fuksas

ARCHI-STRONZISMI – PEGGIO DI MASSIMILIANO FUKSAS, C’E’ SOLO LA MOGLIE DORIANA, PURO CONCENTRATO DI RADICAL CAFONAL: “AI DIVANI, PREFERISCO LE SEDIE SCOMODE. O UNO SGABELLO, MAGARI DI LEGNO AFRICANO. FORSE HO PAURA DELLE COMODITÀ’’

massimiliano e doriana  fuksasmassimiliano e doriana fuksas

Costanza Rizzacasa d’Orsogna per il “Corriere della Sera”

 

«Massimiliano ama i divani, io li detesto. Se c’è una sedia scomoda, preferisco quella. O uno sgabello, magari di legno africano. Per questo ho tante sedie di Prouvé: belle, ma non proprio accoglienti. Forse ho paura delle comodità». Premessa. Doriana Mandrelli Fuksas, architetto e storica dell’arte, non ama le case. Ma con quell’ironia a volte soavemente corrosiva che le è propria, ci apre la sua.

 

elisa  doriana e massimiliano fuksaselisa doriana e massimiliano fuksasdoriana e elisa fuksasdoriana e elisa fuksas

«Mi piace farle, abitarvi molto meno — osserva —. L’idea di casa coincide per me col perder tempo: io adoro la città, le passeggiate. Mio marito farebbe colazione a casa tutti i giorni, a me il solo pensiero fa star male. Appena sveglia devo schizzar via. Il pranzo, poi, per carità. Per fortuna, dopo tutti questi anni, si è abituato. Anche quando le bambine erano piccole, facevo scaldare il biberon al bar».

 

Così, nel loro appartamento al centro di Roma, quarto e quinto piano di un edificio anni Quaranta, su un’ansa del Tevere davanti San Pietro, la città entra dentro casa. Finestre ovunque, terrazzi tutto intorno, un altro che occupa il piano superiore. «È come stare in una bolla». La Basilica dei Fiorentini si può quasi toccare, Castel Sant’Angelo irrompe nel salone.

doriana e elisa fuksasdoriana e elisa fuksas

 

«Le prime notti era inquietante, enorme. Anche perché solitamente passi sotto, non lo vedi mai dall’alto». Un po’ come nella loro casa di Parigi, a Place des Vosges, con le finestre che si aprono sugli alberi di tiglio. «Abitiamo qui da 21 anni, un record», racconta, ricordando come ha incontrato la sua casa romana.

DORIANA FUXAS E FIGLIA DORIANA FUXAS E FIGLIA

 

Entrambi di Monteverde Vecchio, avevano cambiato molti appartamenti, tutti in palazzi antichi, come quello rinascimentale, che è il loro studio al Monte di Pietà. «L’ho vista con una mia amica, una mattina. Abbandonata da vent’anni, con le serrande tutte rotte. Erano chiuse, ma immaginare non era difficile. Il giorno dopo ho richiamato per tornarci con Massimiliano. La vendita più veloce che abbiano mai concluso, ci hanno confessato in seguito».

FRANCA SOZZANI DORIANA FUXAS FRANCA SOZZANI DORIANA FUXAS

 

DORIANA E MASSIMILIANO FUKSAS DORIANA E MASSIMILIANO FUKSAS

La ristrutturazione non è stata massiccia: «Abbiamo eliminato lo stanzino, buttato giù un paio di tramezzi per fare un salone triplo. E poi tolto un camino, che a Roma serve a poco, riparato il parquet degli anni Cinquanta». Oggi poltrone di Jacobsen, Bertoia, le Barcelona di Mies van der Rohe, la libreria di Jean Prouvé per divisorio. Un ritratto del marito di Sebastián Matta e poi Boetti, Fontana, un neon di Maurizio Nannucci.

I Gioielli di Doriana Fuksas - Copyright PizziI Gioielli di Doriana Fuksas - Copyright Pizzi

 

DORIANA MANDELLI FUKSAS E FIGLIA DORIANA MANDELLI FUKSAS E FIGLIA

«Less aesthetics more ethics», recita vagamente ironico. Un gusto trasmesso alla figlia maggiore, Elisa, che da bambina portarono in America ad ammirare l’architettura di Charles Eames, Frank Lloyd Wright, Saarinen. Confessa d’essere un’accumulatrice. «Un appartamento vuoto è la felicità. Le mie case passate erano così piene di oggetti da non potervi entrare. Qui, però, l’artigianato povero del Sei, Sette e Ottocento non sarebbe stato bene. Ho preso dei pezzi moderni, non sono riuscita più a fermarmi. Un giorno mi sono decisa: porto tutto nel casale di Siena. Una casa irrequieta, un continuo spostare».

MASSIMILIANO E DORIANA FUKSAS MASSIMILIANO E DORIANA FUKSAS

 

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Un giorno vorrebbe trasferirsi all’Eur, sicuramente non in quella Roma Nord che ha dato il nome a una tonalità di finto biondo. E forse andar via del tutto: «Le città sono organismi vivi e Roma, dove non cambia nulla, vista una volta non c’è bisogno di tornare». Quindi Pechino, non Berlino. Shanghai. Shenzhen, dove hanno realizzato un futuristico aeroporto, 16 milioni di abitanti. «Perché la casa è un palcoscenico, un po’ come la vita. Cambia coi personaggi che ti metti a recitare». 

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