LIBA-GIONI - MASSIMILIANO GIONI, CHE INIZIÒ TRADUCENDO I ROMANZI HARMONY E CHE INSIEME A CATTELAN SCANDALIZZÒ MILANO CON I SUOI BAMBINI IMPICCATI, SBARCA A VENEZIA PER DIRIGERE LA BIENNALE - LA SUA RASSEGNA “IL PALAZZO ENCICLOPEDICO”, RICHIAMA L’UTOPIA DI UN MUSEO INFINITO - “VIVIAMO UN’EPOCA DI SOVRAPPRODUZIONE DI IMMAGINI, SPETTA AGLI ARTISTI STRUTTURARE QUESTO SURPLUS” - “SPAZIO ANCHE PER I NON PROFESSIONISTI”...

Dario Pappalardo per "la Repubblica"

«Non sarà il club esclusivo dell'arte contemporanea, ma si aprirà anche agli artisti che non sono necessariamente riconosciuti dal mercato. E raccoglierà oggetti, reperti del Novecento con cui le opere entreranno in relazione». Così Massimiliano Gioni racconta la sua Biennale (la numero 55), che da ieri ha un titolo: Il Palazzo Enciclopedico.

Nome che evoca la biblioteca infinita di Borges, ma soprattutto il sogno di un artista autodidatta: l'italo-americano Marino Auriti che, nel 1955, depositò all'ufficio brevetti il progetto di un museo di 136 piani, 700 metri di altezza, largo 16 isolati di Washington. Da quell'utopia mai realizzata parte la mostra di Gioni, che si inaugurerà a Venezia il primo giugno 2013 (13-14 milioni di euro il budget; più di 90 i paesi invitati e, per la prima volta, anche la Santa Sede), quando il direttore non avrà ancora compiuto 40 anni.

Perché l'ex alter ego di Maurizio Cattelan (c'era lui dietro l'installazione con i bambini impiccati in piazza a Milano, nel 2004), scelto dal presidente della Biennale Paolo Baratta («era il momento di cambiare; bisognava dare spazio a uno come lui») in laguna è il più giovane curatore di sempre. Ma anche tra quelli più attesi: Jerry Saltz, il potente critico del
New York Magazine, subito dopo la nomina ha prenotato l'albergo nella Serenissima.

Da New York, dove è Associate Director del New Museum, Gioni è atterrato ieri a Venezia in tempo per incontrare staff e curatori dei padiglioni stranieri. Eccolo, l'ex traduttore di romanzi Harmony, il frontman della band post punk Floating Jumpers (poi Freak Scene, ispirata ai Sonic Youth), redattore di Flash Art, quindi direttore artistico della Fondazione Trussardi e già curatore di Biennali a Berlino (2006) e Gwanju, in Corea. Sfida il fuso orario con la sua ricetta: un hamburger, due birre e due melatonine.

Gioni, come si prepara alla Biennale di Venezia?
«Mi sono dato del tempo per pensare e leggere: Hans Belting, Régis Debray, Marc Augé e i saggi che questi hanno dedicato alle immagini e all'immaginario. Mi propongo di realizzare seduzioni letterarie. Viviamo un'epoca di sovrapproduzione di immagini, spetta agli artisti strutturare questo surplus. L'idea è di costruire una Wunderkammer con opere d'arte del presente, ma anche con artisti e oggetti del passato».

L'ultima Biennale d'arte, curata da Bice Curiger, esponeva Tintoretto. Arriverà così indietro?
«Mi fermerò al Novecento. Con qualche oggetto fine Ottocento. Un'altra immagine suggestiva è quella delle esposizioni universali, penso al Palazzo di cristallo di Londra».

Con quali criteri sta scegliendo gli artisti?
«La lista non è conclusa. Ma il punto centrale una creatività espansa che va oltre gli artisti professionisti».

Come ha scelto il titolo?
«Ho proceduto per esclusione, scegliendo tra quello che mi interessava. Ero tentato di adottare un numero come titolo. Pensavo a 1Q84 di Haruki Murakami. Mi piacciono i numeri come titoli. Il Palazzo Enciclopedico mi sembrava raggiungesse una buona sintesi: contiene un aspetto di ossessione e insieme di fallimento. Non si può raccogliere tutto lo scibile. Raccontare il presente dell'arte è in sé e per sé una sfida impossibile. E l'omaggio a un outsider come Marino Auriti e alla sua utopia di museo infinito ha a che fare con questo».

Nel suo percorso, ci sono due artisti fondamentali che più volte richiama: Alighiero Boetti e Maurizio Cattelan. Ci saranno loro opere alla Biennale?
«Negli arazzi di Boetti intitolati Tutto c'è già tanto della mia idea di Palazzo Enciclopedico. Oggi finalmente la sua opera è celebrata ovunque, ma non mi va di farne un santino. Maurizio è un amico e ci sentiamo spesso. Non è detto che qualche sua opera non faccia al caso per questa Biennale».

Nel 2004, ci fu lo scandalo dei "bambini impiccati" a Milano. Oggi il Comune ha comprato il dito medio di Cattelan in Piazza Affari. Quell'arte non scandalizza più?
«Credo che "I bambini" farebbero parlare ancora adesso. L'arte contemporanea vive un conflitto: da un lato ha bisogno di sentirsi rifiutata, dall'altro di entrare in un canone. Uno dei compiti dell'arte è proprio quello di ridefinire l'accettabile. Con tutte le ambiguità che questo comporta».

Jean Clair attacca l'arte contemporanea perché ridotta a puro mercato. Qual è la sua posizione?
«Nel 1995 Clair realizzò una Biennale molto interessante. Non mi piacciono i proclami assolutisti. Il prezzo è l'ossessione di tanti, ma non può compromettere l'esperienza dell'arte contemporanea. Anche a Hollywood ci sono grandi investimenti, non per questo i cinema vanno boicottati. Nei tempi lunghi le speculazioni del mercato non reggono. Restano le opere a parlare».

Cosa non vuole nella sua Biennale?
«Non voglio che si domandi il prezzo delle opere e come comprarle. Ma che ci si chieda cosa sono quegli oggetti».

I musei d'arte contemporanea italiani lamentano la crisi. Cosa pensa della nomina di Giovanna Melandri al Maxxi?
«Non conosco bene questa situazione, ma tanti sono i presidenti non tecnici che gestiscono musei. È importante però che i presidenti diano fiducia a direttori
e curatori. Anche a New York abbiamo vissuto la crisi. Nel 2008, all'inizio della recessione, il New Museum ha subito un taglio di budget del 30 per cento. Ma la programmazione non è stata intaccata. La crisi può servire anche a ridistribuire le risorse».

Come si è trovato a tradurre romanzi Harmony durante l'università?
«Conoscevo l'inglese. Avevo studiato in Canada con una borsa di studio a quindici anni. Tornato in Italia, ho iniziato a tradurre. Anche due-tre Harmony al mese. Vivevo un'alienazione totale. Ho smesso quando è iniziato il filone Inspirational love: quello sentimental-religioso. Ho tradotto la storia di un vedovo che ritrova l'amore dopo un'esperienza religiosa e poi ho detto basta. Stavano nascendo i neo-con e non lo sapevo ancora».

 

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