MATRIMONIO DI INTERESSE - UN LORD INGLESE SPIEGA PERCHÉ LE NOZZE GAY SONO CONVENIENTI PER L’ECONOMIA

Fabio Cavalera per "Il Corriere della Sera"

Fra i 760 compassati Lord che si contano per dare il disco verde alla legge sui matrimoni gay, John Browne è uno dei pochi, ma forse il più autorevole, che è già uscito alla scoperto. «Approviamola perché fa bene al business».

Si potrà essere o non essere d'accordo su una questione con implicazioni civili e religiose tanto delicate ma l'appello, scritto per le colonne del Financial Times, è interessante e proviene da chi ha voce in capitolo, da chi infatti per tanto tempo è stato uno dei manager più importanti del mondo, l'amministratore delegato della British Petroleum, e da chi ha dovuto aspettare di compiere i 59 anni per ammettere fra mille tormenti quella omosessualità che aveva tenuto nascosta persino ai genitori, morti senza saperlo.

Dopo avere superato il fuoco di sbarramento di 133 ribelli conservatori alla Camera dei Comuni, la legalizzazione delle nozze gay entra nell'agenda parlamentare dei «pari», i Lord, e la battaglia si riapre. John Browne coglie la palla al balzo per invitare i suoi nobili colleghi a non combinare scherzi e a non bloccare il percorso parlamentare della nuova disciplina.

Parole chiare e significative: «Dare alle coppie gay la possibilità di sposarsi è un segnale importante di inclusione (...), nel corso del tempo, in modo particolare come amministratore delegato della Bp, mi sono reso conto che non c'è nulla di più efficace nel mondo degli affari che incoraggiare e promuovere un contesto di inclusione (...), nel business molti gay vedono il coming out come una minaccia all'avanzamento nelle loro carriere mentre molti leader aziendali vedono la presenza dei gay nei loro staff come un ostacolo alle relazioni coi clienti.

Nella mia esperienza, tuttavia, mi sono reso conto che la gente lavora più felice, è più produttiva e fa più profitti per la propria società se sente di essere coinvolta (...), la libertà di sposarsi aiuta i gay ad essere se stessi ed elimina una barriera alla vera meritocrazia, è una questione di importanza strategica per il mercato.

La storia, la storia di Lord Browne, è quella di una doppia vita, per sua stessa ammissione. Il successo, l'ammirazione, il prestigio. E la paura di dichiarasi, la paura di essere scoperto, la vergogna. «Mia mamma era un'ebrea sopravvissuta di Auschwitz e fu lei a inculcarmi il terrore della persecuzione consigliandomi di non condividere con nessuno i miei segreti. Pensava che il modo migliore di evitare le discriminazioni fosse quello di restare zitti».

Così per 41 lunghissimi anni, gli anni trascorsi da che, ancora laureando in fisica a Cambridge, entrò nella British Petroleum fino a che nel 2007 ne uscì dimissionario da numero uno perché la privacy fu svelata e violata dai tabloid, Lord Browne non se l'è sentita mai di condividere la sua sessualità. Quasi sessantenne, all'apice della splendida carriera, si presentava ai ritrovi mondani circondato da rispetto e onori dicendo: «Devo ancora trovare la donna giusta per me».

Mentiva. Era costretto a mentire condizionato dalla cultura di casa, schiacciato e vittima dalla cultura «machista che pervade l'industria petrolifera», di cui lui era pure uno dei massimi protagonisti. Poi, per caso, per il tradimento del suo compagno che vendette la «verità» sul rapporto con John Browne al Daily Mail, arrivò la confessione pubblica. Più tardi raccontò: «Ero stato scoperto e per me fu il panico».

Lasciò la British Petroleum ma le sue due vite si riunirono. «Fu alla fine una liberazione». E oggi John Browne può rivolgersi agli autorevoli colleghi di Westminster senza alcuna remora. «La Camera dei Lord deve ora fare ciò che è meglio fare per una istituzione antica e prudente: riconoscere e adattarsi al cambiamento nella società».

 

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