SERIE A.A.A. (ESTETICA CALCISTICA CERCASI) - MENTRE IL MONDO SBAVA GUARDANDO UN ‘CLASICO’ DA URLO TRA BARÇA E REAL, NOI CI DOBBIAMO ACCONTENTARE DELLE BRICIOLE DI UN NOIOSISSIMO ROMA-JUVE - LA SERIE A S’È LIVELLATA AL RIBASSO E L’UNICA CONSOLAZIONE È QUELLA DI NON AVERE DUE MACCHINE DA GUERRA CHE AMMAZZANO IL CAMPIONATO - EPPURE, NONOSTANTE LO STRAPOTERE DI MESSI E CRISTIANO RONALDO, NEGLI ULTIMI ANNI LE ‘PICCOLE’ DI SPAGNA HANNO PORTATO A CASA LA BELLEZZA DI QUATTRO EUROPA LEAGUE…

Roberto Beccantini per il "Fatto quotidiano"

Ogni volta che si disputa il derby di Spagna, dalla periferia dell'impero noi sudditi scodinzoliamo festosi e poi ci precipitiamo a raccogliere le briciole delle nostre merende, come il caotico pareggio fra Roma e Juventus, sbandierando la classifica che, alla povertà dei viveri, affianca il lusso dell'incertezza. Quattro squadre in due punti: Juventus e Udinese 30, Milan e Lazio 28.

Olè. Il calcio del campionato italiano, che di rado coincide con il calcio italiano, ha portato dignitosamente tre unità agli ottavi di Champions League, Inter, Milan e Napoli, una in più di "Franza o Spagna purché se magna", e della perfida Albione di David Cameron. La bocciatura della città di Manchester, decretata dalla severità tattica dei "precari" Napoli e Basilea, ribadisce quanto siano infìdi gli agguati di coppa, e quanto sia duro, come nel caso del City manciniano, governare il Paese e l'Europa ancorché provvisti di un harem così sfarzoso da poter mettere all'asta quel talentuoso teppistello di Tevez.

Voto alle partitissime: 7 a Real-Barcellona 1-3, 6 a Chelsea-Manchester City 2-1, 5 a Roma-Juventus 1-1. Gol non meno comici della rete che, al Bernabeu, aveva dato fuoco al "clasico" hanno incorniciato l'ordalia dell'Olimpico. Conte ha parlato di squadra stanca (di già?), Luis Enrique è sopravvissuto a squalifiche, infortuni e sfiducia montante. Per tacere del rigore parato da Buffon a capitan Totti.

Su tutti, Daniele De Rossi: uno dei più eclettici giocatori in circolazione; difensore d'emergenza, perno arretrato o incursore a seconda delle necessità. In attesa che il Milan si svegli dal torpore che talvolta lo coglie, come documentano le rimonte subìte da Bate Borisov, Viktoria Plzen e Bologna, la latitanza di un padrone incoraggia le metafore più ardite, fino alla sublime menzogna che ci spinge a non invidiare Barcellona e Real perché "da noi il campionato, almeno quello, respira".

Vorrei proprio vedere se Messi e Cristiano Ronaldo battessero i nostri viali, con l'Europa in tasca e il popolo in ginocchio. Per carità, dopo la sconfitta del City a Londra la Juventus è rimasta l'unica squadra imbattuta, a testimonianza di un curriculum non certo marginale. Senza coppe è più facile, ma alzi la mano chi avrebbe scommesso su una verginità così lunga, così cocciuta. Se non Marchisio, Chiellini: un inno al coro. La forza, e il limite, della ditta. Nello stesso tempo, l'Udinese di Guidolin continua a vincere in casa, già sette su sette, e sbircia con legittimo orgoglio le imprese di Alexis Sanchez, senza le quali non ha rallentato l'andatura, anzi, e grazie alle quali Guardiola comincia a riscuotere somme cospicue, prova ne sia l'assegno di sabato notte.

In un altro secolo e, forse, in un'altra vita, lo scudetto lo conquistava il Verona di Bagnoli (1985). Penso alle rose d'antan, non così obese come le attuali; e, dunque, a distacchi più umani fra aristocrazia e ceto medio. Nel calcio del Terzo millennio sono le panchine, spesso, a scolpire la differenza. Problema che, prima o poi, dovrà porsi anche la Juve. Barcellona e Real Madrid costituiscono, oggi, i riferimenti assoluti.

Troppo ricchi e troppo lontani da un gruppo che, al netto della noia domestica, ha comunque offerto alla Spagna del Duemila la bellezza di quattro Coppe Uefa/Europa League: Valencia, Siviglia due volte, Atletico Madrid. L'ultimo hurrà italiano, firmato dal Parma di Malesani, risale al 1999. Per questo, si profilano cruciali gli impegni che, in Europa League, attendono al varco Udinese e Lazio. Se abbiamo perso un posto in Champions, lo dobbiamo proprio alla fragilità del nostro zoccolo.

C'è poi il Napoli, i cui squilli internazionali combaciano, quasi sempre, con laboriose rimpatriate, come ha ribadito il ruvido pareggio impostogli dal Novara, nonostante il ricorso all'intero arsenale d'attacco. Essere prigionieri di Barcellona e Real non significa rinunciare ai piccoli piaceri che il carcere del campionato dispensa. Non si vive di sola estetica (Guardiola) o di solo tremendismo (Mourinho). Potendo, sarebbe meglio: noi, però, possiamo ancora fingere che il Milan non rivinca il titolo.

 

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