbo occorre annientarsi.

CARLO EMILIO GADDApasolini gaddaarbasino gaddaCARLO EMILIO GADDA

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - MA "LA STAMPA"

DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI (POI SBARCHERA' FLAVIO CATTANEO?)

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?