GALAN BALLA IL PUCA PUCA - IL GIORNALISTA DI “PANORAMA” NOMINATO (QUASI) A SUA INSAPUTA DA GALAN SI DIFENDE: “HO CONOSCIUTO IL MINISTRO PER UN’INTERVISTA, DEVO AVERGLI FATTO UNA BUONA IMPRESSIONE” - OGGI IN COMMISSIONE SI È PRESENTATO DIMISSIONARIO ED È PASSATA LA PROPOSTA DEL DG BORRELLI DI SOSPENDERE LE NOMINE, FINO A CHE IL NUOVO MINISTRO DEL VATICANO ORNAGHI NON SI INSEDIA…

Michele Anselmi per "il Secolo XIX"

Carlo Puca, napoletano di Sant'Antimo, 41 anni, brillante giornalista politico di "Panorama" e prima del "Riformista" nonché autore di un istruttivo libro-inchiesta intitolato "Tengo famiglia. L'Italia dei parenti", non pensava di finire sulla graticola per aver detto un sì all'ormai ex ministro Giancarlo Galan.

Sul "Secolo XIX" di ieri la bizzarra vicenda delle quattro commissioni-cinema plasmate dal titolare ai Beni culturali, con soverchia attenzione ad amici e amiche del centrodestra, non troppi giorni prima di andarsene. Quasi una succursale della trasmissione tv "Cinematografo": infatti Gigi Marzullo, insieme a tre dei suoi collaboratori più stretti, è finito nel mazzo, alla voce promozione.

Nel medesimo consesso, che gestisce circa 6 milioni di mezzo all'anno tra festival e rassegne, figura anche Puca. Il quale, sbollita la rabbia, accetta di dire la sua in vista della riunione plenaria di tutti i commissari, 18 per l'esattezza, fissata per stamattina a mezzogiorno, presso la Direzione cinema del ministero.

Non sarebbe un bel gesto dimettersi tutti, visto che sta per insediarsi un nuovo ministro ai Beni culturali?
«Io parlo per me. Parteciperò alla prima riunione delle commissioni, che è soltanto consultiva. Insomma serve per conoscersi. Ma ho già comunicato al direttore generale, Nicola Borrelli, che non appena verrà nominato il nuovo ministro chiederò la sua fiducia. Qualora venisse a mancare, lascerei immediatamente la commissione per la promozione».

Dopo, quindi. Non prima, in modo da sgomberare il campo da equivoci e malizie sulla composizione - come dire? - disinvolta delle commissioni.
«Da meridionale ho accettato l'incarico, a titolo pressoché gratuito, per tentare di bilanciare l'assegnazione dei fondi, dal mio punto di vista troppo rivolti verso produzioni ed eventi del centro-nord. Ora, è chiaro che come in tutte le cose professionali, alcuni miei colleghi commissari saranno formidabili, altri scarsi».

Magari colpisce che a valutare i copioni da finanziare con soldi pubblici, cioè i film di interesse culturale nazionale, siano chiamate Valeria Licastro Scardino e Antonia Postorivo. Dubbie esperienze in campo cinematografico ma entrambi mogli di due esponenti del Pdl, il commissario Agcom Antonio Martusciello e il senatore Antonio D'Alì Solina...
«Che le devo dire? Al mondo bisogna saper stare con tutti, a patto di non cedere alle proprie convinzioni. Con tutti i distinguo del caso, anche Mario Monti deve saper trattare con Scilipoti come con Napolitano».

Vabbè. Ci vuol dire come arrivò la proposta di Galan?
«Nessun segreto. Qualche tempo fa andai a intervistarlo per "Panorama", dopo una serie di inchieste su Pompei. Non lo conoscevo. Finita l'intervista, ci siamo messi a parlare d'altro, cordialmente. Qualche giorno dopo mi chiamò al telefono per propormi di far parte di una delle quattro commissioni per il cinema. Appunto quella sulla promozione».

Sorpreso neanche un po'?
«Disse che doveva riformularle, ripensarle. "Vorrei che ci fossi tu" le sue parole. Evidentemente gli avevo fatto una buona impressione. Mi spiegò anche che mi voleva al posto di Gianluigi Paragone, considerato da lui un leghista, pure traditore. Risposi: "Ministro mi ci faccia pensare un po'". M'ero quasi dimenticato della cosa. Poi il 9 novembre scorso è arrivata per mail la comunicazione ufficiale, col decreto firmato dal ministro».

Curiosa procedura...
«Mica tanto. Nel vostro articolo sostenete che "non si capisce" il perché della mia presenza in commissione. In realtà, come vi confermerà Laura Delli Colli, pure lei in una commissione, sono membro del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici. Per un anno ho anche lavorato a "Cinemagazine", la rivista del Sngci. Per storia familiare, mi occupo culturalmente di cinema parallelamente alla politica. Insomma, qualche competenza, seppur contestabile, ce l'avrei».

Dice lei «contestabile».
«Era una cosa che in teoria mi piaceva fare per difendere il sud e dare qualche spicciolo a festival meritevoli. Ho 41 anni, sono nel pieno delle mie forze. Perché no? Mi sono anche confrontato con amici di sinistra, per capire come regolarmi. Tutti hanno detto: "Accetta, è una roba tecnica". Ma sento già troppo stress. I giornali mi chiamano, i critici protestano, i 100 Autori si dicono "esterrefatti". Meglio lasciare, no?».

 

 

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