michieletto

‘’LA VEDOVA’’, CON MICHIELETTO, È FINALMENTE “ALLEGRA” - IL PIÙ INNOVATIVO DEI REGISTI D’OPERA ITALIANI TOGLIE LA NAFTALINA NON SOLO ALLA VILLA ARZILLA DI LEHÁR MA SPAZZA ANCHE L'INTELLETTUALISMO SNOBISTICO – MATTIOLI: “NON C’È PIÙ DIFFERENZA DI GENERE (È OPERA? OPERETTA? MUSICAL? PROSA? DICIAMO CHE È TEATRO, E BASTA) NÉ DI SPECIALIZZAZIONE: TUTTI FANNO TUTTO, BALLANO CANTANO E RECITANO. UN INCANTO”

Alberto Mattioli per La Stampa

 

VEDOVA ALLEGRA, MICHIELETTO

Michieletto laughs!, come già la Garbo. In effetti, sulla carta appariva bizzarro scritturare il più innovativo (e di conseguenza controverso) dei registi d’opera italiani per la nuova “Vedova allegra” di Carnevale alla Fenice, anzi “Die lustige Witwe” perché la si fa in tedesco (finalmente: perché la lingua originale per Wagner o Bizet e le solite immonde traduzioni per Lehár?).

 

L’operetta, si sa, in Italia è un genere spurio, riservato per lo più a una terza età nostalgica, tutto un come eravamo sconsigliato ai diabetici per la non modica quantità di zuccheri, appena corretta da volgarità paratelevisive presunte comiche. Il rischio di finire nel salotto di nonna Speranza o alla matinée a Villa Arzilla è insomma altissimo.

 

VEDOVA ALLEGRA, MICHIELETTO

Più sorprendente ancora, come il Damiano nazionale ha risolto l’operazione frivolezza. Si poteva pensare, o temere, un approccio intellettualistico che mostrasse il rovescio della medaglia di un’époque che è belle solo per convenzione, insomma di uno spettacolo serioso o magari tragico, caricato del peso di tutta la letteratura sulla Kakania sì bella e perduta e il finis Austriae e i valzer ballati sull’orlo dell’abisso, cioè le trincee prossime venture (la “Vedova” è del 1905, in anni che erano davvero spensierati solo per gli incoscienti).

 

Invece Michieletto ha deciso di divertirsi e di conseguenza di divertire, perfino con una certa dose di cinismo. L’azione è spostata ai tardi Anni Cinquanta, quelli del secolo scorso, beninteso, che sono in fin dei conti l’ultima età dell’innocenza e dell’ottimismo europeo. Questo permette ai suoi consueti collaboratori di lusso di sbizzarrirsi.

 

la vedova allegra michieletto alla fenice 2

Lo scenografo Paolo Fantin mette il primo atto nella filiale della Pontevedro Bank, giusto per mostrare che dietro le schermaglie amorose sulla mano della bella Hanna Glawari si celano concretissime questioni di soldi, il secondo in un dancing di provincia e il terzo nell’ufficio dove Danilo scalda la sedia, salvo sognare le grisettes (vere grisettes, con le gambe chilometriche e le piume sul popò) che escono dallo schedario per il loro numero sexydanzereccio.

VEDOVA ALLEGRA, MICHIELETTO

 

Quanto alla costumista Carla Teti, ci delizia con una serie di abitini scampanati in ogni possibile sfumatura pastello, subito approvati (”un amoooore!”) dalle dame presenti, molte delle quali avevano in effetti indossato analoghi tailleurini e cappellini all’epoca dei primi governi Fanfani.

 

I valzer sono dei twist scatenati (la coreografa Chiara Vecchi fa saltare, oltre ai bravissimi ballerini, anche i solisti e perfino i coristi), fra “Grease” e i musicarelli nostrani, l’ingresso di Hanna è da pura Hollywood degli anni d’oro, Danilo è un travet oberato dal lavoro che non fa con la passione per la chitarra elettrica.

la vedova allegra michieletto alla fenice 3

 

VEDOVA ALLEGRA, MICHIELETTO

I dialoghi, ridotti all’osso, diventano quasi sempre mélodrames recitati sul sottofondo orchestrale, la festa pontevedrina una serata in balera con la fisarmonica e un pianino verticale. Non c’è più differenza di genere (è opera? Operetta? Musical? Prosa? Diciamo che è teatro, e basta) né di specializzazione: tutti fanno tutto, ballano cantano e recitano. Lo spettacolo funziona perfettamente. 

 

la vedova allegra michieletto alla fenice 10

Ma Michieletto è un Che che rivoluziona senza perdere la tenerezza. Sa che il romanticismo è consustanziale all’operetta, che dietro la frivolezza bisogna far intravedere la verità dei sentimenti, o almeno la loro illusione. E allora il Njegus, sbarazzato dalle scempiaggini che di solito gli toccano, è qui una specie di Cupido che agitando il ventaglio (come, appunto, nel “Ventaglio” goldoniano sempre made in Michieletto) e lanciando paillettes blocca l’azione in quadri di lirismo incantato e sognante che le luci di Alessandro Carletti immergono in un’aura rosata.

la vedova allegra michieletto alla fenice 1

 

Come nella canzone della Vilja, dove due anziani tenerissimi ballano un lento nostalgico (altra autocitazione: la famosa “Donna del lago” di Pesaro, ma anche il “Falstaff” di Salisburgo). Arrivati al duetto famoso dove Hanna e Danilo ammettono finalmente di amarsi, è impossibile non crederci. La melensaggine diventa felicità collettiva: sempre finta, ma a suo modo autentica. A teatro, non è poco.

 

la vedova allegra michieletto alla fenice 5

La goduria è indissolubile dalla direzione di Stefano Montanari. Un barocchista non è esattamente quel che ti aspetti per Lehár. Ma funziona, anche lui: con tutti i rubati attesi, però senza saccarina e svenevolezze anzi con un suono sensuale e quasi turgido, mentre nei momenti brillanti l’azione viene spinta avanti a ritmi indiavolati, come se nell’operetta viennese ci fosse anche una filiazione Rossini-Offenbach, remota ma poi non così assurda. Peccato solo per qualche scollamento con il palcoscenico, che sarà sicuramente risolto nelle repliche.

 

la vedova allegra michieletto alla fenice 11

Resta da dire della compagnia, eccellente. Nadja Mchantaf ha degli acuti un po’ fissi, ma per il resto è un’Hanna deliziosa, brillante, sensuale, in grado di cantare alzando la gamba all’altezza della testa. Degno di lei il Danilo in piena crisi di mezza età di Christoph Pohl, che in più ha anche una magnifica voce da baritono, già testata alla Fenice nel “Tannhäuser”.

 

Il Camillo di Konstantin Lee è piccino, in tutti i sensi, ma molto elegante e insomma si farà, la Valencienne di Adriana Ferfecka benissimo cantata. Franz Hawlata, il Barone, recita da padreterno ma purtroppo ogni tanto deve anche cantare. Perfetti Simin Schnorr e Marcello Nardis, Cascada e Saint-Brioche, il Njegus di Karl-Heinz Macek e in generale tutti. Un incanto dall’inizio alla fine.  

la vedova allegra michieletto alla fenice 8la vedova allegra michieletto alla fenice 9la vedova allegra michieletto alla fenice 7la vedova allegra michieletto alla fenice 6la vedova allegra michieletto alla fenice 4

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....