
IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - CONFESSO CHE LA LETTERA D’AMORE SCRITTA A MANO IN UN BAR DI ROMA DA AL PACINO A DIANE KEATON È UNA DELLE COSE PIÙ BELLE CHE HO LETTO STAMANE SULLA MORTE E LA VITA DI QUESTA INCREDIBILE STAR – L’ATTRICE CAMBIÒ RADICALMENTE IL MODELLO DI DONNA AMERICANA CHE VEDEVAMO SULLA SCHERMO NELLA NEW HOLLYWOOD. FU IN GRADO DI TENER TESTA ALLA PARLANTINA DI WOODY ALLEN, ALLA BELLEZZA DI WARREN BEATTY, ALLA BRAVURA DI AL PACINO. E LO FECE SFIDANDO LA CULTURA MASCHILE, ADDIRITTURA VESTENDOSI PROPRIO DA UOMO QUANDO NESSUNA DONNA LO FACEVA NEI PRIMI ANNI ’70, COME GIÀ AVEVANO FATTO NEGLI ANNI ’30 MARLENE DIETRICH E KATHERINE HEPBURN, CHE FU IL SUO GRANDE MODELLO DI STAR… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
la lettera scritta da al pacino a diane keaton
Confesso che la lettera d’amore scritta a mano in un bar di Roma da Al Pacino a lei, sua partner nella lunga saga de “Il padrino”, dove interpreta Kay Adams, la moglie di Mike Corleone, è una delle cose più belle che ho letto stamane sulla morte e la vita di questa incredibile star, Diane Keaton, morta a 79 anni nella Los Angeles dove era nata, che, effettivamente, oltre a aver vinto un Oscar con “Io e Annie” (“Annie Hall”, 1977), a esser vista come una “icona di stile”, una “vera californiana”, come scrive il governatore Gavin Newsom, cambiò radicalmente il modello di donna americana che vedevamo sulla schermo nella New Hollywood.
L’intellettuale della California, in grado di tener testa alla parlantina di Woody Allen, alla bellezza di Warren Beatty, alla bravura di Al Pacino. E lo fece sfidando la cultura maschile, addirittura vestendosi proprio da uomo quando nessuna donna lo faceva nei primi anni ’70, con pantaloni, giacca e cravatta, come già avevano fatto negli anni ’30 Marlene Dietrich e Katherine Hepburn, che fu il suo grande modello di star.
Quando Diane Keaton divenne così popolare con gli otto film che interpretò con Woody Allen, da “Provaci ancora, Sam” (1972), Il dormiglione (1973), Amore e guerra (1975), Io e Annie (1977), con la saga de “Il Padrino”, con “Reds” di Warren Beatty, si rese conto che stava diventando una sorta di personaggio un po’ ripetitivo, con ruoli sempre uguali.
"Ho notato che la gente dice 'La-di-da' come faccio in Io e Annie, e non mi piace, capisci?" spiegò alla critica Penelope Gilliat, "Non è una buona idea essere così riconoscibili, anche se è rassicurante. Ti fa sentire al sicuro sotto molti aspetti, e questo è un male, perché significa che sei accettato, e una volta che succede, è lì che rimani. Devi stare attento. Vorrei una vita come quella di Katharine Hepburn in termini di lavoro. È maturata. Ha fatto dei cambiamenti”.
Per questo cercò di far ruoli diversi, come quello, strepitoso di Louise Bryant in “Reds” di Warren Beatty e quello della protagonista in cerca di alcol e sesso di “In cerca di Mister Goodbar” di Richard Brooks. Grande film. Eppure non so se nella sua vita e nella sua carriera, Diane Keaton ha davvero fatto tanti cambiamenti e l’abbiamo vista in maniera tanto diversa da film a film.
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Anche se, già settantenne, era ancora favolosa e assolutamente se stessa, senza un ritocco, senza capelli colorati, con lo stesso sorriso di sempre in “The Young Pope” di Paolo Sorrentino, dove era Sister Mary. Come tante grandi star di Hollywood, temo che si sentisse un po’ schiava del suo grande successo nella New Hollywood nel cinema di Woody Allen degli anni ’70.
Anche se, è vero, seppe sempre come uscirne, come giocare sulla commedia, come far coppia sia con i grandi attori di Hollywood, Elliott Gould, Mel Gibson, Steve Martin, fino a Jack Nicholson (“Something’s Gotta Give”), sia con le attrici della sua generazione e anche delle successive, da Bette Midler a Meg Ryan.
Certo che, a leggere la lettera di Al Pacino, col quale sembra che abbia avuto una storia d’amore lunga vent’anni, a pensarla negli otto film di Woody Allen, nei film di Warren Beatty, col quale ebbe un’altra storia complessa, incastrata tra le sue altre, troppe fidanzate, credo che abbia avuto una vita piena e vitale al top della sua carriera professionale. Per questo dichiarava di essere single da 35 anni.
Nata come Annie Hall nei sobborghi di Los Angeles nel 1946, figlia di Jack Hall, un ingegnere civile e Dorothy Keaton, era la maggiore di quattro figli, Randy e due sorelle, Robin e Dorrie Hall. Studia dramma al Santa Ana College a Los Angeles, dove interpreta una serie di commedie studentesche, e si fa luce come Blanche Dubois in “Un tram che si chiama desiderio”.
Si sposta per perfezionarsi a New York, dove studia con Sanford Meisner, alla Neighborhood Playhouse di New York. Nel 1968, a 22 anni, ottiene il ruolo di Sheila nel musical “Hair”. E’ uno dei rari ruoli “vestiti”. La sua carriera, in realtà, è molto rapida, perché già due anni, nel 1970, dopo la troviamo al cinema tra i protagonisti della commedia “Amore e altri estranei” di Cy Howard con Bonnie Bedelia,, Gig Young, Beatrice Arthur. “Ero la moglie che diceva al marito che i suoi capelli puzzavano d’uva”.
Eppure ricordo di averlo visto in sala al tempo e di averla notata subito. Ma soprattutto la notò Francis Coppola, che le offrì il ruolo di Kay Adams, la moglie non mafiosa del Mike Corleone di Al Pacino in “Il Padrino”. A quel dice nei giornali del tempo, era un personaggio difficile, che non si sviluppava bene sullo script. Dovettero farlo uscire sul set. “Non l’ho ancora visto. Ho molta paura di come è venuto” racconta a “The Times” del maggio 1972, “Molti mi dicono che Al Pacino è bravissimo, ma ho paura a rivedermi”.
Ancora non si spiega cosa abbia visto in lei Coppola. “Ho fatto il provino. Ero una delle tante. Non ero neanche bionda. Mi sembrava un ruolo per una ragazza piena di classe, piena di grazia. Io non sono così. Sto sempre male con me stessa”. Fa qualche guest star in tv, “Mannix”, dei talk show pessimi, la pubblicità di un deodorante (“Mi imbarazza solo a pensarci. Ma ha fatto molto per me”).
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Ma, fortunatamente, siamo nel 1969, ottiene il ruolo da protagonista a teatro, con Woody Allen, della sua commedia “Provaci ancora, Sam”, diretta a Broadway da Joseph Hardy, che venne portata al cinema da Herbert Ross nel 1972. Il ruolo è quello della bella moglie dell’amico, Tony Roberts. “Sembrava una piccola talpa la prima volta che l’ho visto”, racconta la Keaton sull’Herald Sun del 1969, parlando del primo incontro con Woody Allen, “indossava un paio di vecchie scarpe da tennis”, che una volta portava solo un miliardario stravagante come Howard Hughes.
“Sembrava che avesse paura di me. Forse perché ero troppo più alta di lui. Non so quanto sia basso. Ma certo non si preoccupa dei soldi. Ha tutto quello che gli serve. Non si vede mai vestito. Indossa sempre le stesse scarpe, pantaloni e golfino. Credo che abbia scritto la commedia pensando di non cambiare mai il suo outfit”.
Allen e la sua co-star, Tony Roberts, la aiutano sul set, e la commedia ha un grande successo. Si lega a Woody Allen nella sua grande stagione cinematografica degli anni ’70, recitando, oltre che in “Provaci ancora, Sam”, diretto da Herbert Ross, in “Il dormiglione”(“Sleeper”), “Amore e guerra”, “Io e Annie (1977), che gli farà vincere l’Oscar. E poi in “Interiors” (1978), “Manhattan” (1979), “Radio Days (1987) fino a “Misterioso omicidio a Manhattan” (1993).
Divisa tra il cinema di Woody Allen, col quale ha una storia ufficiale di una decina d’anni, e la saga de “Il Padrino”, Diane Keaton diventa immediatamente una star in tutto il mondo. Ha poche possibilità di muoversi in film diversi.
Ma la ricordiamo in film oggi un bel po’ dimenticati, come la commedia “Sì, sì… per ora” del vecchio maestro Norman Panama in coppia con Elliott Gould o in “Harry and Walter Go To New York” di Mark Rydell con Elliott Gould, James Caan e Michael Caine. L’incontro con Warren Beatty, per il quale lascerà, almeno nella vita, Woody Allen, si materializza con il ruolo di Louise Bryant in “Reds”, dove incontra anche Jack Nicholson.
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Fa un passo in avanti nel 1977 con “In cerca di mister Goodbar” di Richard Brooks. E prova altre strade, lontana da Woody Allen. La ricordiamo in “Spara alla luna” di Alan Parker con Albert Finney, “La tamburina” di George Roy Hill, dal romanzo di John Le Carré, con Yorgo Voyagis e Klaus Kinski, sul conflitto tra Israele e la Palestina, “Fuga d’inverno” di Gillian Armstrong con Mel Gibson, “Crimini d’amore” di Bruce Beresford.
Con “Baby Boom” di Nancy Meyers, finalmente un film diretto da una donna, punta alla commedia, specializzandosi in un genere che non abbandonerà più.
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La Keaton ha un contratto con L Oreal da otto anni
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